Juan Carlos Ceci – Cabina per Anima
Traffic Gallery è felice di ospitare nei propri spazi Cabina per Anima, mostra personale del pittore sanmarinese di origine spagnola JUAN CARLOS CECI (Saragozza 1967).
Comunicato stampa
Traffic Gallery è felice di ospitare nei propri spazi Cabina per Anima, mostra personale del pittore sanmarinese di origine spagnola JUAN CARLOS CECI (Saragozza 1967).
La mostra personale è stata concepita dall’Artista Juan Carlos Ceci e dalla Poetessa Franca Mancinelli come composta da tre settori facenti parte di un unico ciclo di opere : La Piega, Cabina per Anima e Cantano le Pareti. Tre capitoli realizzati tra il 2022 e il 2023 che occuperanno tutte e tre le sale espostive della Galleria, pitture che durante l’opening saranno “accese” dalle recitazioni poetiche concepite appositamente dalla nota Poetessa Franca Mancinelli.
Come spiega lo stesso Juan Carlos ”In mostra saranno presenti due verità, quella della pittura e quella della poesia, dall’unione di queste due verità nasce una bugia.”
Sono bugie (o verità) delicate e abilmente stratificate quelle che appaiono sulla tela e ai nostri occhi. Il dato intimista, usando una tavolozza di tonalità leggere e sfumate, ci regala visioni oniriche immerse nella nebbia. Gli oggetti rappresentati spesso si confondono e si identificano in forme differenti, a volte tra loro sostituibili.
“La tua invisibile faccia pernottava nella cabina della mia anima. Io pernottavo nel vuoto della mia ribelle anima.” Amelia Rosselli
E' da questa poesia che Juan Carlos Ceci ha “rubato” il titolo della mostra, dipingendo nature morte all’interno di vasi o bicchieri di vetro che ancorano al terreno le stesse nature silenti. Una sequenza di passaggio contraddistingue infatti il legame tra il capitolo pittorico intitolato La Piega e quello successivo e-o quasi contemporaneo intitolato Cabina per Anima. Nel primo capitolo, ovvero nelle pieghe, ogni cosa ci appare indefinita e fluttuante in uno spazio che non si può cogliere. Niente è ancorato a terra. Tutto, nei dipinti, si costruisce a partire da una idea primordiale, dal gesto, dal caso e dall’improvvisazione. Juan Carlos dipinge alla cieca e in apnea senza sapere quello che sarà il risultato finale. Sulle tele e nelle pieghe appaiono frutti o fiori o gemme, oppure parti di organi animali, dispositivi un tempo organici, ultimi respiri di anime fluttuanti.
Tali pieghe diventano cabine nel momento in cui le figure trovano uno spazio delimitato, come può essere in un qualsiasi recipiente. I vasi e i bicchieri attraggono e bloccano il “fluttuare” dei frutti.
Cabine per Anima sono luoghi dello Spirito, sono stanze dove le pareti sembrano assenti e si possono solo intuire attraverso aperture e finestre luminose. Pareti aperte su scorci di luce. Su un mondo luminoso, abbacinante e per questo invisibile.
“Come può forare la tenebra, in tanta inondazione di luce?” Giorgio Caproni
“Celle per reclusi, o per asceti, cabine di pilotaggio, cabine telefoniche attraverso cui raggiungere chi è ancora in vita e chi non c’è più, cabine dove poter cambiare abito e abitudini.” Juan Carlos Ceci
Il terzo capitolo, inedito e per ora unico, giunge attraverso due autoritratti in interni. Per la prima volta e in maniera del tutto eccezionale compare la figura umana, ovvero il volto dello stesso Pittore, su due tele di medio-grande formato. La tavolozza dei colori è similare a quella usata per i primi due capitoli e rimane in linea con il fluttuare indefinito centrale nella composizione, o meglio nella non-composizione del quadro. Enigmi misteriosi creano dialoghi tra i due autorotratti, il volto che compare in un piccolo specchio tondo diviene poi vaso di vetro. La proiezione della luce e delle ombre è ingannevole, perchè non è dato sapere se le raffigurazioni delle ombre siano provenienti da realtà esterne o interne.
Il carico sentimentale, che nei primi due capitoli rivela una natura intimista, qui si concentra e diviene più denso. Juan Carlos cerca nel proprio autoritratto il colore degli occhi del Padre, e così la stanza un tempo cabina diviene macchina del tempo che unisce con i ricordi il terreno e l’ultraterreno.
E se nella letteratura il rapporto Padre-Figlio ha dato vita ad infinite parole e a capolavori assoluti, nella pratica pittorica di Juan Carlos Ceci diviene pura introspezione, dove lo spettatore può in maniera soggettiva decidere se abbandonarsi alla nostalgia, da una parte, o sentirsi all’interno di una stanza sicura e quindi di per sé rassicurante.
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