La commedia dell’arte
Quattro mostre per il Premio Pio Alferano 2024.
Comunicato stampa
Castellabate è uno dei borghi più belli d'Italia, famoso per essere stato il set cinematografico del famoso film Benvenuti al Sud è da sempre la sede delle attività culturali della Fondazione Pio Alferano e Virginia Ippolito.
Anche quest’anno la Fondazione, che promuove il Premio Pio Alferano dedicato a grandi nomi dell'arte e della cultura italiana, organizza una serie di mostre negli spazi espositivi del Castello dell'Abate con il titolo comune La commedia dell’arte, ricavato dal nome della serie a cui appartiene il prezioso arazzo esposto nell’occasione.
Con questo titolo s’intende esprimere la convinzione che i differenti modi di concepire l’arte e di metterla in pratica abbiano comunque l’obbligo di riconoscersi in un’aderenza alla vita in tutti i suoi aspetti, dai più frivoli ai più seri, dai più distensivi ai più inquietanti, stabilendo con essa una piena continuità in cui riflessioni, motivazioni e propositi condividano degli stessi obiettivi di massima.
Le mostre, allestite dagli specialisti di Contemplazioni, si avvalgono di opere di indiscutibile qualità di artisti contemporanei, Agostino Arrivabene, Enrico Robusti e Antonella Cappuccio, curate rispettivamente da Sara Pallavicini, Rebecca Delmenico e Fabio Canessa, e di una scelta di opere della collezione Parenza Angeli, a cura di Massimo Pirondini, con il prezioso contributo di Francesco Petrucci, Conservatore del Palazzo Chigi di Ariccia.
AGOSTINO ARRIVABENE
a cura di Sara Pallavicini
Abilissimo nel far rivivere, con capacità quasi medianiche, il gusto più spettrale del primo Romanticismo all’interno del quale riserva un ossequio tutto speciale al visionarismo misticheggiante di William Blake, Arrivabene attraversa le mitografie del demoniaco - fra di esse anche un doppio caprone tridimensionale a corpo unico, per la gente di Castellabate probabile evocazione di leggende legate a San Costabile - lungo un crinale continuo fra passato e presente sulle ali di un fascino antico, quello dell’orrido, che non smette di suggestionarlo. Una pittura sulfurea e ansiogena, la sua, condizionata da un pessimismo cosmico che però concede spazio anche alla redenzione, quando nell’elevazione dello spirito l’uomo riesce a scorgere la ragione del proprio riscatto esistenziale.