Jordan Watson – Octavia’s Butler
Prima mostra dell’artista americano Jordan Watson nel nuovo spazio di Milano.
Comunicato stampa
Robilant+Voena è lieta di annunciare Octavia’s Butler, la prima mostra interamente dedicata all’artista statunitense Jordan Watson. La mostra, che sancisce l’inaugurazione del nuovo spazio espositivo di R+V a Milano, mira a raccontare il lavoro di un artista riconosciuto a livello internazionale grazie alla piattaforma Love Watts e ad un linguaggio estetico volto al superamento di confini predefiniti. Questa è la prima di due mostre che Watson realizzerà con Robilant+Voena, la seconda sarà inaugurata a St. Moritz nel febbraio 2025.
Autodidatta, Watson ha raffinato le sue abilità artistiche grazie ad una frequentazione assidua ed intensa del sistema dell’arte. Le sue opere richiamano l’Afrofuturismo, un movimento che unisce fantascienza e black culture col fine di immaginare un futuro prospero per la comunità a cui appartiene. Sono queste le dinamiche che inducono la sua mano a rappresentare uomini e soprattutto donne afrodiscendenti intenti in attività sportive – formula uno, sci, ciclismo …- dove la loro presenza è ancora piuttosto limitata.
“Ho scelto il titolo Octavia’s Butler” dice l’artista “in onore della celebre scrittrice di romanzi di fantascienza Octavia E. Butler. La ricerca e conseguente analisi dell’Afrofuturismo e dell’eccellenza tipica della black culture costituiscono ciò verso cui tendo con la mia arte. Proprio come nei suoi romanzi, ad esempio Parable of the Sower (La Parabola del Seminatore), nelle mie opere vorrei che l’occhio dello spettatore passasse da uno scenario di quiete ed introspezione ad uno, improvviso, di impeto travolgente. Raffiguro spesso la ricchezza ed il successo della black community, e così facendo mi sembra di tramutare in immagini il successo e la ricchezza che la stessa Butler merita. Il parallelismo tra i suoi romanzi e le mie opere rende il titolo della mostra un perfetto omaggio a questa straordinaria autrice”.
La collaborazione tra Robilant+Voena e Jordan Watson riflette il respiro internazionale e dinamico di Milano, una città capace di amalgamare all’interno del suo tessuto sociale, culturale ed economico settori come moda, arte e svago, e che si appresta inoltre ad ospitare i Giochi Olimpici Invernali nel febbraio 2026. Le opere in mostra, attraverso la vibrante tecnica pittorica dell’artista, uniscono l'elegante identità della città al messaggio di unità e gioia tipici degli eventi sportivi.
Allestita in quattro sale della galleria, che presenta numerosi dettagli originali recentemente restaurati che conferiscono fascino antico allo spazio, la mostra comprende lavori recenti e nuovi che evidenziano lo stile dell’artista, contraddistinto da un linguaggio espressivo popolato da figure audaci ed atletiche. La stesura del colore di Watson richiama i Fauves ed i coloristi, mentre i suoi paesaggi sono avvolti da un’atmosfera onirica che ricorda figure sinuose e sfuggenti proprie di Edvard Much e Peter Doig; allo stesso tempo, il lavoro di Watson è attuale e talvolta avanguardista, e dialoga con artisti contemporanei come Kerry James Marshall e Henry Taylor. I protagonisti delle composizioni dell’artista non sono personaggi reali ma archetipi: potrebbero essere chiunque e chiunque può immedesimarsi in essi. Si tratta piuttosto della rappresentazione di emozioni e propongono un mondo che l'artista desidera vedere: ecco allora una dominante e perentoria giovane ragazza afrodiscendente alla guida di una macchina di Formula 1 (uno scenario mai esistito ma che, secondo l’artista, sarà realtà nel prossimo futuro). Ricchezza e potere caratterizzano le dimensioni abitate dai personaggi che si stagliano nelle opere di Watson, un riscatto sociale di un’intera comunità che ora – con sicurezza e decisione – è chiamata ad imporsi.
Parlando del suo lavoro, l’artista spiega: “Le mie opere vogliono celebrare l’eccellenza della black culture, dove lusso e piacere non rappresentano desideri ma realtà quotidiane, qualcosa presente nelle nostre radici e nel futuro che ci attende. Ogni singola pennellata costituisce un grido di consapevolezza verso il mondo intero, e riflette la necessità di una vita intensa, piena, libera”.
Anche se questa è la prima personale dell’artista, sia la pittura che il disegno sono sempre stati centrali nella sua crescita. Slanci creativi volti alla ricerca della bellezza nel senso più ampio del termine hanno infatti contraddistinto la sua vita anche quando lavorava in borsa e, successivamente, nell’industria musicale. Nel 2010, Watson ha dato vita a Love Watts, una piattaforma organica digitale in continua evoluzione. “Ho voluto assecondare il mio il desiderio di realizzare la migliore piattaforma possibile per la veicolazione di contenuti artistici… per chi, come me, non ha avuto un’educazione accademica all’arte” rappresentando una sorta di percorso educativo e di formazione.
Durante gli ultimi anni, l’impegno di Watson verso la pittura si è consolidato, lo stile che contraddistingue il suo lavoro si è affinato, diventando peculiare e proprio del sentire dell’artista: “sono arrivato ad un punto – afferma Watson – in cui finalmente amo la mia arte”.
Jordan “Watts” Watson (Jamaica, Queens NYC, 1979) è un artista visivo multimediale autodidatta e curatore. È parte del movimento artistico Ultra Contemporary Afrofuturism, insieme a Rick Lowe, Mark Bradford, Nathaniel Mary Quinn, Tschabalala Self e Noah Davis. Il suo lavoro investiga il concetto di narrazione e metafora visiva. Attraverso diverse piattaforme di social media, Watts ha ottenuto un seguito di oltre cinque milioni di follower tra collezionisti d'arte, gallerie internazionali, trend setter ed alcuni tra i più grandi nomi dell'industria dell'arte e dello spettacolo come Gagosian, Rihanna, Katy Perry, Artsy, Simon de Pury, Guy Oseary. I suoi dipinti di grande formato, realizzati con una pittura ad olio e pastello su tela grezza, analizzano temi di carattere trasversale e senza tempo come identità, comunità, verità, memoria e immaginazione. Le sue opere, dense di riferimenti storico-artistici, richiamano correnti culturali come il modernismo, il surrealismo, i graffiti anni '80/'90, ed artisti come Kerry James Marshall, Peter Doig, Francis Bacon; di primaria rilevanza è inoltre l’influsso dell’Afrofuturismo esercita nel suo lavoro, capace di unire scienza e finzione, tecnologia ed elementi futuristici. Nel processo creativo, tuttavia, concorrono al risultato finale moti che partono dalla sfera personale di Watson per poi diventare immagine, pittura, come ricordi, esperienze, traumi e la storia della sua famiglia, che parte dalla Giamaica per compiere un movimento ascensionale verso il Queens ed il mondo intero. Partendo da una solida base di colore, Watson delinea la composizione intorno alle figure, realizzate mediante pennellate decise e pastose, incentivando lo spettatore e cogliere l’insieme, l’atmosfera dell’opera anziché il singolo individuo che la abita. Il rapporto tra essere umano e l’ambiente che lo circonda è fondamentale, essi sembrano quasi fondersi l’uno nell’altro, i confini scemano, vengono meno i cardini della ragione, si sfocio in una dimensione di ricordo, di indefinito.