Ivano Fabbri – Abrasioni di luce II
Nelle opere di Fabbri non esistono ombre, ma soltanto crescenti e mutevoli gradazioni della potenza luminosa, fino all’esperienza dell’abbaglio, in cui la forma stessa svanisce in energia pura, sulla soglia dell’invisibile.
Comunicato stampa
“Abrasioni di luce II” è il titolo della personale di IVANO FABBRI alla PoliArt Contemporary di Rovereto. A un anno e mezzo dalla prima esposizione negli spazi della PoliArt, in venticinque nuove opere di acciaio abraso e sagomato, spesso assemblate su più livelli, l’artista crea vere e proprie macchine di luce.
Nelle opere di Fabbri non esistono ombre, ma soltanto crescenti e mutevoli gradazioni della potenza luminosa, fino all’esperienza dell’abbaglio, in cui la forma stessa svanisce in energia pura, sulla soglia dell’invisibile.
È proprio intorno al limite (o paradosso) dell’invisibilità che l’artista bolognese costruisce le sue armature di luce, i cui tagli d’acciaio, affilati e precisi come lame, sono cesure e iperbati di metallici versi, riflessi profondi nel ritmo incessante degli sguardi.
È nelle sequenze modulari delle abrasioni e nei salti di livello, che si producono improvvisi brillamenti e movimenti percettivi, secondo i molteplici angoli d’incidenza della luce, che trasformano la fruizione in partecipazione. L’artista, infatti, talvolta sovrappone e distanzia le superfici, talvolta sottopone l’acciaio a vere proprie torsioni, moltiplicando i piani di riflessione con una sapienza compositiva non inferiore ad alcune tra le massime esperienze dell’arte cinetica e programmata, da Nicolas Schöffer ad Alberto Biasi.
Se poi le Superfici a testura vibratile di Getulio Alviani rappresentano l’ineludibile premessa alle ricerche di Fabbri, è indubbio che tra i limiti delle opere del maestro friulano, già dagli anni Sessanta, ci fosse una carenza di articolazione linguistica e approfondimento delle sue straordinarie intuizioni.
Talvolta l’abbaglio sorge dal profondo ed è proprio su questa pista che si muove l’emergente artista bolognese. Supportato da una solidissima abilità tecnica nell’uso delle macchine utensili, Fabbri costruisce i suoi dispositivi estetici, nei quali sperimenta le declinazioni della luce che si fa forma, e della forma che diviene esperienza luminosa.
Ivano Fabbri (1956) inizia a esporre negli anni Ottanta con opere informali, sia in gallerie private sia partecipando a numerosi concorsi internazionali. La sua forte attitudine sperimentale gli fa presto abbandonare la pittura, lavorando con catrame e resine su tela. Più tardi, i suoi interessi per il design lo portano a misurarsi con le superfici metalliche, che gli daranno la possibilità di approfondire le sue ricerche sulla luce, origine di ogni esperienza visibile.