Joel Meyerowitz – Sightseeing

Informazioni Evento

Luogo
GALLERIA SAN FEDELE
Via Ulrico Hoepli 3A-B, Milano, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

16.00/19.00 dal martedì al sabato e al mattino su richiesta

Vernissage
28/10/2013

ore 18,30

Artisti
Joel Meyerowitz
Generi
fotografia, personale

Joel Meyerowitz ha scoperto la fotografia come destino a New York nell’incontro con Robert Frank. Nelle vie della metropoli, emblema del nuovo mondo costruito dall’uomo, Meyerowitz ha voluto essere un testimone della commedia umana nei gesti degli affetti quotidiani.

Comunicato stampa

Joel Meyerowitz ha scoperto la fotografia come destino a New York nell’incontro con Robert Frank. Nelle vie della metropoli, emblema del nuovo mondo costruito dall’uomo, Meyerowitz ha voluto essere un testimone della commedia umana nei gesti degli affetti quotidiani. Da subito, accanto al bianco e nero, in cui speranza e disperazione s’intrecciano, ha utilizzato la forma del colore come rivelazione della forma dei sentimenti. Così, quando nel 1978 decide di passare alla rappresentazione del mondo in grande formato, la commedia dell’uomo si trasforma nello stupore di fronte alla meraviglia del colore, che nell’ora del tempo si rivela come respiro di una vita senza fine: luce che ti chiama per nome. Nello studio di Cézanne, Meyerowitz scopre che le pareti della stanza in cui il pittore dipingeva erano grigie e che solo in quell’assenza della luce il colore si poteva rivelare come forma che genera l’esistenza di ogni cosa nel mondo. Le nature morte di Meyerowitz, realizzate nello studio di Cézanne, rivelano così che le immagini di questo grande fotografo americano si pongono come paesaggi interni e interiori dello spirito umano. Nel Cielo sopra Berlino di Wim Wenders, il sole tra le nubi si trasfigura nell’occhio dell’angelo che ascolta il cuore degli uomini, cercando di volgere al bene i loro pensieri e le loro decisioni, consolando le loro sofferenze e il loro transito attraverso la morte. Immune dal dramma del corpo, per Wim Wenders la visione dell’angelo è in bianco e nero, fino a quando il desiderio di comprendere fino in fondo l’avventura dell’umanità lo spinge ad assumere la finitezza della morte nella carne e nel sangue. Il colore a quel punto del film diventa la forma della vita nel mondo e l’angelo, diventato uomo per amore della donna nel compimento del proprio destino, si pone come figura della misericordia divina che per redimere il mondo ne assume la materia del corpo.
Giovanni Chiaramonte