Kunstkammer | Mirabilia artificialia
Questa mostra è una collettiva composta in forma di kunstkammer, una camera che raccoglie una
collezione di opere d’arte, tutte diverse e speciali, una raccolta eccentrica di opere rare per bellezza,
storia, significato. Dai primi decenni del Novecento a oggi, nomi storici e artisti contemporanei. Tra
di essi nessuna differenza né gerarchia, solo la loro singola unicità.
Comunicato stampa
Il significato della parola tedesca wunderkammer viene tradotto generalmente come camera, o gabinetto delle meraviglie. Più che di una parola si tratta di una visione, di un significato complesso che può anche essere definito come kunstkammer, cioè camera dell'arte. In cui arte è qualcosa di meraviglioso che afferisce prima di tutto al mondo naturale, poi a quello umano, che del primo è parte consustanziale, manifestazione fenomenologica. Quale artista più grande di colei capace di creare una perla nella fucina di una conchiglia o il pattern del piumaggio di un colibrì. Nell’origine cinquecentesca della definizione di wunder/kunstkammer, che però affonda le sue radici nel Medioevo, si cela anche l’origine dell’idea stessa di collezionista e di museo, privato all’inizio e poi pubblico. Di naturalia e artificialia erano composte le mirabilia che animavano queste camere formidabili, opere d’arte nate dalla natura e dall’uomo. Questa mostra è una collettiva composta in forma di kunstkammer, una camera che raccoglie una collezione di opere d’arte, tutte diverse e speciali, una raccolta eccentrica di opere rare per bellezza, storia, significato. Dai primi decenni del Novecento a oggi, nomi storici e artisti contemporanei. Tra di essi nessuna differenza né gerarchia, solo la loro singola unicità.
Ogni lavoro è un’occasione di incontro, di narrazione. Di condivisione. Più che di una “mostra”, infatti, si tratta di una “collezione” messa insieme per il piacere stesso di farla, prima ancora che di presentarla al pubblico. Lo spirito e l’atteggiamento da cui è nata sono quelli propri del collezionista (in fondo, un gallerista è anche sempre un collezionista, almeno Alessandro Toppino lo è, e quando parli con lui non capisci mai se i quadri li cerchi per sé o per venderli), che cerca e raccoglie per diletto, per rispecchiarsi e comprendersi nell’enigma in divenire e mai didascalico dell’arte, per l’emozione della ricerca, dell’incontro, del possesso, che significa avere a disposizione l’opera, ogni volta nuova per visioni e letture ulteriori, intime. Perché l’arte è viva. Ed essendo vive, le opere, e così le collezioni vere e sentite, non fatte per investimento o status sociale, risulta anche incredibilmente facile allestirle: si dispongono da sole nello spazio, seguendo armonie e disarmonie, antipatie e simpatie, affinità e contrasti. Loro, tra di loro, si conoscono molto bene, e non accettano imposizioni, pena il divenire spente e mute.
In questa idea di camera delle meraviglie -che si coagula in una famiglia legata per istinto, ispirazione ed empatia tra collezionista e opere-, ogni suo elemento costitutivo rappresenta un vero personaggio con la sua identità. Ciascuno una storia, una memoria, una voce, un corpo. Ciascuno testimone e scrigno. Entità che si attivano al contatto con lo sguardo, i sensi, il pensiero dell’osservatore. E in questo viene difficile dire, e credere, che siano oggetti inanimati. Si potrebbe citare Francis Ponge e il suo “Partito preso delle cose” (1942), una raccolta di poesie dedicata a una quotidianità oggettuale apparentemente inanimata. Eppure quanti segreti e rivelazioni ed emozioni nei suoi oggetti rivelati, le conchiglie, le more, i kaki, la candela, il pane… Certo, bisogna saper guardare, e stare in ascolto. A ciascuno, loro, raccontano la stessa storia ma sempre un po’ diversa, perché ciascuno, di quelli con cui entrano in relazione, è diverso e la ascolta, la interpreta, la integra a modo suo. “Il miglior partito è di considerare ogni cosa del tutto sconosciuta, e di passeggiare o di sdraiarsi nel sottobosco o sull’erba, e di riprendere tutto dall’inizio”. Parole di Ponge che costituiscono il metodo di fruizione della nostra Kunstkammer, che non ha indicazioni critiche o tecniche, né museografiche o di mercato, ma solo invita all’incontro con le opere senza altri strumenti che la curiosità e la capacità di lasciarsi meravigliare”.
Artisti esposti: Maura Banfo, Fritz Baumgartner, Vasco Bendini, Laura Castagno, Sandro De Alexandris, Nicolaj Diulgheroff, Marco Gastini, Alessandro Gioiello, Bice Lazzari, Arrigo Lora Totino, Luigi Mainolfi, Gian Luigi Mattia, Leonardo Mosso, Cristiana Palandri, Adriano Parisot, Enrico Paulucci, Simone Pellegrini, Achille Perilli, Guido Persico, Claire Robert, Piero Ruggeri, Piero Simondo, Mario Surbone, Luigi Veronesi.