Kandinskij Marc & Der Blaue Reiter
La mostra, che raccoglie all’incirca 70 dipinti, presenta il celebre almanacco e illustra la rivoluzione della pittura tra il 1908 e il 1914, soprattutto attraverso importanti nuclei di opere di Kandinskij e Marc.
Comunicato stampa
È la prima volta da trent'anni che in Svizzera si dedica una grande mostra a quello che fu uno dei capitoli più avvincenti dell'arte moderna, passato alla storia con il nome Der Blaue Reiter (Il cavaliere azzurro). L'esposizione tenuta a Monaco di Baviera nel 1911 e l'omonima associazione di artisti generarono una nuova, rivoluzionaria esperienza creativa. A partire dalle opere di Vasilij Kandinskij in collezione alla Fondation Beyeler, si offre alla visione del pubblico il lavoro di un gruppo di pittori avanguardisti alla cui apertura mentale e tendenza cosmopolita pose fine la prima guerra mondiale.
Der Blaue Reiter è il titolo del leggendario almanacco redatto da Vasilij Kandinskij (1866–1944) e Franz Marc (1880–1916) e pubblicato a Monaco nel 1912. In questo volume Kandinskij e Marc raccolsero testi e illustrazioni di svariata matrice culturale e di artisti molto diversi tra loro. L'almanacco intendeva affermare la necessità di un rivolgimento epocale delle arti al principio del Novecento. Esso testimonia di una concezione dell'arte e del mondo allora radicalmente nuova, tesa non più a rappresentare la realtà visibile bensì a tradurre in immagine istanze spirituali. Ciò si evidenzia soprattutto in un'emancipazione del colore, ispirata dal paesaggio prealpino a sud di Monaco.
Questa poetica, a cui in particolare Kandinskij e Marc attinsero nel loro percorso verso l'astrazione, segnò una svolta decisiva nella concezione artistica occidentale e influenzò – e ancora oggi influenza – generazioni di pittori.
La mostra, che raccoglie all'incirca 70 dipinti, presenta il celebre almanacco e illustra la rivoluzione della pittura tra il 1908 e il 1914, soprattutto attraverso importanti nuclei di opere di Kandinskij e Marc.
L'immagine emblematica del cavaliere azzurro, che secondo Kandinskij fu concepita per caso durante una conversazione con Marc, può essere vista come una sorta di compendio programmatico: l'azzurro quale colore cosmico unito all'innata istintualità dell'animale e al dinamismo oltre ogni limite del cavaliere lanciato al galoppo.
In uno spazio informativo multimediale appositamente progettato si sottolinea, sulla scorta di una “geografia del Blaue Reiter”, la partecipazione internazionale degli artisti che auspicavano un'avanguardia europea senza confini, visione peraltro infranta brutalmente dalla prima guerra mondiale.
Cronologicamente la mostra prende avvio dal 1908, anno in cui Kandinskij e Gabriele Münter condividevano un appartamento a Monaco senza essere sposati e si incontravano con l'altra coppia “concubina” formata da Marianne von Werefkin e Alexej von Jawlensky a Murnau, in Alta Baviera. L'anno successivo Münter vi acquistò la casa, tutt'ora esistente, nella quale lei e Kandinskij soggiornarono soprattutto d'estate fino al 1914.
Il trasferimento in campagna significava l'attuazione di una ricerca rivolta a una vita semplice, anticonformista, in sintonia con la natura e con il mondo rurale dell'Alta Baviera. In tal senso il passo intrapreso da Münter e Kandinskij va inteso anche come espressione della “Lebensreform”, quella riforma della vita che nel primo anteguerrra coinvolse una parte consistente della società portando a esiti disparati: la critica alla civiltà moderna e la volontà di un rinnovamento sociale erano strettamente connessi. L'interesse di Kandinskij e Münter per l'arte popolare, soprattutto per la pittura su vetro dell'Alta Baviera, si ricollega all'idea della pari dignità di tutte le arti, in seguito anche documentata nell'almanacco dove l'arte occidentale si combina con disegni infantili, immagini votive e opere sia africane sia asiatiche.
La collaborazione tra Münter, Werefkin, Jawlensky e Kandinskij e la rappresentazione del paesaggio lacustre dell'Alta Baviera, permeato di luce e dominato dalla catena alpina, sfociarono in un nuovo approccio nell'uso del colore, primo tra gli elementi cardine dell'esposizione: colori brillanti e puri sono accostati per campiture; la struttura visibile della pennellata trasmette dinamicità. Tale processo fu descritto da Gabriele Münter come “... copiare dalla natura – alla maniera più o meno impressionista – per afferrare un contenuto – per giungere all'astrazione – per distillare un'essenza“. In ciò ebbe un ruolo preponderante Alexej von Jawlensky che nei suoi paesaggi predilesse forme cromatiche volutamente “semplici”.
Il lavoro condotto sulle superfici portò Kandinskij a liberare la linea dai contorni e le superfici stesse dalla dimensione oggettuale, come si evince soprattutto dai dipinti chiave del 1910, di cui è in mostra una straordinaria selezione.
