Kehinde Wiley – An Archaeology of Silence
In questo nuovo corpus di lavori, Wiley mette in luce la brutalità del passato coloniale, americano e globale, usando il linguaggio figurativo dell’eroe caduto.
Comunicato stampa
La mostra Kehinde Wiley: An Archaeology of Silence, a cura di Christophe Leribault, è in collaborazione con la Fondazione Giorgio Cini ed è Evento collaterale della 59a Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia, organizzata dal Musée d’Orsay, Paris e con il supporto della galleria TEMPLON.
In questo nuovo corpus di lavori, Wiley mette in luce la brutalità del passato coloniale, americano e globale, usando il linguaggio figurativo dell’eroe caduto. La mostra includerà una serie di dipinti e sculture monumentali inediti, ampliando il suo corpus di opere DOWN del 2008.
Inizialmente ispirata al dipinto di Holbein Il Cristo morto nella tomba, nonché dipinti e sculture storici di guerrieri caduti e figure nello stato di riposo, Wiley ha creato una serie inquietante di corpi neri inclini, riconcettualizzando le forme pittoriche classiche per creare una versione contemporanea della ritrattistica monumentale, che risuona di violenza, dolore e morte, oltre che di estasi.
Per questo nuovo corpus di lavori, Wiley ha ampliato questi elementi tematici fondamentali per meditare sulla morte
dei giovani neri uccisi in tutto il mondo.
La tecnologia ci permette di essere testimoni di queste atrocità che una volta erano taciute. Wiley afferma: “Questa è l’archeologia che sto portando alla luce: lo spettro della violenza della polizia e del controllo dello stato sui corpi di giovani neri in tutto il mondo”.
Alla luce degli attuali conflitti globali, il linguaggio sulle lotte di potere e sui diritti umani inalienabili è più critico che mai.
I nuovi ritratti mostrano giovani uomini e donne neri in posizioni di vulnerabilità che raccontano una storia di sopravvivenza e resilienza, rivelando la bellezza che può emergere dalla tragedia. Le loro pose sono state mutuate da fonti storiche dell’arte dell’Europa occidentale che fungono da straordinarie elegie, evocando la metafora centrale della giovinezza e della resilienza, e si ergono come monumenti alla resistenza e alla perseveranza di fronte alla ferocia, incorporando una scala che spinge oltre il mero corporeo e nel regno di icone spirituali, di martiri e santi.
La mostra è curata da Christophe Leribault, Presidente del Musée d’Orsay e del Musée de l’Orangerie, che ha precedentemente curato la prima mostra di Wiley in Francia al Petit Palais nel 2016 Kehinde Wiley: Lamentation. Storico dell’arte specializzato nel XIX secolo, Leribault ha un profondo legame con le basi storico-artistiche del lavoro di Wiley.