Kerouac. Beat painting
Il MA*GA di Gallarate ospita una grande mostra dedicata all’attività pittorica e grafica di Jack Kerouac, una delle icone letterarie del XX secolo.
Comunicato stampa
Dipingo solo belle cose. Uso vernici da pareti e colla, uso il pennello e le punte delle dita. In pochi anni potrei diventare un pittore di primo piano. Se lo voglio.
E quando potrò vendere i mie dipinti potrò comperarmi un pianoforte e comporre musica. Perché la vita è una noia
Jack Kerouac, October 10, 1956, Mexico City
INAUGURAZIONE Sabato 2 Dicembre 2017 ore 18.30
Dal 3 dicembre 2017 al 22 aprile 2018, il MA*GA di Gallarate ospita una grande mostra dedicata all’attività pittorica e grafica di Jack Kerouac, una delle icone letterarie del XX secolo.
La rassegna, curata da Sandrina Bandera, Alessandro Castiglioni ed Emma Zanella, è organizzata dal MA*GA con il Comune di Gallarate, con il sostegno di Ricola, Art Heritage Foundation e Fondazione Cariplo e, in collaborazione con il Rivellino LDV, Locarno (CH).
L’esposizione, dal titolo Kerouac. Beat Painting, presenta 80 tra dipinti e disegni, in gran parte esposti per la prima volta in Italia, capaci di gettare una luce del tutto inedita sull’attività artistica del padre della Beat Generation. In particolare, verrà analizzato il suo labirintico processo creativo e le sue relazioni con la tradizione della cultura visiva americana, con gli altri autori del movimento Beat, da Allen Ginsberg a William Borroughs e i maestri della pittura informale e della Scuola di New York che Kerouac iniziò a frequentare dalla seconda metà degli anni cinquanta del secolo scorso.La forza di queste opere risiede soprattutto nell’identità totale che Kerouac seppe condensare tra vita, produzione letteraria e ogni altra espressione creativa come la musica, il canto, la poesia, il cinema.
Sarà un’occasione unica per ammirare le opere di Kerouac, finora esposte in solo alcuni selezionati musei come il Whitney Museum of American Art di New York, il Centre Pompidou di Parigi e lo ZKM di Karlsruhe e rimaste per decenni a Lowell, MA, città natale dello scrittore, all’interno del lascito testamentario gestito dal cognato, John Sampas, e in seguito ceduto ad una serie di collezionisti privati facenti capo al Rivellino LDV, Locarno (CH).Il percorso si articolerà in differenti nuclei in grado di sviluppare riflessioni che intrecciano la vita e la poetica di Kerouac, dai ritratti di personaggi famosi quali Joan Crawford, Truman Capote, Dody Muller o il Cardinal Montini ai riferimenti alla cultura beat, da Robert Frank a William S. Burroughs. La mostra approfondirà inoltre le relazioni tra Kerouac e l’Italia, attraverso una selezione di fotografie scattate da da Ettore Sottsass alla moglie Fernanda Pivano, ad Allen Ginsberg e allo stesso Kerouac il percorso espositivo sarà inoltre arricchito da un progetto inedito di Peter Greenaway dedicato proprio a Kerouac. Una speciale sezione video amplierà gli orizzonti culturali del progetto, con la proiezione dell’intervista di Fernanda Pivano a Jack Kerouac, gentile concessione di Rai Teche e di Pull My Daisy (1964), il cortometraggio (30 min.) sceneggiato da Kerouac, diretto da Robert Frank e Alfred Leslie, e recitato da alcuni protagonisti della Beat Generation, quali Allen Ginsberg e Gregory Corso.
Considerato uno dei fondatori della Beat Generation, Jack Kerouac rappresentò il movimento letterario e artistico che a partire dalla fine degli anni quaranta sconvolse e scandalizzò i valori della società degli Stati Uniti e dell’Europa, dove le sue opere furono diffuse e tradotte quasi immediatamente. Davanti alla borghesia che aveva saputo creare i solidi presupposti del rinnovamento post bellico, egli prefigurò la liberazione culturale e sessuale e un nuovo modello di vita che avrebbe portato, globalmente, la gioventù alla rivoluzione degli anni sessanta. Rigettando gli ideali tecnologici del dopoguerra i Beat e il gruppo di Kerouac, Ginsberg, Owen, Ferlinghetti difesero una nuova etica, quasi tribale, di carattere spontaneista, che poi sarebbe sfociata nel movimento Hippy, nell’opposizione alla guerra del Vietnam e nella ‘tre giorni di pace e musica rock’ di Woodstock.
Oltre alla dimensione espositiva, assume uno specifico rilievo anche una pubblicazione scientifica edita da Skira, che rilegge in modo complessivo l'opera pittorica di Kerouac. Apre il libro un saggio di Sandrina Bandera dedicato alle fonti e le relazioni con la storia dell'arte europea nel percorso di formazione dell'artista. La seconda parte del catalogo è dedicato all'importanza della dimensione del sacro, dalla tradizione cattolica alla cultura buddista nell'opera di Kerouac, principalmente attraverso il contributo critico di Stefania Benini. Seguono poi una serie di saggi dedicati a diversi aspetti della cultura Beat: Franco Buffoni ne affronta la storia e le relazioni con la cultura italiana e la contemporaneità, Viginia Hill affronta le relazioni con la moda anni Sessanta ed Enrico Camporesi parla di cinema e suono. La quarta sezione, introdotta da Francesco Tedeschi, si occupa più specificatamente delle relazioni tra Kerouac e la cultura artistica a New York tra la fine degli anni Cinquanta e l'inizio dei Sessanta: dall'espressionismo astratto al jazz. Completa la pubblicazione una testimonianza di Arnaldo Pomodoro sulla Beat Generation raccolta da Ada Masoero.