Jorrit Tornquist – Traguardare il colore
Sono colori in volo e il titolo dell’ultimo ciclo di opere “Colibrì”, ispirato ai minuscoli quanto rapidissimi e coloratissimi uccelli, racchiude il senso di una ricerca che procede da più di cinquant’anni, fondata sulla convinzione (e sulla scoperta) che il colore sia un problema di spazio, di creazione di spazio.
Comunicato stampa
La PoliArt Contemporary inaugura Traguardare il colore, seconda personale di Jorrit Tornquist (Graz, 1937) negli spazi della galleria milanese.
Sono colori in volo e il titolo dell’ultimo ciclo di opere “Colibrì”, ispirato ai minuscoli quanto rapidissimi e coloratissimi uccelli, racchiude il senso di una ricerca che procede da più di cinquant’anni, fondata sulla convinzione (e sulla scoperta) che il colore sia un problema di spazio, di creazione di spazio.
Se la ricerca degli anni Sessanta e Settanta aveva rappresentato per Tornquist - biologo di formazione - un lungo tirocinio di sperimentazioni timbriche e tonali, già dagli anni Ottanta l’artista si è allontanato da ogni speculazione sul colore, per “fenomenizzarlo” nello spazio reale, fisico e psicologico.
La profondissima conoscenza del colore, sia del colore-luce che del colore-pigmento, l’ha avviato verso una riscoperta della realtà, sulla quale l’arte è venuta sovrapponendosi modificandola. In questa direzione l’artista ha mescolato sempre più la sua inesauribile creazione di opere con gli interventi di design urbano e industriale (è a tutti noto l’inceneritore trasformato in una cangiante colonna di cielo, visibile sull’autostrada all’altezza dell’uscita Brescia Centro). Ma è questo anche il senso del ciclo delle “Ombre” (1980), dittici da allestire negli angoli delle stanze, nei quali il cambio tonale simula il differente gradiente luminoso. Le “Pieghe”, poi (dalla fine degli anni Ottanta), rivoluzionano il modo di concepire l’opera-oggetto, che si svela in un raffinato scambio di realtà e simulazione, nel quale un’imprevista cangianza cromatica arriccia la tela, spesso mostrando il telaio e il muro retrostante. In queste opere diviene chiaro come per Tornquist il colore sia divenuto lo strumento per la creazione dello spazio, in una profonda riflessione sulla natura dell’opera e sulla natura di quell’inedito luogo percettivo che l’opera produce nel suo divenire fenomeno coeso alla realtà. Anche nei “Tessuti” e nelle “Cartapeste” l’artista rivolge la sua attenzione alla costruzione di un’inedita relazione tra i materiali tradizionali dell’arte (la tela e la carta, in rotoli assemblati la prima e in spessi fogli reticolati la seconda) e la percezione cromatica a seconda degli angoli di incidenza dello sguardo. Nel recente ciclo dei “Riflessi”, poi, grazie al supporto del computer, Tornquist giunge a modificare il luogo di accadimento dell’immagine, sovrapponendo una superficie curva e una piana, sulle quali la percezione visiva del colore si coglie in imprevedibili modificazioni. Tuttavia è nell’ultimo ciclo “Colibrì” che il colore giunge a liberare il “quadrato” dell’arte da ogni vincolo spaziale e gravitazionale, emancipando le opere, in voli nei quali l’orizzonte è migrato all’interno delle immagini.
Questa capacità di approfondimento di Jorrit Tornquist ne ha fatto uno tra i maggiori artisti della sua generazione, sia italiana, con gli “estroflessi” Bonalumi e Castellani, i “programmati” Biasi e Colombo, il “concettuale” Paolini, il “poverista” Pistoletto e il “solitario” Ormenese,
sia internazionale, da Noland a Uecker a Julio Le Parc.
Al finissage della mostra, domenica 15 marzo 2015 verrà presentato il catalogo con le immagini dell’inaugurazione e si potrà assistere alla performance della danzatrice Serena Zardini con la musica di Paola Samoggia.