José Chapellier
Con la mostra di José Chapellier (Chenèe, Liegi, 1946) a Palazzo Grifoni, il Comune di San Miniato esprime in concreto un principio molto diffuso, ma in realtà poco vissuto: creare, proporre uno strumento di promozione culturale, e conseguente turismo, capace di aprire un futuro più aperto e vivibile, di reciproco arricchimento sul piano dei rapporti umani interni ed internazionali.
Comunicato stampa
SAN MINIATO. Con la mostra di José Chapellier (Chenèe, Liegi, 1946) a Palazzo Grifoni dal 27 marzo al 27 aprile, il Comune di San Miniato esprime in concreto un principio molto diffuso, ma in realtà poco vissuto: creare, proporre uno strumento di promozione culturale, e conseguente turismo, capace di aprire un futuro più aperto e vivibile, di reciproco arricchimento sul piano dei rapporti umani interni ed internazionali. Questa occasione nasce dalle celebrazioni del primo decennale del gemellaggio di San Miniato con la città belga di Silly.
Palazzo Grifoni, lo straordinario biglietto da visita di San Miniato, ospiterà una mostra di José Chapellier, quale messaggio culturale di Silly, e San Miniato è fin da ora impegnata a ricambiare la visita con una rassegna dei suoi artisti più rappresentativi.
Chapellier è un artista – pittore e scultore - di livello internazionale, portatore di valori che lo impongono all’attenzione di un pubblico ed una critica cosmopoliti. Attento osservatore del suo tempo, collabora con alcuni protagonisti della scena internazionale, come Jose Van Damme, Robert Hossein, Charles Aznavour, a fini di beneficienza.
Le opere di Chapellier sono apparse in numerose mostre, fin dal 1989, in Europa e negli Stati Uniti, in Italia, a Venezia nel 1993.
Non poteva mancare la sua citazione sul fondamentale repertorio del francese Emmanuel Bènèzit, che dal 1948 ed in successive edizioni, cataloga i più importanti pittori, scultori, disegnatori ed incisori di tutti i tempi e di tutti i paesi (per altri essenziali repertori di pittura v. P.G. Leo sul Bollettino dell’Accademia degli Euteleti n.77/2010 p.423).
Una delle più alte aspirazioni della tecnica pittorica è quella di rappresentare gli effetti della luminosità che hanno il potere di vivificare i colori suggerendo tonalità inedite e suggestive. Siamo nella sfera della vera arte, lontano dalla banalità. Ma il percorso è difficile, richiede nel pittore sensibilità e creatività. Nell’arte moderna vi si sono cimentati i macchiaioli, gli impressionisti, i divisionisti, tutti con esiti positivi, senza tuttavia esaurire questo ambizioso obiettivo.
È a questo punto che giova ricordare il caso José Chapellier il quale, arrivando dopo l’Otto- Novecento, ha tranquillamente ignorato il passato prossimo ed in molti quadri si esprime con la tecnica dell’eglomise, termine moderno per identificare una tradizione che affonda nei secoli fino all’antico Egitto. Via via riproposta nel corso del tempo l’eglomise (dal parigino Jean Baptiste Glomy, artigiano al servizio di Luigi XV e Luigi XVI, che valorizzava le incisioni con fili d’oro pressato sotto vetro e passe-partout nero) ha lasciato il segno in certe soluzioni dell’art déco.
Chapellier (nato nella zona di Liegi, dove una famosa fabbrica di Val- Saint Lambert produceva cristalli a due strati intagliati e molati alla boema, preludio all’art noveau: è un’ipotesi di coincidenza storica) dipinge la composizione dalla parte opposta del vetro rispetto all’osservatore e stende i colori iniziando dal primo piano e distendendosi verso il fondo, con effetti straordinari di luminosità forniti dal vetro e dal tono dei colori stessi, intensi e contrastati- blu, rosso, giallo, verde dalla gamma infinita, arancio, viola.