Jacopo Mandich – Pseudohorses
La mostra Pseudohorses riflette sul contrasto che si crea tra la memoria umana e la realtà pura in un rapporto che, costantemente, oscilla dalla dimensione legata al ricordo a quella propria dell’immaginazione.
Comunicato stampa
«Ma non ci sbaglieremo dicendo che è una specie invisibile e amorfa, che tutto accoglie e che in qualche modo molto problematico, partecipa dell'intelligibile ed è molto difficile a comprendersi» commenta il curatore Domenica De Chirico che cita una parte del celebre dialogo intitolato Timeo, scritto dal filosofo greco Platone attorno al 360 a.C.
La mostra Pseudohorses riflette sul contrasto che si crea tra la memoria umana e la realtà pura in un rapporto che, costantemente, oscilla dalla dimensione legata al ricordo a quella propria dell'immaginazione. La memoria viene intesa come deformazione della realtà, la quale è destinata a diventare semplicemente una rappresentazione elaborata in chiave del tutto personale, perdendo ogni aderenza all’oggettività delle cose.
Gli Sciacalli e i Peluches, utilizzati da Jacopo Mandich nel percorso espositivo, rappresentano l’elemento animale che viene visibilmente brutalizzato per poter alludere a tutti quei processi mentali e interni, tipici di ogni essere vivente, che intercettando i cosiddetti archetipi, li superano e li riformulano.
Jacopo Mandich, classe 1979, si è laureato in scultura presso l’Accademia di Belle Arti di Roma nel 2005. Nel 2006 vince il premio Edgardo Mannucci. Nel 2015 frequenta i corsi biennali di specializzazione all’Accademia di Belle Arti di Urbino e di Torino. Nel 2015 è stato il primo artista italiano invitato alla Biennale Contemporanea di Ekaterinburg in Russia.