La collezione. Oggetti d’arte e d’artigianato

Informazioni Evento

Luogo
CENTRO POLIVALENTE GIANNI ISOLA
Piazza Giacomo Matteotti 4, Imola, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

martedì e giovedì: 10-12 e 16-19 mercoledì e venerdì: 16-19 sabato e domenica: 10-12 e 16-19

Vernissage
04/12/2015

ore 18

Contatti
Email: segreteria@fondazionecrimola.it
Sito web: http://www.mostrefondazioneimola.it
Biglietti

ingresso libero

Patrocini

Regione Emilia-Romagna,
Soprintendenza ai beni artistici della provincia di Bologna,
Istituto dei Beni Culturali dell’Emilia Romagna,
Comune di Imola,
Acri.

Generi
arti decorative e industriali

La Fondazione della Cassa dei Risparmi di Imola, per la prima volta, apre le porte dei suoi tesori e riflette sull’opera d’arte.

Comunicato stampa

Dalla quadreria all’antiquariato, dalla ceramica alla scultura, dall’oggettistica alle scarpe: da Innocenzo da Imola a Bertozzi & Casoni. La Fondazione della Cassa dei Risparmi di Imola, per la prima volta, apre le porte dei suoi tesori e riflette sull’opera d’arte: tra pittura, scultura, arte della calzatura, moda, ceramica, manoscritti, arredamento, artigianato. Sarà Philippe Daverio a inaugurare questo “percorso di conoscenza” che svela l’identità di grandi artisti accomunati da una forte relazione col medesimo territorio emiliano-romagnolo dal XV secolo ad oggi.

Dopo il grande successo di pubblico registrato con la mostra “Arte dal Vero” la città di Imola si prepara a un grande evento, alla visione di un tesoro destinato a essere condiviso con il grande pubblico. La Fondazione della Cassa dei Risparmi, infatti, apre le porte delle collezioni di arte e di artigianato che per la prima volta sono messe in mostra.
La mostra: "La Collezione. Oggetti d'arte e d'artigianato della Fondazione Cassa di Risparmio di Imola" che sarà inaugurata dal critico d’arte Philippe Daverio il 4 dicembre 2015, rimane aperta fino al 7 febbraio 2016, a Palazzo Sersanti negli spazi espositivi del Centro Polivalente Gianni Isola.
Le opere selezionate svelano un denso percorso che segue le tracce di artisti e artigiani di grande talento vicini per diverse motivazioni a Imola e alla Romagna, rivelando le migliori energie del territorio, i protagonisti di un sapere artistico capace di dialogare grazie alle loro opere con la realtà della cultura nazionale, le sue sollecitazioni, le sue esperienze evocative. Una mostra che, nella sua eterogeneità, ha il valore di mantenere viva l’attenzione rispetto al recupero e alla valorizzazione della memoria nel rispetto di quell’impegno della Fondazione a ricoprire un ruolo fondamentale di salvaguardia di ogni testimonianza storica e artistica della terra imolese.
L’eclettica collezione della Fondazione fa riflettere, poi, sull’ordinaria considerazione dell’arte e della bellezza dimostrando il valore dell’arte quando si fonde con l’artigianato, la moda, le abilità presentando dipinti, oggetti, sculture, stampe, arredi, fotografie, monete, libri, manoscritti e archivi che costituiscono non solo un “corpus artistico” di alto valore e pregio ma un peculiare e variegato insieme che restituisce l’identità di un territorio dalla vocazione artistica e talentuosa.

