Józef Robakowski – Cosa può succedere ancora
Mostra del padre morale dell’arte concettuale polacca, Józef Robakowski, dal titolo Cosa può succedere ancora, a cura di Bozena Czubak e Fabio Cavallucci.
Comunicato stampa
Inaugura il 7 maggio, alle 19,00, presso la Galleria MAK, la mostra del padre morale dell’arte concettuale polacca, Józef Robakowski, dal titolo Cosa può succedere ancora, a cura di Bozena Czubak e Fabio Cavallucci. Il progetto, presentato nell’ottobre scorso al concorso per il Padiglione Polacco della Biennale di Venezia, si era qualificato secondo, perdendo per un soffio l’opportunitàdi essere realizzato ai Giardini nel padiglione storico della Polonia. L’artista e i curatori, in particolar modo Bozena Czubak, attraverso la sua Fondazione Profile, hanno fatto di tutto per presentarlo comunque al pubblico veneziano, anche se in una veste privata.
Il lavoro è uno sviluppo del lungo interesse che l’artista ha avuto per la comunicazione e i suoi mezzi. Nato a Posnam nel 1939, cresciuto nella Polonia comunista, l’artista ha spesso analizzato nei suoi lavori i processi comunicativi massmediatici, quelli usati dal potere per indirizzare il consenso, anche riprendendo immagini televisive, come parate militari sovietiche o i funerali di Breznev.
Ora che il panorama della comunicazione ècambiato, Robakowski indirizza il suo interesse verso i social media. Da lìtrae il materiale presentato a Venezia e allestito in numerosi schermi. Sono parate, cortei, manifestazioni di diversi gruppi politici, azioni artistiche, campagne sociali riguardanti diverse sfere della vita. Attraverso una costellazione di immagini che cambiano in modo dinamico, la mostra presenta filmati, montati dall’artista, di ciòche attualmente sta succedendo per le strade e in spazi pubblici, ciòche viene registrato, condiviso e divulgato.
L’effetto Facebook, con miliardi di utenti nel mondo e milioni in Polonia, viene interpretato da Robakowski come distribuzione e ridistribuzione di messaggi visivi, aprendo un flusso incontrollato di informazioni che possono essere create, prodotte e diffuse da ogni persona. Questo canale aperto fornisce delle immagini della realtànei confronti delle quali l’arte contemporanea sta diventando sempre piùimpotente. In questo attivismo visivo operante per conto di diversi interessi sociali e politici ciòche conta non sono piùle immagini in sé, ma le modalitàdel loro uso e funzionamento.
Nella mediatizzata società della rete i canali di comunicazione sono facilmente accessibili e permettono a tutti di narrare la realtàed esprimere le proprie opinioni. Per l’artista essi sono dei luoghi dove si sta attuando la piùspietata lotta per le immagini della realtà.
MAK Gallery
Calle Regina, 2261
Santa Croce
Venezia
inaugurazione il 7 maggio 2019, ore 19.00 la mostra rimane aperta fino al 5 giugno
dal lunedì alla domenica dalle 14.00 alle 19.00
Józef Robakowski — artista, storico dell’arte, professore universitario, filmmaker, autore di video, cicli di fotografie, installazioni, quadri, oggetti, performance, azioni multimediali e progetti concettuali.
Nato nel 1939 a Poznań, ha studiato storia dell’arte e museologia alla Facoltà di Belle Arti dell’Università Niccolò Copernico di Toruń e ha compiuto gli studi al Dipartimento per cineoperatori presso la PWSFTiT [Scuola superiore statale di cinema, televisione e teatro] Leon Schiller di Łódź. È stato docente universitario presso la PWSFTiT e ha diretto il Laboratorio di fotografia e pubblicità visiva dal 1970 al 1981 e ancora nel 1995.
Cofondatore di gruppi di artisti sperimentali, tra i quali Zero-61 (1961–1969), Warsztat Formy Filmowej (1970– 1977). Dal 1978 dirige a Łódź la Galeria Wymiany, fondata insieme a Małgorzata Potocka. È stato inoltre promotore di numerose manifestazioni artistiche, curatore indipendente e in collaborazione di alcune decine di esposizioni, editore, autore di testi e pubblicazioni.
La sua attività di filmmaker risale all’inizio degli anni ’60, alla realizzazione di film sperimentali tra i quali quelli realizzati con il metodo del found footage. Le sue innovative analisi, negli anni ’70, delle strutture di trasmissione del messaggio veicolato dal film costituiscono caposaldi del cinema strutturalista. Negli anni ’80 — ricorrendo anche alla tecnica video — ha attuato il concetto del “cinema privato”, ovvero la scrittura e la registrazione personale, spesso autobiografica, di attività performative. Parallelamente sviluppava il filone critico riguardante la politica dei media e i meccanismi
di manipolazione dello spettatore nei mass media ideologizzati. Negli ultimi due decenni ha realizzato video di svariate attività, spesso improvvisate. La documentazione video e cinematografica di manifestazioni di arte contemporanea e delle sue tradizioni d’avanguardia costituisce una parte importante della sua pratica artistica.