Jonathan Binet / Jason Matthew Lee
La Galleria Mazzoli inaugura le mostre di Jonathan Binet (Francia, 1984) e Jason Matthew Lee (Stati Uniti, 1989), entrambi alla loro prima presentazione personale in Italia. Ciascuna mostra è accompagnata da un catalogo bilingue, con testi critici di Michele D’Aurizio.
Comunicato stampa
Sabato 23 settembre, alle ore 18:30, la Galleria Mazzoli inaugura le mostre di Jonathan Binet (Francia, 1984) e Jason Matthew Lee (Stati Uniti, 1989), entrambi alla loro prima presentazione personale in Italia. Ciascuna mostra è accompagnata da un catalogo bilingue, con testi critici di Michele D’Aurizio.
Jonathan Binet realizza quadri dotati di una marcata qualità oggettuale e, al tempo stesso, smaccatamente grafici, come se fossero disegni tracciati sulle pareti dello spazio espositivo. In bilico tra disegno e scultura, ma anche tra forme esuberanti e scarne geometrie; assemblaggi e decostruzioni; “finito” e “non-finito”; dislocati nello spazio espositivo secondo logiche allestitive che chiamano in causa tanto l’autonomia dell’opera quanto la sua mondanità, i quadri di Binet sono “campi di possibilità” nei quali l’artista esercita il proprio diritto alla libertà creativa. Quest’esercizio è un procedere empirico, per arresti, errori e inversioni di marcia. I suoi risultati sono spettri di composizioni armoniose, perché manifestano piuttosto la volontà dell’artista di estraniarsi dall’apparato discorsivo, produttivo e distributivo della pittura.
Le opere di Jason Matthew Lee uniscono la pittura alla computer graphic. Per leggerle attentamente è necessario porre attenzione ai loro numerosi strati. È possibile infatti riconoscere sempre un livello di fondo che consiste in un segno gestuale, eseguito dall’artista con la pittura a spray. Sull’intervento pittorico è stampata un’immagine costruita digitalmente e che generalmente fonde due elementi: immagini fotografiche e un layout grafico. Le prime sono “appropriate” da un bacino che spazia dalle suggestioni visive della prima informatica all’immaginario cyberpunk e processate attraverso software di manipolazione digitale. Il secondo consiste di testi, griglie, filtri, loghi ecc. Affrontare un’opera di Lee richiede allo spettatore il doppio esercizio di percepire l’immagine sia nella sua unità che nelle sue parti. Ovvero di pensare all’atto del guardare come a un comando di fusione o di scomposizione dei livelli che la compongono.