Jackson Pollock – La Figura della furia
Per la prima volta Firenze rende omaggio a Jackson Pollock (1912 -1956), uno dei grandi protagonisti dell’arte mondiale del XX secolo, colui che ha scardinato le regole dell’arte figurativa occidentale dissolvendo gli ultimi baluardi della prospettiva rinascimentale, e lo fa accostando idealmente l’opera dell’artefice americano a quella di un altro titano dell’arte universale, Michelangelo Buonarroti (1475-1564) di cui proprio quest’anno si celebra il 450° anniversario della morte.
Comunicato stampa
Per la prima volta Firenze rende omaggio a Jackson Pollock (1912 -1956), uno dei grandi protagonisti dell’arte mondiale del XX secolo, colui che ha scardinato le regole dell’arte figurativa occidentale dissolvendo gli ultimi baluardi della prospettiva rinascimentale, e lo fa accostando idealmente l’opera dell’artefice americano a quella di un altro titano dell’arte universale, Michelangelo Buonarroti (1475-1564) di cui proprio quest’anno si celebra il 450° anniversario della morte. La mostra, promossa dal Comune di Firenze con il patrocinio del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e la collaborazione dell’Opificio delle pietre dure di Firenze, è ideata e curata da Sergio Risaliti e Francesca Campana Comparini.
Il luogo prescelto per esporre ben sedici opere di Pollock è Palazzo Vecchio simbolo, e a tutt’oggi sede, del potere politico di Firenze, in particolare della città comunale e rinascimentale che fece dell’arte un elemento di forza della propria civiltà e del proprio prestigio nel mondo. E proprio in Palazzo Vecchio si conserva nel Salone dei Cinquecento Il Genio della Vittoria, una delle opere più celebri del Buonarroti, emblema di quelle tensioni contrapposte che caratterizzano la scultura michelangiolesca e che per vie sotterranee tornano a proporsi con assoluta enfasi nelle rivoluzionarie pitture di Pollock.
Il titolo della mostra, infatti, La figura della furia, vuole essere un riferimento allo stesso Pollock, alla sua figura nell’atto di dipingere le tele girandogli intorno, pervaso da impeto passionale e da un furore dinamico come in un rituale sciamanico. Al tempo stesso quel titolo allude all’espressione “La furia della figura” citata nel ‘500 dal teorico e pittore Giovanni Paolo Lomazzo (1584) quando volle descrivere “la maggior grazia e leggiadria che possa avere una figura” pittorica o scultorea, che potesse essere realizzata dagli artisti del suo tempo”. Ed evidenziò che ciò che dava queste qualità è che la figura mostri di muoversi in un moto simile alla fiamma “… la quale è più atta al moto di tutte, perché ha il cono e la punta acuta con la quale par che voglia rompere l’aria ed ascender alla sua sfera”. Quel movimento spiraliforme, quella dinamica bellezza, fatta di parti non-finite e di forze contrapposte che Michelangelo conferiva alle sue figure con una lavorazione fisicamente travolgente e di cui il Genio della Vittoria è uno dei maggiori paradigmi. In questo senso è proprio la “furia” della figura creata da Michelangelo che si traspone in Pollock nell’atto di creare quel nuovo tessuto di segni che, se disgrega il mondo figurativo tradizionale, assegna una nuova immagine a quella intima potenza e a quella furia nella pittura.
Oltre ai sei cruciali disegni - eccezionalmente prestati dal Metropolitan Museum di New York e per la prima volta esposti in Italia - sono presenti alcuni dipinti e incisioni di Pollock concessi da musei internazionali e collezioni private: opere ancora giovanili degli anni Trenta, Panel with Four designs
(1934 -1938, The Pollock Krasner Foundation, New York – per gentile concessione della Washburn Gallery, New York) e Square composition with horse (1937 – 1938, Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma), dipinti degli anni Quaranta The water Bull (1946, Stedelijk Museum, Amsterdam) e Earth Worms (1946, Museum of Art di Tel Aviv) dove il suo stile più personale, nell’ambito dell’espressionismo astratto, si va definendo.