Una delle maggiori aspirazioni di Kandinskij e in genere degli artisti che orbitavano intorno al Blaue Reiter era trasmettere il concetto che l'arte fosse sinestetica e superasse i confini con le diverse forme artistiche. L'idea della sinestesia si riflette anche nel discorso quotidiano: chi parla di “composizione” intende quasi sempre una composizione musicale, ma si definisce composizione anche il modo di strutturare un dipinto. Il colore può avere risonanza e la parola tono si applica anche alla qualità di una tinta. È un pensiero da tenere a mente quando si osservano certe tele astratte di grande formato, per esempio la leggendaria Composizione VII (1913, Galleria Tretjakov). E non va trascurato un particolare importante, il ritmo che nasce dall'interazione tra sguardo e tela. I quadri di Kandinskij non sono la manifestazione di gesti pittorici. Ma la sinergia tra osservatore e opera fa sì che idealmente scaturisca un ritmo del vedere che trova corrispondenza nella musica.
A partire dal 1910 Franz Marc e Maria Franck convivevano a Sindelsdorf, a 15 chilometri da Murnau. L'incontro di Kandinskij e Marc agli inizi del 1911 fu l'impulso decisivo che portò alla pubblicazione dell'almanacco Der Blaue Reiter, curato dai due artisti. Sebbene Kandinskij e Marc fossero accomunati dalla ricerca di un rinnovamento culturale, erano tuttavia approdati a forme espressive molto diverse. Ciò appare chiaro soprattutto osservando i due quadri che i pittori si scambiarono nel 1911 come pegno della loro amicizia e che nella mostra sono esposti insieme per la prima volta. Nel dipinto regalato da Marc a Kandinskij, Sogno (collezione del museo Thyssen-Bornemisza), si evidenzia l'interesse dell'artista per la rappresentazione di una natura intesa in senso animista, costituita da un mondo coloristico in sé conchiuso ma rifratto in una molteplicità di forme, tra cui i caratteristici cavalli azzurri. Nel dono di Kandinskij a Marc, Improvvisazione 12, con l'eloquente titolo aggiuntivo Il cavaliere (Bayerische Staatsgemäldesammlung, Monaco d. B.), si coglie la tensione dell'artista verso una dinamicità dello spirito, che si concretizza nei colori brillanti e nella dissoluzione della forma oggettiva.
Marc non mirava a raffigurare un animale, ma a rappresentarne l'essenza come manifestazione di una natura arcaica e autentica. La celebrazione dello spirito animale nei suoi dipinti va vista nell'ottica dei movimenti per la protezione della natura, che andavano affermandosi nel primo anteguerra; tale celebrazione sembra costituire l'antitesi del progresso tecnico, rispondendo alla predisposizione tutta tedesca verso la critica del progresso tecnico. La mostra presenta una selezione delle sue più rilevanti figure di animali, soprattutto I grandi cavalli azzurri (Walker Art Center, Minneapolis), opera raramente esposta che segna un momento culminante del percorso espositivo.
Più ancora che per Marc, morto cent'anni fa, il 4 marzo 1916, sul campo di battaglia di Verdun, è nell'osservare l'opera di August Macke, caduto già agli inizi della guerra, che si avverte un senso di incompiutezza. I suoi lavori danno corpo al tentativo di coniugare astratte composizioni di colore con il figurativismo. A differenza di altri artisti che gravitavano attorno al Blaue Reiter, Macke tratteggia scene di vita moderna che, per effetto di strutture cromatiche cubiste, sembrano avere più di un punto di vista. Una sala dell'esposizione è dedicata in prevalenza alle sue realizzazioni, tra esse ve ne sono alcune ignorate da tempo che evidenziano il potenziale di questo artista. Fra l'altro è suo uno dei migliori contributi all'almanacco Der Blaue Reiter, il testo intitolato “Masken”. Opere di Robert Delaunay, Heinrich Campendonk, del compositore e pittore Arnold Schönberg e di David Burljuk completano il novero degli artisti presenti in mostra.
Una sala centrale è consacrata all'almanacco Der Blaue Reiter, il cui scopo era la creazione di una nuova visione del mondo e che tramite numerose immagini illustra le sinergie esistenti tra le arti figurative e musicali, divenendo esso stesso una sorta di opera d'arte totale. Una particolare installazione, che confronta le riproduzioni nell'almanacco con gli originali, dà luogo a combinazioni di quadri accuratamente scelti. Il 1914, anno in cui scoppiò la prima guerra mondiale, decretò la fine della collaborazione in seno al gruppo, ed è anche il limite temporale della mostra. Soprattutto nell'opera di Franz Marc si coglie la catastrofe incombente. Il suo dipinto di formato relativamente grande I lupi (guerra dei Balcani) (1913, Albright-Knox-Gallery, Buffalo), che allude alla situazione politica dei Balcani il cui precipitare portò alla prima guerra mondiale, ritrae dei lupi che, acquattati, puntano animali dormienti mentre sotto le loro zampe i fiori sembrano appassire: un paesaggio apocalittico.
La rassegna è accompagnata da un catalogo che indaga il tema in diversi contributi di taglio scientifico. Vi sono riprodotte tutte le opere in mostra.