Johan & Levi – Archivi impossibili
Johan & Levi annuncia l’incontro ispirato al volume
Archivi impossibili. Un’ossessione dell’arte contemporanea di Cristina Baldacci
Comunicato stampa
L’archivio è diventato un elemento fondamentale del mondo artistico contemporaneo, dove “collezionare” e “archiviare” sono gesti cruciali e il fare arte si esprime sempre più spesso come appropriazione, postproduzione, montaggio e remix. Partendo dall’analisi delle forme in cui l’archivio può declinarsi – atlante-mappa, album-diario, museo-Wunderkammer, schedario-database – il volume di Cristina Baldacci ne ricompone il ricco mosaico dei ruoli e dei significati e la sua rilevanza come nuovo genere dell’arte.
Ben prima che la diffusione dei social network e dei mezzi di registrazione ci rendesse tutti potenziali archivisti, gli artisti contemporanei hanno ripensato le forme di catalogazione usando linguaggi e media a loro disposizione, spesso ispirandosi a compendi visivi e “musei portatili” di illustri antecedenti novecenteschi, come il Bilderatlas di Warburg e il museo immaginario di Malraux. Dall’atlante di Gerhard Richter, una collezione di migliaia di immagini utilizzate come fonti iconografiche per la pittura, all’album di Hanne Darboven, una monumentale cosmologia che condensa storia personale e memoria collettiva, al museo di Marcel Broodthaers, un sagace strumento di critica istituzionale, allo schedario di Hans Haacke, un mezzo di indagine e di impegno sociopolitico, il furore archivistico si è ormai impossessato della pratica artistica.
Che dietro ogni slancio tassonomico ci sia desiderio di ordine, ricerca identitaria, insofferenza verso la tradizionale organizzazione della conoscenza e del potere o un mero horror vacui che spinge i disposofobici a realizzare dei veri santuari della banalità, alla base c’è sempre il bisogno di restituire una logica più profonda a relitti e tracce: prelevati, assemblati e reimmessi in un nuovo contesto, si caricano di un valore inatteso. Ecco allora che l’archivio non è più solo un cumulo inerte di documenti da cui scaturisce quel turbamento che Derrida associa al processo mnestico, ma diventa, in senso foucaultiano, un dispositivo critico capace di rigenerare le consuete logiche di salvaguardia, utilizzo e diffusione del sapere, di riattivare la memoria e la coscienza politica. In quest’ottica, l’artista diventa attore primario del cambiamento sociale e culturale.
Cristina Baldacci ripercorre in questo volume la lunga e articolata storia dell’interesse per la pratica archivistica ricomponendo il ricco mosaico dei ruoli e dei significati che l’archivio ha assunto nel corso del tempo e la sua rilevanza come opera d’arte, quindi come sistema classificatorio atipico e, per certi versi, impossibile.
L'incontro si svolge in occasione di "Relazione di appartenenza", mostra conclusiva del progetto che ha coinvolto, per un periodo di sei mesi, giovani artisti italiani all’interno di due luoghi fondamentali per la storia del design: l’Archivio Giovanni Sacchi e la sua Bottega. Gli artisti coinvolti sono stati invitati a frequentare e a vivere la Bottega e l’Archivio Sacchi entrando in dialogo con modelli, manifesti, progetti, disegni, fotografie e qualsiasi altro documento qui conservato.
In occasione della presentazione sarà possibile visitare la mostra e l'archivio con i curatori
Cristina Baldacci (Milano, 1977) è storica e critica dell’arte contemporanea. Dopo il dottorato e due anni di ricerca all’Università IUAV di Venezia, è ora fellow all’ICI Berlin Institute for Cultural Inquiry. I suoi interessi riguardano soprattutto l’archivio e l’atlante come forme di conoscenza visiva, le strategie del montaggio, la scultura contemporanea, le relazioni tra arte, immagini e nuovi media. All’attività accademica affianca la collaborazione a riviste d’arte e la curatela di mostre.
Marco Scotti è Dottore di ricerca in Storia dell’Arte presso l’Università degli Studi di Parma, curatore e storico dell’arte contemporanea. Si occupa inoltre di progettazione e comunicazione di eventi culturali.
Le sue principali linee di ricerca riguardano temi della storia dell’arte, del design e dell’architettura del XX secolo: in particolare le ricerche recenti si sono concentrate sull’immagine pubblicitaria, così come sul progetto videoludico. Insegna inoltre Sceneggiatura per il videogioco presso l'Accademia Santa Giulia di Brescia, e ha recentemente lavorato come curatore al progetto personal effectsonsale, personal foodonsale, alla XXXII edizione della Biennale Roncaglia e al 48. Premio Suzzara. Ha ideato, con Elisabetta Modena, il museo digitale MoRE www.moremuseum.org dedicato a progetti di arte contemporanea mai realizzati. Collabora attualmente con le riviste “Zero” e “Boîte" ed è caporedattore della rivista scientifica “Ricerche di S/Confine”.
Davide Spagnoletto è architetto, membro di Pierre Dupont, progetto dall’identità adattabile che persegue la strada dell’accessibilità e della partecipazione, secondo una pratica curatoriale inclusiva. È interessato alla sperimentazione di nuovi spazi e formati espositivi, proponendo occasioni di avvicinamento tra ricerca artistica e pubblico.
Intervengono Cristina Baldacci e Marco Scotti
Introduzione di Davide Spagnoletto