John Mirabel – Crying how bright
Mostra “Crying how bright ” dell’artista franco-americano John Mirabel.
Comunicato stampa
In principio era un pugno di lotta.
Tirapugni, pugno di ferro o anche rosetta, per i suoi rigonfiamenti simili al pane.
Dai tempi dei guerrieri Nuragici in Sardegna, passando per la malavita marsigliese e parigina, fino alle truppe della prima guerra mondiale e agli scontri di piazza tra manifestanti e polizia, questo pugno ferino presuppone un corpo a corpo. Con un doppio, un nemico, un maestro, un eidolon. Ma quando i due orizzonti entrano in collisione, l’essenza rabbiosa del tirapugni può anche sgretolarsi e rivelare l’immaginale.
John Mirabel è, per così dire, un “immaginalista” che lavora con il piano delle possibilità, dall’invisibile al visibile e viceversa. Il suo pugno/pane sono gli stati amorfi, le allusioni e simmetrie, l’immaginazione antropomorfica, gli spazi mediani che differenziano e avvicinano simbolico e reale. Mirabel lascia parlare solo l’immagine - che è tutto fuorché innocua - trattando la sua scultura “come una vecchia donna, magari una prostituta d’alto bordo decaduta, derelitta” che sfugge ai codici con i quali vorremmo interpretarla. Provocazione, gioco Dada? Di più. Questo è un ready made distorto, creato manualmente, sdoganato, che reincanta il mondo. Le nocche, prima armate e potenziate nel pugno, diventano simbolo del non-ancora-pensato, del non-ancora-presente.
John Mirabel (1988, Francia) è un artista/musicista/curatore che reagisce istintivamente all’idea, all’intuizione, destreggiandosi senza sosta tra chitarra, basso, contrabbasso, ricerca scientifica, installazione e suoni sperimentali rarefatti e tumultuosi, mormorii di altri mondi e levitazioni.
Mirabel rielabora la forma-concetto del tirapugni a partire dal poliedrico artista Belga Édouard Léon Théodore Mesens (1903-1971) che ha iniziato la sua carriera come autore di folli componimenti Dada; Mirabel ne adotta la strategia e poi lo mette a lato a favore di decisioni più ardite.
Mesens è un blagueur irriverente fatto e finito. Comme ils l'entendent, et comme nous l’entendons - “come loro vorrebbero” (un tirapugni al contrario, con le punte che si conficcano nella viva carne) e “come noi lo percepiamo” (il tirapugni in tutta la sua massima espressione) -, l’opera esplicitamente Dada di Mesens del 1926, viene ridisegnata su legno da Mirabel alla maniera di una foto d’archivio e incorniciata da uno spesso strato di metallo. Da un semplice processo di inversione, Mesens estrae un messaggio brutale, che trova una collocazione negli apparati del punk e che viene rinforzato dalla poesia sovversiva del leader del Surrealismo Belga Paul Nougé. I tirapugni di Mesens si inaspriscono con la violenza verbale di Nougé. “Notre bouche est pleine de sang. Nos oreilles bourdonnent de sang. Nos yeux s'illuminent de sang. Si nous voyons, c'est la couleur de notre sang” (Le sillabe silenziose, 1990). Le immagini e il testo concorrono a creare un senso di minaccia e una tensione impalpabile. Come epifania di un reale minore, un oggetto marginale cambia di segno per gonfiarsi di perturbante, di sconvolgente.
La sovversione delle immagini, l’eterno clandestino, la pericolosità della musica, sono tutte tematiche che riconducono allo slittamento che attua anche John Mirabel. Rimettere in scena un tirapugni, privato dei suoi connotati più triviali, e ingigantirlo, accettandone le notevoli sfide tecniche. “Non pensare, guarda!” (Ludwig Wittgenstein). Guarda il corpo di ferro, titanico al pari di una forza primordiale, saldato magistralmente, che vortica sospeso, alla guida un motore di una palla disco; creatura liberata dalla sua gravità, proteiforme si proietta in più direzioni creando ombre ipnotiche, nella distanza scenica di una vetrina. L’oggetto scultoreo perde la sua aggressività e si muove in slow-motion, a ritmo della crudele ballata di Phil Collins “In the Air Tonight”, tagliata e rallentata dal divino dj hip hop Screw. E come se ci si perde nell’ultimo battito di un’audiocassetta suonata sottacqua o nelle profondità della terra, nella pulsazione sincopata di una batteria prima che smetta di vivere. Si percepisce un nuovo senso del tempo (che è quello della mostra e contemporaneamente non lo è) avvolti da una coltre sensuale, languida e malinconica. Nel metallico abbraccio di un oggetto ibrido seducente, assisto al tramonto di una diva “senza veli”, al beffardo inganno di una regina dei giochi, ad una danza erotica sull’orlo del declino. Usare il mondo, utilizzare le forme con un senso dell’oltre: Mirabel trasforma, scontorna, decontestualizza Mesens. Traslazione fatale.
“Crying how bright” è una forma di sopravvivenza in titanio, non senza mistero, un’immagine-lucciola che resiste malgrado tutto, proprio lì dove vengono dichiarate la sua marginalizzazione e vocazione alla rivolta - direbbe lo storico dell’arte Georges Didi-Huberman -, una cerimonia che crea assi di risonanza nascoste tra le pieghe del sublime.
Petra Chiodi