Jacopo Benci – Il mistero del parco
La mostra di Jacopo Benci curata da Anna D’Elia negli spazi della Ecos Gallery è dedicata a un tema che interessa l’artista da diverso tempo, quello che lo studioso di cinema Sandro Bernardi, scrivendo sul film Blow Up di Michelangelo Antonioni, ha definito il ‘mistero del parco’.
Comunicato stampa
"Il mistero del parco", 2011, fotografia digitale
La mostra di Jacopo Benci curata da Anna D’Elia negli spazi della Ecos Gallery è dedicata a un tema che interessa l’artista da diverso tempo, quello che lo studioso di cinema Sandro Bernardi, scrivendo sul film Blow Up di Michelangelo Antonioni, ha definito il ‘mistero del parco’. «Una specie di confine che a volte si vede e a volte non si vede. [...] Sostanzialmente il parco nasce da quest’esigenza di introdurre un pezzetto, un sembiante di natura dentro un universo controllato; quello che era l’hortus conclusus, il giardino italiano, viene trasformato in un’imitazione della natura. [...] Il parco, in sostanza, non è altro che la natura vista attraverso l’occhio della cultura. Ma in questa zona di confine emerge un elemento inquietante.»
Ecos Gallery, via Giulia 81/A, 00186, Roma; tel. 06.68803886 - 349.8526319, www.ecosgallery.com
Ufficio Stampa: TEOREMA, Flavio Alivernini, 3382984337, [email protected]
Jacopo Benci vive e lavora a Roma. Il suo lavoro artistico comprende fotografia, installazione, video, film, performance; è stato esposto in gallerie e musei e presentato in festival e rassegne video in Italia, Argentina, Ecuador, Francia, Germania, Gran Bretagna, Olanda, Russia, StatiUniti, Thailandia, Ungheria.
Le sue mostre personali più recenti sono: 2011, Débrayages, Centro Luigi Di Sarro, Roma (a cura di Maddalena Rinaldi); 2011, Un itinerario possibile – A possible itinerary 1981-2011, MLAC Museo Laboratorio d’Arte Contemporanea, Università ‘Sapienza’, Roma (a cura di Lucrezia Cippitelli); 2011, Jacopo Benci. Itinerari in video (parte della serie ‘Testi e Testimoni IV’, organizzata dalla Casa della Memoria e della Storia), Sala Santa Rita, Roma; 2010, Sentieri invisibili, Hybrida Contemporanea, Roma, (a cura di Martina Sconci); 2008, L’infraordinario, TraLeVolte, Roma, a cura di Rossella Caruso (nell’ambito del festival FotoGrafia 2008).
ORARI “Il mistero del parco”
- Martedì, Mercoledì, Giovedì 11.00-13.00 16.30-19.30
- Venerdì , Sabato 11.00-13.00 17.00-20.00
- Domenica 11.00-13.00
CALENDARIO MOSTRE
- Vito Maiullari, 5 maggio - 23 maggio
- Ada Costa, 26 maggio - 17 giugno
- Corbascio-De Gennaro-Schiavulli 21 giugno - 15 luglio
Le gallerie sono tradizionalmente passaggi sotterranei – cunicoli, tunnel, trafori – creati scavando pietre e monti: alla ricerca di un legame tra canali e valli, piani, ferrovie, città. Le gallerie, inoltre, sono spazi cittadini che connettono piazze o arterie; e sono sistemi di collegamento di logge, absidi, palazzi, teatri: “scorciatoie” che avvicinano persone, lavori e ambienti, ancora una volta alla ricerca di incontri e relazioni.
Le gallerie connotano siti militari e religiosi; designano ambienti marinari e sportivi; e infine (dall’epoca moderna in poi), le gallerie diventano spazi espositivi impegnati a ospitare pitture e sculture, oggetti d’arte e foto: tutti – sempre e comunque – alla ricerca di un ponte fatto (in questo caso) di sguardi, percezioni, confronti.
Nate per collegare e rendere più fluido un passaggio, queste ultime gallerie sono diventate però col tempo esse stesse arte e idealità. Non un semplice collegamento tra due luoghi (da attraversare il più in fretta possibile); non un corridoio buio e impervio che “finalmente” (alla fine, per l’appunto) porti luce e traguardi; ma esso stesso – il passaggio, l’attraversamento, la connessione – arte, piacere, condivisione: al di là di ogni guadagno di tempo o di assemblaggio.
Questo tipo di galleria è uno spazio fisico, ma è anche (forse soprattutto) un preciso modello mentale. Esistono le gallerie dei ricordi (foto, oggetti, documenti), le gallerie dei personaggi famosi, e quelle dei sapori o delle visioni: e tutte tengono (vogliono tenere) appiccicati sempre, insieme, sensazioni-umori-piaceri: una compenetrazione tra luogo e fruitori (ambiente e pubblico) che non ha paragoni – né nei cinema, nei teatri, negli auditorium – rispetto alla dilatazione personale del tempo di contemplazione: una galleria che permette a qualsiasi visitatore di fermarsi, sospendersi, perdersi.
Stiamo aprendo una nuova galleria – in una realtà ricca e complessa com’è la città Roma –, e siamo consapevoli delle necessità di una collocazione che non risulti posticcia o indifferenziata; e che allo stesso tempo sappia ritagliarsi una sua identità di prospettive e di orizzonti. Nata dalla tensione comune – verso le arti figurative e la visione – di tre professionisti di diversa estrazione (impegnati in campi che spaziano dalla cinematografia alla formazione, dalla legge al management), la nostra Galleria fa di questa pluralità la sua propulsiva specificità.
Prende atto di – e denuncia – un tempo (quello che viviamo) talora vischioso e amorfo; ritiene necessario uno scatto ulteriore di coinvolgimento culturale e intellettuale; e propone uno spazio aperto e libero: capace di ospitare artisti italiani e stranieri; pronto a contaminare la dimensione della figuratività con quella delle altre forme espressive (a partire dalla musica e dalla parola); disponibile a misurarsi con le nuove frontiere (anche tecnologicamente avanzate) delle nuove arti visive; impegnata ad attrezzare i suoi spazi nel modo più funzionale e propositivo. Aperta – soprattutto – nel sollecitare forme artistiche di piacere e desiderio: di (ancorché passeggera, transitoria, estetica) felicità.
Elio Casalino, Corrado Veneziano
Ps: il nome della nostra Galleria – Ecos – è, elementarmente, l’acronimo dei nomi dei tre soci; ma l’eco e gli echi (in questa irregolarità ortografica tra singolare e plurale) sono anche i riverberi, le conseguenze, l’andare e tornare di suoni e voci. A questo (l’abbiamo già detto) vogliamo tendere. Con una piccola, felice coincidenza: giacché nel latino medievale la parola “eco” veniva scritto anche “Icon”, così prossimo alla radice di “immagine” e “disegno”. Echi di icone antiche e, ci auguriamo, modernissime e innovative