Prestigiosi poi gli altri prestiti dalla Pollock Krasner Foundation. Una serie di straordinarie opere grafiche: due del secondo lustro degli anni Quaranta, dove i tratti dello stile di Pollock iniziano a definirsi in modo più maturo nel realizzare figure e segni destrutturanti la stessa composizione che animano - andando talvolta a creare quasi serrate ragnatele di tratti - e dove riferimenti a Michelangelo, in particolare in una delle incisioni con grovigli di segni di figure, sembrano ricondurre a quello di corpi della Battaglia dei centauri del Buonarroti; altrettanto significative le altre due opere grafiche degli anni Cinquanta, in cui, a seguire i più celebri drip painting, torna a farsi urgente la necessità di confronto tra l’azione espressiva e la comunicazione figurativa di volti e anatomie, simili a maschere o sculture frammentate, non più coperte dal diluvio di segni e sgocciolature.
Infine, di notevole fascino, il dipinto Composition with Black Pouring di collezione Olnick-Spanu che Jackson Pollock teneva nel proprio studio con particolare affezione. Opera poi appartenuta a Hans Namut, il fotografo che con i suoi reportage del 1949 fece conoscere a tutti il modo di lavorare di Pollock.
L’idea di tale esposizione è nata studiando una serie di disegni dell’artista americano conservati al Metropolitan Museum di New York, già pubblicati nel 1997 da Katharine Baetjer in occasione di un’esposizione temporanea organizzata dal grande museo americano e dedicata a dei quaderni da lavoro di Pollock e alla sua relazione con gli ‘ antichi maestri’. In questi preziosi taccuini da disegno – Sketchbooks I, II – Pollock risulta fortemente impressionato dalle immagini della volta della Cappella Sistina e del Giudizio universale. Si riconoscono infatti almeno tre ignudi, oltre al profeta Giona, all’Adamo che riceve lo spirito della vita, ad alcune figure dal Giudizio. Pollock aveva avuto occasione di conoscere alcuni capolavori del Rinascimento italiano durante il suo apprendistato presso Thomas Hart Benton, uno dei grandi protagonisti della pittura americana della prima metà del ‘900. Benton era infatti un grande ammiratore di Michelangelo, come di Tintoretto ed El Greco, oltre che di Rubens, pittori che sottoponeva allo studio dei suoi allievi affinché apprendessero la resa delle forme del corpo umano, sottolineandone in particolare l’attenzione per i volumi, per il pieno e il vuoto, per la contrapposizione espressiva di forze interiori ed esteriori alla struttura fisica del corpo umano
Pollock andò però oltre l’esercizio della copia accademica di capolavori dell’arte rinascimentale e nella fattispecie di Michelangelo. I disegni in mostra manifestano, infatti, il coinvolgimento da lui riposto nello studio delle anatomie e delle muscolature, così da esprimere sentimenti di dolcezza e di grazia, ma anche di tensione e potenza, suggerite dalle rientranze e dalle sporgenze delle belle forme del corpo umano, misurandosi in questo senso proprio con la rappresentazione dinamica ed espressiva delle anatomie, del pieno e del vuoto, delle zone di rilassamento e di massima tensione dei muscoli e della carne. E’ qui che possiamo cogliere le basi delle composizioni astratte di Pollock, qui l’artista è alla ricerca di quel suo linguaggio che lo porterà oltre la tradizione figurativa europea. Tradizione che tuttavia rimase imprescindibile anche dopo il suo deliberato abbandono come ebbe a testimoniare Lee Krasner, artista e compagna di Pollock: “Molti quadri, tra i più astratti, cominciavano con un’iconografia più o meno riconoscibile – teste, parti del corpo, creature fantastiche. Una volta chiesi a Jackson perché non smettesse di dipingere i suoi quadri non appena una data immagine vi aveva preso forma. Mi rispose: Quello che voglio coprire sono le figure”.
