La costruzione di una cosmologia – vol. 1 #6

Informazioni Evento

Luogo
FONDAZIONE MORRA - MUSEO NITSCH
Vico Lungo Pontecorvo, 29/d 80135 , Napoli, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Il
Vernissage
07/12/2013

ore 18,30

Artisti
Jannis Kounellis
Curatori
Gian Maria Tosatti
Generi
incontro - conferenza

Ultimo appuntamento del ciclo di conversazioni pubbliche tra artisti, che rappresenta il vol.1 del progetto «La costruzione di una cosmologia», mentre a Roma è già partito il vol. 2.

Comunicato stampa

La costruzione di una cosmologia - vol. 1
Il ruolo sociale dell’artista.

Jannis Kounellis – Gian Maria Tosatti

«identità»

Sabato 7 dicembre – ore 18.30
Napoli, Museo Hermann Nitsch – vico lungo Pontecorvo 29/d

Ultimo appuntamento del ciclo di conversazioni pubbliche tra artisti, che rappresenta il vol.1 del progetto «La costruzione di una cosmologia», mentre a Roma è già partito il vol. 2.
Il tema dell’intero ciclo napoletano, svoltosi fra giugno e dicembre 2013, ha avuto come fuoco centrale il ruolo dell’artista nella società e la prospettiva attraverso cui viene discusso in questa occasione partirà dal concetto di identità.
Chi è l’artista? Cosa rappresenta in una società? Qual è la sua identità specifica all’interno di un’identità collettiva sociale e culturale? Sono queste domande essenziali. Ma nel dargli risposta, probabilmente arriveremmo a definire l’artista come qualcuno che è il custode stesso dell’identità della comunità a cui appartiene. E’ colui che è in grado di svelarla, di mostrarla a chi ne ha bisogno, a chi cerca di decodificare il grande disegno in cui è inserito.
Jannis Kounellis e Gian Maria Tosatti sono artisti diversi e simili al contempo. Tra loro c’è più di una generazione di distanza, ma la necessità di restituire con segni minimi l’identità dell’uomo nella sua universalità si carica di un’identica tensione. E pur sembrando un paradosso parlare di “segni minimi” nel lavoro di due artisti che hanno fatto della monumentalità delle opere un elemento importante nella loro poetica, in entrambi, la grandezza degli ambienti, l’accumulazione della materia, serve sempre da amplificatore di un piccolo segno umano, una traccia di passaggio, di pensiero che impalpabilmente si è depositato su una superficie. Gli armadi, i tavoli, i letti accumulati fino a diventare enormi volumi scultorei in Kounellis, sono sempre portatori, in primo luogo di un rimando all’individuo che ha attraversato le mille ante, si è addormentato sui mille piani consumati, ha sformato le mille brande con la sua resa. L’uomo in Kounellis è quasi sempre assente, ma è presentissimo per correlativo oggettivo, è lì col peso della sua limitatezza o con la levità della sua immensa capacità di sognare. Allo stesso modo ogni ambiente costruito da Tosatti è una verifica, l’uomo è assente finché non si capisce che è il visitatore stesso a dover colmare quell’assenza, che è egli stesso ad aver già abitato quel luogo in cui crede di essere entrato per la prima volta. Sue sono le sigarette spente nel posacenere, sue le medicine nel barattolo e sua l’immagine che si moltiplica nei frantumi dello specchio in terra.

Presento ogni volta i due artisti che si confrontano accennando ad un ricordo preciso che ho di loro. Di Kounellis dirò che è per me come Harold Pinter, come Solzenicyn, un artista capace di parlare del grado zero dell’essere umano. Per parlare di identità non avrei potuto invitare che lui. La sua opera è ciò che per me definisce il concetto stesso di monumento, ossia una forma assoluta in cui ognuno può riconoscere le radici della propria essenza sentendole tremare per esposizione al loro doppio artistico.
Di me dirò soltanto che un giorno una ballerina di tango mi regalò un grande catalogo di Jannis Kounellis. Avevo 26 anni e iniziavo a fare l’artista. Anzi, facevo le prime installazioni senza sapere se fosse arte o chissà cos’altro. Il libro era quello della mostra al Madre di Napoli e io, sfogliandolo, ho imparato cosa cercavo fare. Sette anni dopo, a Napoli, dove ho un progetto sostenuto - oltre che dalla Fondazione Morra - anche dal Madre, il dialogo immaginario di allora diventa reale, una specie di appuntamento mai preso a cui comunque ci presentiamo puntuali.

Gian Maria Tosatti