Della Quadreria - che conta circa 350 dipinti la maggior parte dei quali riferibili al Fondo Margotti, sono stati selezionati circa 35 eccellenti opere che vanno ad allestire la prima sala.
In mostra, tra gli altri, troviamo una bella tavola di Innocenzo da Imola, il Matrimonio mistico di Santa Caterina da collocarsi all’inizio del secondo quarto del secolo XVI, quando Innocenzo riesce a fondere influenze bolognesi e ricordi fiorentini. I quadri di Innocenzo erano particolarmente richiesti nelle settecentesche collezioni europee. Figlio dell’orafo Pietro, sappiamo Innocenzo nel 1508 a Bologna; lo troviamo l’anno successivo a Firenze, verosimilmente nella bottega di Mariotto Albertinelli, come suggerisce Giorgio Vasari. La sua produzione influenza un altro pittore imolese, attivo anche in Romagna, Gaspare Sacchi, del quale vediamo la giovanile Madonna con il Bambino in trono e i Santi Caterina, Giovanni Battista, Sebastiano, Alberto, Girolamo, Giorgio e Pietro Martire, un angelo musicante ai piedi del trono.
In mostra anche la Madonna dell’Umiltà con il Bambino benedicente che grazie alle indagini conoscitive di Federico Zeri, che considerava l’autore una personalità di primo piano nel periodo tardo gotico dell’Emilia orientale e della Ferrara quattrocentesca, possiamo avvicinarla al Maestro del Trittico. Il Maestro per alcuni studiosi è identificabile in Antonio di Cristoforo Orsini per altri nel Maestro G.Z. da identificarsi con Michele di Jacopo dei Carri.
La collezione della Fondazione riunisce poi il maggior numero di opere del romano Gian Domenico Valentini del quale sono in mostra quattro oli su tela che raccontano la capacità dell’artista di fondere influenze nordiche con pastosità romane e verità emiliana. Potremmo definirlo il “pittore della maiolica e della ceramica”, sempre protagoniste nella realtà dei suoi quadri, fatta di cucine, spezierie, laboratori di alchimisti, farmacie, diventando strumento d’indagine e di conoscenza. Legata al mito è l’allegoria in mostra del cesenate Francesco Andreini; la sua pittura si distingue per l'uso di luci e ombre in forte contrasto che definiscono in modo netto i volumi dei personaggi. Proseguendo nell’esame delle opere in mostra, di Angelo Gottarelli vediamo Giuditta che mostra la testa di Oloferne. Il pittore di Castel Bolognese, abbandonato l’abito talare, si forma a Imola nella bottega di Andrea Valeriani per entrare quindi a Bologna all’Accademia Clementina e seguire dal 1763 al 1765 i corsi di Vittorio Maria Bigari. Fu abile collaboratore di Alessandro Dalla Nave di cui in mostra sono i disegni a inchiostro su carta.
Di Ubaldo Gandolfi, allievo di Felice Torelli e direttore dell’Accademia Clementina nel 1761, spicca il foglio autografo, XVII sec., di Ubaldo Gandolfi: la Figura seduta con turbante. Di Amleto Montevecchi in mostra un corpus di disegni tra cui opere pregevoli quali: Nudo femminile, I Soldati e Fuga in Egitto.
Il secolo XX spinge gli artisti imolesi a partecipare alle avanguardie, lo dimostra Mario Guido Dal Monte che nel 1928 apre ad Imola una Casa d’Arte Futurista di cui in mostra due pitture a olio. Altri partecipano alle Biennali veneziane: Germano Sartelli con le sue sculture è l’esempio più illustre. Importanti interpreti della tradizione ceramica in mostra sono stati nel secolo scorso e sono tuttora Bertozzi & Casoni che espongono sculture: la Raccolta di Palle di Natale colorate e il Vaso di Fiori.
Dei 285 pezzi che costituiscono il fondo Ceramiche e Maioliche, la selezione che è in mostra riguarda anche l’importante serie di maioliche imolesi del Settecento, accanto a un notevole corpus di 40 maioliche realizzate dal maestro Angelo Biancini, fino ai vasi da farmacia firmati dalla Manifattura Ferniani dell’inizio del XIX sec. Delle Sculture raccolte in questi anni oltre alle opere di Domenico Minganti l’attenzione va a pregiati pezzi come l’antica Madonna con Bambino in avorio e L’Angelo reggi candelabro attribuita a Francesco di Domenico Valdambrino.
Più organica la collezione Numismatica che conta 271 pregevoli pezzi antichi medievali e moderni, di cui 40 in mostra come la moneta d'argento etrusca della zecca di Populonia e la moneta da quattro dracme di Alessandro Magno coniata dal sovrano macedone presso la zecca di Biblo.
Fra le miniature meritano di essere ricordate il Ritratto di giovanetto e il Ritratto di Paolina Borghese mentre per la fotografia sono in mostra le opere di Gian Franco Fontana. Il fotografo ed editore imolese oltre a possedere albumine ottocentesche, negativi, lastre, pellicole, dagherrotipi, stampe, ha prediletto fotografare Imola in tutti gli angoli meno conosciuti, ma sistematicamente vissuti dai suoi concittadini.
Fra le Pubblicazioni e Manoscritti di grande rilevanza è il Fondo del Monte di Pietà, sessantaquattro serie manoscritte ove spicca il Libro Campione del Monte, El Campione, che conserva l’atto di fondazione del Monte imolese nel 1512, e il Fondo Anarchico Fabbri fondo di libri anarchici.
Il percorso continua con opere eccezionali tra cui le tre antiche campane. Importanti dinastie di campanari si sono succedute con successo sino al XIX secolo tra cui Magister Toscolus che ha praticato da protagonista eccellente questa tradizione sin dagli inizi del 1300.
La Fondazione ha sempre agito per conservare la memoria delle botteghe artigiane, acquistando i loro archivi. Come nel caso del liutaio di fama internazionale Primo Contavalli e della sua bottega. In mostra il violino che ebbe grande fama soprattutto in Giappone.
O come quello di Renato Manzoni, il “ciabattino” come amava definire se stesso, che merita un capitolo a parte. La Collezione Manzoni conta 751 scarpe, vere e proprie opere d’arte costruite per attrici e personaggi celebri, si può considerare antesignana del made in Italy.