Ivo Saglietti – I demoni

Informazioni Evento

Luogo
GALLERIA SAN FEDELE
Via Ulrico Hoepli 3A-B, Milano, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

16.00 – 19.00
apertura dal martedì al sabato
chiuso i festivi

Vernissage
15/03/2012

ore 18

Artisti
Ivo Saglietti
Curatori
Andrea dall’Asta S.I., Manuela Gandini
Generi
fotografia, personale

Con intesa umanità, Saglietti accoglie nella sua pellicola la sofferenza del mondo dandogli asilo. E coglie la sospensione degli anni che una collettività buona sta trascorrendo nella certosina ricostruzione dei corpi al fine di restituire un nome a ciascuna vittima.

Comunicato stampa

Scientificamente, l’11 luglio 1995, le truppe del generale Ratko Mladic’ e i paramilitari di Arkan, sotto gli occhi inermi e complici del contingente olandese di pace, deportano e uccidono l’intera popolazione maschile dell’enclave musulmana di Srebrenica. Ottomila, tra uomini, ragazzi e bambini, vengono eliminati e buttati in una settantina di fosse comuni. La città rimane abitata solo da orfane e vedove dal foulard stretto attorno al capo. Negli anni dell’assedio bosniaco, Ivo Saglietti (Tolone 1948) documenta la guerra in presa diretta. Fotoreporter di agenzie francesi e americane, gira con gli stivali sporchi del fango dei luoghi più feroci e vulnerabili del pianeta: Salvador, Nicaragua, Cuba Libano, Haiti, Uganda, Uzbekistan, Palestina. Come in una missione è testimone della storia. “Se ci sono i fotografi una guerra diventa ‘reale’” scriveva Susan Sontag. Nella mostra, intitolata Demoni, che trabocca del dolore e dell’orrore del conflitto balcanico, sono impressi i resti e gli effetti del genocidio. Migliaia di bare tutte uguali in un grande capannone, contrassegnate solo da un numero, sono in attesa di sepoltura dopo sedici anni di ricerche. Dal 1996, l’International Commission of Missing Persons, (ICMP), organismo composto da patologi, genetisti, tecnici, medici legali di tutto il mondo, analizza e ricompone le ossa di chi ha perso, oltre alla vita, la propria identità. In una delle foto di Saglietti una luce illumina due donne chinate sulla bara di chi hanno amato. La desolazione asettica del luogo, nella alienante ripetitività della morte, crea un dolore ancora più acuto. Con intesa umanità, Saglietti accoglie nella sua pellicola la sofferenza del mondo dandogli asilo. E coglie la sospensione degli anni che una collettività buona sta trascorrendo nella certosina ricostruzione dei corpi al fine di restituire un nome a ciascuna vittima. Vincitore per la terza volta del World Press Photo, con gli scatti di Srebrenica, Saglietti dichiara: “Dare un nome alle vittime significa anche poterlo dare ai criminali”.
Srebrenica, Manuela Gandini