Joachim Schmid – E le fotografie degli altri
La mostra proposta dal Museo di Fotografia Contemporanea e realizzata grazie al sostegno di Deutsche Bank, è composta da fotografie della serie Bilderbuch (Libro di immagini) e comprende 60 immagini anonime e 40 libri nei quali sono presenti fotografie di temi e generi eterogenei, raccolte da Schmid negli anni e organizzate in sequenza.
Comunicato stampa
Nessuna nuova fotografia
finché non saranno utilizzate
fino in fondo quelle già esistenti!
Joachim Schmid, 1989
Per favore, non smettete di fotografare
Joachim Schmid, 2010
a cura di Roberta Valtorta 2 dicembre 2012 – 5 maggio 2013
Joachim Schmid dialoga con Simone Menegoi e Franco Vaccari:
venerdì 30 novembre ore 18.30
Goethe-Institut Mailand, via San Paolo 10, Milano
inaugurazione della mostra:
sabato 1 dicembre 2012 ore 18
Museo di Fotografia Contemporanea
Il Museo di Fotografia Contemporanea prosegue nello studio e nella divulgazione al pubblico delle più significative trasformazioni dei linguaggi della fotografia contemporanea con una mostra dedicata a Joachim Schmid, realizzata con il supporto di Deutsche Bank. Schmid è un artista tedesco che per l’originalità e l’attualità della sua opera e del suo pensiero gode di grande notorietà a livello internazionale, ma che è ancora troppo poco conosciuto in Italia.
La mostra è accompagnata da un volume che raccoglie scritti di studiosi internazionali e da un importante progetto educativo dal titolo Parlami di te, dedicato al dialogo tra generazioni diverse con l'utilizzo delle immagini.
Joachim Schmid (nato a Balingen, Germania, 1955, lavora e vive a Berlino) lavora intensamente con la fotografia dai primi anni Ottanta, ma non è un fotografo in senso stretto. Infatti egli non fotografa e non produce alcuna immagine.
Nel 1989, in occasione del 150mo anniversario dell’invenzione della fotografia, ha provocatoriamente dichiarato: “Nessuna nuova fotografia finché non saranno utilizzate fino in fondo quelle già esistenti!”, una dichiarazione alla quale è rimasto fedele fino a oggi.
La posizione di Schmid nasce dalla consapevolezza che la “civiltà dell’immagine” vede una continua e sempre crescente produzione di fotografie, in un vero e proprio processo di proliferazione, fino all’assuefazione e alla saturazione, talvolta al non-senso.
Schmid decide dunque di sospendere la produzione e “si limita” a cercare, raccogliere, riutilizzare fotografie già esistenti e scattate da altri, ma anche figurine, inviti di mostre, manifesti, cartoline, immagini stampate su libri, giornali, dépliant, trovate nei mercatini, negli archivi, o prelevate da siti internet e social network. Le toglie dunque dal grande flusso della comunicazione contemporanea, le archivia, se ne appropria, le associa tra loro, talvolta le manipola, in cerca di nuovi possibili significati. Egli è dunque non un fotografo, ma un collezionista, un entusiasta del riciclaggio, un catalogatore.
E’ molto probabile che negli anni Joachim Schmid abbia visto ma soprattutto utilizzato più immagini di ogni altro uomo al mondo. Nel suo continuo lavoro di ricerca egli ha indagato tutte le pratiche fotografiche diffuse a livello di massa e tutti i diversi linguaggi della fotografia.
Fondatore nei primi anni Ottanta della rivista “Fotokritik”, nel 2009 ha creato la ABC Artists’ Book Cooperative, all’interno della quale si dedica, insieme ad altri artisti, al self-publishing utilizzando le tecnologie del print-on-demand. Sia come artista che come organizzatore culturale ha contribuito anche in senso teorico al dibattito sulla fotografia, sviluppando una forte riflessione che ha radici in due questioni fondamentali dell’arte contemporanea: da un lato l’idea di ready made, proposta da Marcel Duchamp, che ha cambiato i destini dell’arte del Novecento e oltre, dall’altro quella della “morte dell’autore”, così come Roland Barthes l’ha per primo formulata.
La vasta opera di Joachim Schmid rappresenta oggi un’idea postmoderna profondamente presente nell’arte contemporanea: quella di riappropriazione e di ridestinazione dei prodotti della cultura degli uomini a significati sempre nuovi e diversi.
Il suo nuovo ironico motto oggi è: “Per favore non smettete di fotografare”.
Tra i suoi innumerevoli lavori più importanti Bilder von der Strasse (1982-oggi), Archiv (1986-1999), Photogenic Drafts (1991), Belo Horizonte (1992-1993), Statics (1995-2003), Arcana (1996-2008), Photographic Garbage Survey Project (1996-1997), Decisive Portraits (1998), The Face in the Desert (1999), Meetings (2003-2007), Untitled Portraits (2007), e i recenti Other People’s Photographs (2008-2011) e Bilderbuch (2010-2012).
La mostra proposta dal Museo di Fotografia Contemporanea e realizzata grazie al sostegno di Deutsche Bank, è composta da fotografie della serie Bilderbuch (Libro di immagini) e comprende 60 immagini anonime e 40 libri nei quali sono presenti fotografie di temi e generi eterogenei, raccolte da Schmid negli anni e organizzate in sequenza. Sia in mostra che nei libri il pubblico si trova davanti a decine e decine di immagini trovate, rimosse dal loro contesto originale e presentate senza alcun commento, estranee tra loro, l’una accanto all’altra.
Il libro, che ha lo stesso titolo della mostra, Joachim Schmid. Le fotografie degli altri, comprende un “saggio visivo” di Joachim Schmid e scritti di studiosi internazionali, Mark Durden, Joan Fontcuberta, Simone Menegoi, Franco Vaccari, Roberta Valtorta, John Weber, è edito da Johan & Levi e sostenuto dall’Associazione Amici del Museo di Fotografia Contemporanea.
Il progetto educativo dal titolo Parlami di te, è realizzato a cura della Biblioteca e del Servizio Educativo del Museo di Fotografia Contemporanea in collaborazione con il Centro Culturale Il Pertini di Cinisello Balsamo, e sostenuto da Fondazione Cariplo (bando "Avvicinare nuovi pubblici alla cultura"). Attraverso incontri, workshop, dibattiti, lavoro di gruppo, un elevato numero di cittadini appartenenti a generazioni diverse raccolgono fotografie familiari, figurine, stampati, documenti visivi e scritti, immagini da internet, per produrre insieme una serie di libri.
La mostra viene presentata al pubblico da una conversazione tra Joachim Schmid e due teorici della fotografia: il critico e curatore Simone Menegoi e il fotografo Franco Vaccari. Durante la serata saranno affrontati i temi principali dell'indagine di Schmid in relazione alle nuove tensioni che attraversano la società e l'arte contemporanea.