Katia Mosconi – It was a body in the shape of a city
Le opere di Katia Mosconi (Siena, 1998) trovano le loro radici nella cartografia multimediale e nei
linguaggi mediali.
Comunicato stampa
Dai balli in piazza dei carnevali medievali al cosiddetto “decreto rave” promulgato dal governo
Meloni, passando per la dance elettronica nel sugoso loft di David Mancuso a Manhattan e le TAZ
(Zone Temporaneamente Autonome) anglosassoni: la danza - se performata negli interstizi
dell’autogestione e dell’illegalità, se caratterizzata da battiti ripetitivi, dal contenuto non linearmente
incasellabile negli stilemi della composizione - è stata una delle pratiche di resistenza che più hanno
spaventato, prima, il proto capitalismo delle enclosures e, poi, il tardo-capitalismo post-fordista. Il
rave illegale è figlio e si configura a partire da queste “coreografie sociali”: le canzoni popolari che
nelle “feste dei folli” sovvertivano le gerarchie del potere feudale, la musica dance e le pose delle
ballroom americane, la tunantada e gli altri riti di possessione utili a esorcizzare e allontanare il
sorvegliante-colonizzatore dal corpo del colonizzato.
Queste e altre correnti marginali non sono di certo nate nella discoteca commerciale. I primi eventi
“house”, “techno”, “dance” erano macchine nomadi che non si scontravano direttamente con gli spazi
preposti alla danza, in una guerriglia della fuoriuscita che ha liberato temporaneamente aree di tempo,
di terra e di immaginazione.
Siamo nell’Inghilterra di ferro della Thatcher quando le ex-fabbriche di Manchester, lontane dalla
capitale londinese, cominciano a essere le scenografie di un’umanità di squatter che portava con sé
sviluppi di droghe sintetiche e consolle, ma soprattutto un tipo di esperienza comunitaria che il
thatcherismo aveva rifiutato ideologicamente con parole dure come “la società non esiste”. è in questi
primi paesaggi post-industriali che comincia l’occupazione e l’autogestione delle ex-fabbriche
belliche e automobilistiche, le stesse in cui i padri dei giovani in questione avevano lavorato secondo
le scansioni “ad accetta” della società disciplinare.
Il video a due canali It was a body in the shape of a city (2023) riporta una proiezione dei lasciti
industriali dell’ex hinterland milanese: il cemento e i bricks rossi dei capannoni, manifesti scollati e
centrali elettriche. Queste macchie dell’abbandono fanno da sfondo a una serie di riprese realizzate
con una telecamera da caccia, protagonista di una ricerca a infrarossi dei possibili rimasugli di
coreografie della resistenza nei “riti del sabato sera” delle discoteche-aziende. Il video su monitor
finisce per setacciare come siano cambiati dal secolo scorso i movimenti sul dancefloor, quanto il sé
sociale non possa più essere abbandonato all’entrata, come nei primi free party, ma, anzi si determini
proprio nello spazio della discoteca, dove la fissità della propria identità è ora fondamentale per stare
dentro e fuori le porte.
Grottesche planimetrie architettoniche sfilano, virate sul rosso, in Dancefloor empire Milano
(2023). Il video guarda all’assetto di centodiciassette discoteche milanesi, nuovi spazi preposti al
godimento e alla sovversione dove l’immaginario della controcultura di strada partecipa facilmente
alla creazione capitalista di plusvalore. Le ex fabbriche, trasformate in discoteche nei primi Duemila,
tornano ad essere potenti apparati di cattura, emblemi di quella libertà tollerata perché già finita.
Le opere di Katia Mosconi (Siena, 1998) trovano le loro radici nella cartografia multimediale e nei
linguaggi mediali. Sistemi digitali di mappatura, di comunicazione e software di modellazione 3D
sono il punto di partenza per la costruzione di readymade digitali: miscellanee di elementi tratti dal
flusso internet che entrano in dialogo per decostruire la realtà. Tra le sue mostre recenti: Well, We
Good (Sonar, Colle di Val D’Elsa, 2022); Degree Show III (Palazzo Monti, Brescia, 2022);
(Im)possible Ecologies (Orto Botanico di Roma, 2022); Le opere e i giorni (Museo Ospedale degli
Innocenti, Firenze, 2021); Blackoutbook (Artribune, 2021); Semi di rigenerazione 2050 Archifest:
Festival di Architettura (Colle di Val D’Elsa, 2020).