La costruzione di una cosmologia – vol. 1 #1
Inizia con Alfredo Pirri e Giuseppe Stampone il ciclo di conversazioni pubbliche che rappresentano il vol.1 del progetto «La costruzione di una cosmologia».
Comunicato stampa
Inizia con Alfredo Pirri e Giuseppe Stampone il ciclo di conversazioni pubbliche che rappresentano il vol.1 del progetto «La costruzione di una cosmologia».
Il tema dell’intero ciclo che si svilupperà a Napoli fra giugno e novembre 2013 avrà come fuoco centrale il ruolo dell’artista nella società.
Ad inaugurare una delle cinque differenti prospettive attraverso cui verrà discusso il tema principale sarà una discussione sul concetto di politica.
Qual è la relazione tra l’arte e la politica, e ancora più radicalmente è possibile considerare l’azione dell’artista come un’azione politica di per sé.
Politica, nello specifico, è la stessa decisione di sanare una frattura nel tessuto culturale della polis ritessendo le trame del confronto fra due differenti generazioni di artisti.
Alfredo Pirri e Giuseppe Stampone possono sembrare due figure apparentemente differenti per estetica e temperamento. Eppure comune è la tensione alla ricerca di un dialogo critico con la società che sconfina, talvolta, il perimetro dell’opera oggettuale diventando meta-progetto quasi inscindibile con il loro stesso ruolo all’interno della propria comunità.
Nella Roma semi-addormentata di questo ultimo decennio, il ricordo che ho di Alfredo Pirri è quello di un vegliante. Qualcuno che si è fatto sempre trovare accanto al letto di una generazione artistica nata narcolettica suo malgrado. Nei momenti di risveglio, Pirri ha assunto un ruolo di riferimento basato su tre qualità: la costanza nel mettere a disposizione le proprie energie, la capacità di dimostrare che l’artista può esprimersi col pensiero in modo altrettanto alto che con le opere (stimolando la nostalgia per una figura di artista capace di uscire dallo studio e di invadere i campi della riflessione politica e filosofica), e, infine, con la lezione secondo cui la cui complessità di un’opera d’arte si rivela tanto più essenziale diventa il segno, fino alla sua completa sparizione in una presenza-parvenza.
Giuseppe Stampone lo conosco, invece, dalla sua prima mostra, in cui era già presente tutto il portato del lavoro successivo, divenuto via via più lancinante, più ironico, più acuminato. L’idea stessa di rinegoziare la definizione verbale di un’immagine apparentemente scontata, significa ridiscutere questo tempo-spazio dalle fondamenta. Entrare nello scarto linguistico di un dopo-terremoto esistenziale significa aggiornare il sistema di riferimenti attraverso cui ognuno di noi costruisce la propria idea di realtà, in un’opera di costante aggiornamento della coscienza collettiva. (Gian Maria Tosatti)