La Divina Marchesa
Venezia rievoca la figura e il mito della donna che affascinò d’Annunzio e con le sue follie divenne la musa dei più grandi artisti del tempo da Boldini a Bakst, da Marinetti a Balla, da Man Ray ad Alberto Martini, da Van Dongen a Romaine Brooks.
Comunicato stampa
Venezia rievoca la figura e il mito della donna che affascinò d’Annunzio e con le sue follie divenne la musa dei più grandi artisti del tempo da Boldini a Bakst, da Marinetti a Balla, da Man Ray ad Alberto Martini, da Van Dongen a Romain e Brooks.
Palazzo Fortuny a Venezia, uno dei “luoghi” più amati dalla Divina Marchesa, sarà la sede della prima straordinaria mostra interamente dedicata a Luisa Casati Stampa, la donna che a inizio Novecento, con il trucco esagerato, le trasgressive ed eccentriche performance e una vita sopra le righe, fu capace di trasformare se stessa in opera d’arte, leggenda vivente, conturbante e sorprendente rappresentazione di modernità e avanguardia.
L’esposizione, ideata da Daniela Ferretti, curata da Fabio Benzi e Gioia Mori, è coprodotta dalla Fondazione Musei Civici di Venezia e da 24ORE Cultura - Gruppo 24 Ore, conta oltre un centinaio opere tra dipinti, disegni, gioielli, sculture, fotografie e abiti provenienti da collezioni private e da musei internazionali.
Della straordinaria collezione di opere d’arte e di ritratti che le furono dedicati o da lei commissionati, in mostra saranno esposti pezzi provenienti da collezioni private, come la testa di ceramica policroma opera di Renato Bertelli, La Marchesa Casati di Romain e Brooks e la scultura di Paolo Troubetzkoy Ritratto della marchesa Casati con un levriero.
Si affiancano poi capolavori assoluti provenienti da musei di tutto il mondo come Ritratto della marchesa Casati di Giovanni Boldini della GNAM di Roma, Marchesa Casati di Augustus Edwin John dell’Art Gallery of Ontario, i molti ritratti che le dedicò Alberto Martini, Linee di forza di paesaggio maiolicato di Giacomo Balla e i gioielli di Cartier a lei ispirati.
Da segnalare anche le molte fotografie che ritraggono Luisa Casati Stampa: dagli scatti di Adolphe Gayne de Meyer, Man Ray e Mariano Fortuny, a quelli rubati, quando viveva in miseria a Londra, di Cecil Beaton.
Il percorso della mostra, attraverso continui rimandi, ricostruisce le relazioni sociali e artistiche che attraversarono la vita di Luisa Casati Stampa: dalla gabbia dorata dell’alta società all’incontro con Gabriele d’Annunzio - che la cambiò per sempre e che divenne un legame d’amore e amicizia che durò tutta la vita - dalle stravaganze ai travestimenti,alla pratica dell’occulto per arrivare al periodo “futurista” in cui incontra Filippo Tommaso Marinetti e sposa la causa del movimento artistico, promuovendone gli artisti e collezionando le loro opere, per concludersi con la rovina economica e l’esilio nella capitale britannica dove muore nel luglio 1957.
Tre piani di Palazzo Fortuny “immergeranno” il visitatore nell’atmosfera in cui visse la Divina Marchesa che, per mezzo secolo, fu una leggenda vivente, una dark lady, un’importante collezionista d’arte e mecenate, musa di simbolisti, fauves, futuristi e surrealisti: un mito che ispira ancora oggi gli artisti e le grandi maison dell’alta moda.
La Divina Marchesa
Arte e vita di Luisa Casati tra Simbolismo e Futurismo
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Luisa Casati Stampa
Note biografiche
La milanese Luisa Amman (1881 – 1957), ricchissima ereditiera di un industriale del cotone, divenne marchesa Casati nel 1900, quando sposò Camillo Casati Stampa. Abbandonò però presto l’esistenza di tranquilla nobildonna divenendo nel 1903 amante di Gabriele d’Annunzio, conosciuto in una mondana caccia alla volpe. Corè (regina degli inferi), come la soprannominò il Vate, fu l’unica che riuscì a suscitare il suo stupore, e a lei dedicò diverse opere, da Forse che sì, forse che no a La figure de cire. In una vorticosa esistenza condotta tra Parigi, Saint-Moritz, Roma e Venezia, Luisa Casati visse le avventure artistiche più à la page, frequentando la snobistica cerchia di Robert de Montesquiou, il mondo esotico dei Ballets russes di Diaghilev e Bakst, l’avanguardia futurista di Marinetti.
Non solo d’Annunzio la evocò nelle sue pagine, ma diversi sono gli scrittori dell’epoca che la raccontarono: Montesquiou le dedicò tre sonetti talmente irriverenti da rimanere celati fra le sue carte, Marinetti ne parla in un testo del 1918, L’alcova d’acciaio, Michel Georges-Michel nel romanzo Dans la fête de Venise, del 1923.
Non fu solo bizzarra ed eccessiva, spettacolare e trasformista, megalomane e narcisista: gli inediti studi pubblicati nel catalogo della mostra le restituiscono una dimensione più consapevolmente “artistica”, rintracciando la sua attività di collezionista, e restituendo alle sue azioni e ai suoi mascheramenti una dimensione estetica che la rende un’antesignana dell’arte performativa e della body art. Trasformò infatti il suo volto in un’icona impressionante di belle dame sans merçi, disegnato da profonde ombre nere, con le pupille dilatate e rese lucenti dalla belladonna, le labbra dipinte di rosso scarlatto, i capelli tinti di rosso.
Dilapidò la sua immensa fortuna in feste spettacolari raccontate sulle riviste di tutto il mondo, in case allestite come musei, in opere d’arte e costumi.
Emigrò nei primi anni Trenta a Londra: impossibile rimanere in Francia, dove era perseguita per debiti, o tornare in Italia, dove la sua condotta scandalizzò il Regime. A Londra morì, povera e con pochi amici, nel 1957.