Ed ecco manifestarsi nell’atto e nell’esito creativo il punto di similitudine fra i due grandi artisti a distanza di quattrocento anni. L’anelito alla creazione, l’impulso irrefrenabile dell’atto creativo che assume una valenza mistica nella ricerca mai paga della bellezza come assoluto e dell’infinito come limite e scopo dell’azione artistica. Come manifestazione di Dio per Michelangelo, per il quale la perfezione desiderata, vagheggiata, resta comunque meta irraggiungibile dovendosi confrontare con una dimensione soggettiva dell’ispirazione. Pollock, facendo il percorso contrario, ha comunque cercato di raggiungere il suo assoluto, la sua aspirata idea di armoniosa totalità, lasciando al proprio inconscio il compito esagerato di generare qualcosa di perfetto e d’infinito: Pollock, infatti, parte dalla percezione di un’immagine, ma arriva a disgregarla completamente, consegnandola così alle sue infinite possibilità di evoluzione, lettura e interpretazione.
In altre parole, Pollock introdusse un modo totalmente nuovo di dipingere, partendo dalla profonda comprensione della grande personalità artistica di Michelangelo e della sublime tragica dimensione della sua opera. Oltrepassando l’uso del quadro verticale posto sul cavalletto, egli stendeva la tela orizzontalmente sul pavimento per dipingerla su tutti i lati. Con questo procedimento Pollock arrivò a sviluppare la tecnica del dripping, in poche parole facendo sgocciolare il colore sulla superficie direttamente dai tubetti o dai contenitori e senza far uso del pennello. Tecnica definita action painting (pittura d’azione) - propria dell’espressionismo astratto - da Harold Rosemberg nel 1952 per descrivere l’urgenza dell’atto creativo del pittore coinvolto fisicamente e psicologicamente nell’azione del dipingere, talvolta con veemenza, con furore, come in una lotta, in un corpo a corpo con la tela, diventata nell’agone una vera e propria arena L’esito di questa ‘performance’ era rivolta al fatto che l’opera enfatizzasse l’atto generativo della pittura in assenza di un disegno o schematismo preliminare, perché arte e pittura forssero come originata in se stesse e per se stesse, senza mai perdere il controllo dei mezzi, quello della risoluzione durante il susseguirsi dell’action.
La mostra si compone di una seconda sezione nel Complesso di San Firenze e più precisamente nella Sala della musica che offre spazi interattivi, apparati multimediali e didattici, dove, attraverso allestimenti creativi, si propongono proiezioni e filmati sulla vita e l’arte dell’artista. Il progetto, oltre la mostra stessa, ha come obiettivo quello di contribuire ad esperire l'arte con strumenti nuovi ed attuali. Nel caso specifico vivere l'arte e comprendere le opere di Pollock attraverso immagini, suoni e filmati che suscitino una sollecitazione sensoriale capace di coinvolgere l'osservatore immergendolo nei drip painting, riproducendo l'ambiente in cui l'artista operava, tanto da percepire l'odore delle tinte, il senso di apertura illimitata (all over) delle sue azioni pittoriche. Le opere di Pollock possiedono infatti un’energia creativa capace di rapire e coinvolgere totalmente l’osservatore in un momento di profonda esperienza intellettuale e sensoriale.
Le grandi dimensioni delle tele assumono così il senso di rispecchiare il kosmo perfettamente ordinato, nella sua intrinseca forma caotica, capace di avvolgere colui che vi si trova di fronte: gli strumenti multimediali tenteranno di restituire e favorire questa immersione dell’uomo nell’universo infinito quale senso creativo originario dell’arte di Pollock. Oltrepassare una tela di Pollock, come vero e proprio ex-per-ire - etimologicamente un “passare attraverso” - è una delle tante esperienze sensoriali che la multimedialità di San Firenze vuole offrire al pubblico, in modo che l’immedesimazione dell’osservatore sia più fedele al vero.
La mostra è organizzata da Opera Laboratori Fiorentini – Gruppo Civita con la collaborazione di CARIPARMA Crédit Agricole come main sponsor e il sostegno di Prelios, FAI Service e Unipol. La sezione multimediale è realizzata da Art Media Studio di Firenze. Il catalogo è edito da Giunti Arte Mostre e Musei.
For the first time, Florence pays homage to Jackson Pollock (1912 – 1956), one of the great protagonists of world art of the XX century, the artist who broke the rules of Western figurative art, tearing apart the last stronghold of Renaissance perspective. The city will make this tribute by ideally comparing the American artificer’s work with that of another titan of universal art, Michelangelo Buonarroti (1475-1564). This year indeed marks the 450th anniversary of his death. Promoted by the Commune of Florence, under the aegis of the Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo and with the collaboration of the Opificio delle pietre dure, the exhibition has been conceived and curated by Sergio Risaliti and Francesca Campana Comparini.
