Juan Caiza – Killa Pacchuri il figlio della luna
Killa Pacchuri, figlio della luna in lingua quechua, nasce dalla volontà dell’artista di rendere note al pubblico le tradizioni e le simbologie del popolo natio.
Comunicato stampa
L'associazione Un Nuevo Mundo, con il patrocinio del Consolato dell'Ecuador a Milano, ed in collaborazione con la Hernandez Art Gallery, è orgogliosa di presentare l'artista Juan Caiza, in occasione della sua personale "Killa Pacchuri, il figlio della luna" a cura di Marta Lock.
Con questo progetto l'associazione vuole far conoscere al pubblico milanese il talento dell' artista ecuatoriano Juan Caiza, dal 2003 trasferito a Milano, città che lo ha accolto e adottato e nella quale ha già partecipato ad alcune mostre collettive.
Killa Pacchuri, figlio della luna in lingua quechua, nasce dalla volontà dell'artista di rendere note al pubblico le tradizioni e le simbologie del popolo natio.
Attraverso opere su tela e su carta ci accompagna in un percorso alla scoperta di simboli, riti magici, culti e culture che, per noi occidentali, risultano sconosciute e lontane, ma che, al tempo stesso, hanno il potere di affascinarci e di attirarci.
Scene di caccia, guerrieri ed eremiti, questi i protagonisti delle sue opere avvolti da sfondi scuri, impenetrabili e nebbiosi, che ricreano l'atmosfera dei fitti boschi delle montagne andine, che si schiariscono con l'utilizzo di colori pastello per accogliere e far da sfondo a sciamani e fedeli impegnati in rituali magici e segreti che trovano radici nelle antiche tradizioni inca.
Ciò che emerge a una prima analisi delle opere di Juan Caiza è sicuramente il senso di meditazione e contemplazione che le avvolge, protagonista è anche la solitudine dell'essere umano che è alla costante ricerca di qualcosa che vada oltre la realtà, indipendentemente dalla sua natura, se divina o terrena.
Inoltre affiora come forte sia il legame dell'artista con la sua patria, ma soprattutto con le tradizioni e le simbologie del suo popolo che ritroviamo, nascoste o evidenti, all'interno delle sue raffigurazioni. Osservando le opere esposte possiamo dunque intravedere un calendario Maya, peperoncini nascosti e tanti altri segni e allegorie che Caiza inserisce per tenere vivo e costante il legame inscindibile con il suo popolo, soprattutto ora che la vita lo ha portato a vivere a chilometri di distanza.