The site chosen to exhibit sixteen works by Pollock is Palazzo Vecchio, the symbol and to date still the headquarters of political power in Florence, especially during the medieval Commune and the Renaissance, which made art a strength of its culture and prestige in the world. The Salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio indeed holds The Genius of Victory, one of Michelangelo’s most famous works, emblem of the conflicting tensions that characterise his sculpture and that by subterranean means return with absolute emphasis in Pollock’s revolutionary painting.
The title of the exhibition, The Figure of the Fury, indeed intends to refer to Pollock himself, to his figure in the act of painting as he moved around his canvases, pervaded by a passionate strength and a dynamic fury as though engaged in a shamanic ritual. At the same time, this title alludes to the expression, “The fury of the figure”, cited in the XVI century by art theorist and painter Giovanni Paolo Lomazzo (1584) in describing, “the greatest grace and comeliness a figure can have, whether in painting or in sculpture, that an artist of his time could achieve”.
He pointed out that what bestowed these qualities is that the figure prove to move with a motion similar to that of a flame, “… which is more inclined to motion than all things because it has a cone and a sharp tip that seems to want to break through the air and ascend unto it”. This is the same swirly motion and dynamic beauty, made of unfinished parts and opposing forces that Michelangelo gave to his figures through physically overwhelming labour of which The Genius of Victory is one of the greatest paradigms. In this sense, it is precisely the “fury” of the figure created by Michelangelo that is transposed in Pollock in the act of creating that new fabric of signs that breaks up the traditional figurative world, and assigns a new image to the intimate power and fury in painting.
In addition to six crucial drawings – on exceptional loan from the Metropolitan Museum of New York and for the first time exhibited in Italy – international museums and private collections have also loaned several paintings and engravings by Pollock for the show. These include early works from the 1930s, Panel with Four Designs (1934 – 1938, The Pollock Krasner Foundation, New York – by courtesy of the Washburn Gallery, New York) and Square Composition with Horse (1937 – 1938, Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma), paintings from the 1940s, The Water Bull (1946, Stedelijk Museum, Amsterdam) and Earth Worms (1946, Museum of Art of Tel Aviv) in which his more personal style in abstract expressionism was taking shape.
The Pollock Krasner Foundation has also made other prestigious loans. A series of extraordinary graphic works include two from the second part of the 1940s in which the characteristics of Pollock’s style begin to take on a more mature shape. Here his figures and signs destructure the very composition they animate – at times creating almost close-knitted cobwebs of marks – and the references to Michelangelo, particularly in one of the engravings with a morass of figures, seem to hark back to the tangle of bodies of the Battle of the Centaurs by Michelangelo. Also significant are two graphic works from the 1950s in which after his more famous drip paintings, he feels the urgent necessity to juxtapose the expressive act with the figurative communication of faces and anatomies, similar to masks or fragmented sculptures, no longer covered by the flood of signs and drops.
Finally, also showing is the fascinating painting, Composition with Black Pouring from the Olnick-Spanu collection, which Jackson Pollock was particularly fond of and kept in his studio. The work then belonged to Hans Namut, the photographer whose 1949 reportage presented Pollock’s way of working to the world.
The idea for this exhibition was born while studying a series of the American artist’s drawings held at the Metropolitan Museum of New York, which Katharine Baetjer had already published in 1997 on the occasion of a temporary exhibition the great American museum had organised and dedicated to Pollock’s work notebooks and his relationship with the ‘old masters’. In these precious notebooks – Sketchbooks I and II – Pollock was very impressed with the images of the vault of the Sistine Chapel and the Last Judgement. We can indeed make out at least three ignudi in addition to Jonah, Adam receiving the spirit of life, and several figures from the Judgement. Pollock become acquainted with these masterpieces of the Italian Renaissance during his studies under Thomas Hart Benton, one of the great protagonists of American painting in the first half of the XX century. Benton was indeed a great admirer of Michelangelo, as well as Tintoretto, El Greco and Rubens, painters that he made his apprentices study so that they could learn the rendering of the shapes of the human body, emphasising in particular the attention for volumes, the full and the empty, the expressive contrast of forces both inside and outside the physical structure of the human body.
Pollock, however, went beyond the exercise of making academic copies of the masterpieces of Renaissance art, Michelangelo in the case in point. The drawings on show indeed show his involvement in studying anatomies and musculatures in order to express sentiments of sweetness and grace, as well as tension and power, suggested by the recesses and projections of the human body. In so doing, he tackled the dynamic and expressive representation of anatomies, of full and empty, of the areas of relaxation and maximum tension of the muscles and of the flesh. It is here that we can grasp the bases of Pollock’s abstract compositions; here the artist is searching for his language, which will lead him beyond the European figurative tradition. Tradition remained inescapable, in any event, even after his deliberate abandonment, as artist Lee Krasner and Pollock’s companion states: “Many of his most abstract paintings started with a more or less recognisable iconography – heads, parts of bodies, fantasy creatures. I once asked Jackson why he didn’t stop painting his works as soon as a given image had taken shape. He answered: The figures are what I want to cover up”.
The point of similitude between the two great artists manifests itself in the creative act and outcome, four hundred years apart. The yearning to create, the irrepressible impulse of the creative act that assumes a mystical value in the never satisfied search for beauty as the absolute and of the infinite as the limit and purpose of the act of making art. For Michelangelo it was the manifestation of God for which the desired and cherished perfection remains, in any event, an unattainable goal, as it must confront a subjective dimension of inspiration. In travelling this route in the opposite direction, Pollock attempted to attain his absolute, his desired idea of harmonious totality, leaving to his unconscious the exaggerated task of generating something perfect and infinite: Pollock indeed starts out from the perception of an image, but he breaks it up completely, thus giving it up to its infinite possibilities of evolution, reading and interpretation.
In other words, Pollock introduced a totally new way of painting, departing from the profound comprehension of the great artistic personality of Michelangelo and the sublime tragic dimension of his work. Going beyond the upright panel set on an easel, he laid his canvas out on the floor to paint on all sides. With this procedure, Pollock developed the technique of dripping, which consists in dripping paint onto a surface directly from tubes or from containers, without using a brush. In 1952, Harold Rosenberg defined this technique as action painting – proper to abstract expressionism – to describe the urgency of the creative act with the painter physically and psychologically involved in the action of painting, at times with vehemence or fury, like a sort of struggle, a hand-to-hand combat with the canvas, which becomes a battlefield, a veritable arena. The outcome of this ‘performance’ targeted the work emphasising the generative act of painting in the absence of a drawing or preliminary schematism, so that art and painting originated in and of themselves, without ever losing control over the means, that is resolution during the succession of action.
A second section of the exhibition will be hosted in the Complex of San Firenze and, more precisely, in the Sala della Musica (Music Room), which will offer interactive spaces, multimedia and educational apparatus where, through creative installations, screenings on the artist’s life and art will be presented. In addition to the exhibition, the project aims to contribute to carrying out art with new and modern tools. In the case in point, this means experiencing and understanding Pollock’s work through images, sounds and films that arouse a sensory stimulation capable of involving the viewer by immersing him in drip painting, reproducing the setting the artist worked in, to the point that he perceives the smell of the paints, the sense of “all over” inherent to his act of painting. Pollock’s works indeed possess a creative energy capable of captivating and totally involving the viewer in a moment of profound intellectual and sensorial experience.
The large dimensions of the paintings thus assume the sense of reflecting the intrinsic chaotic form of the perfectly ordered cosmos, capable of enveloping the person who stands in front of it: the multimedia instruments will attempt to reinstate and facilitate man’s immersion in the infinite universe as the original creative sense of Pollock’s art. Going beyond a painting by Pollock, veritably “passing through” it, is one of the many sensorial experiences that the multimedia nature of San Firenze intends to offer the public, so that the observer’s identification is truer than life.
The exhibition is organised by Opera Laboratori Fiorentini – Civita Group with the collaboration of CARIPARMA Crédit Agricole as main sponsor and with the support of Prelios, FAI Service and Unipol. The multimedia section is by Art Media Studio, Firenze. The exhibition catalogue is published by Giunti Arte Mostre e Musei.