La luce come scrittura
La grande fotografia torna a Busto, in attesa del 4° Festival Fotografico Italiano.
Comunicato stampa
L’Archivio Fotografico Italiano con il patrocinio dell’Amministrazione comunale di Busto Arsizio – VA e dell’Assessorato al Turismo e Cultura della Provincia di Varese, organizza nelle prestigiose sale di Palazzo Marliani-Cicogna di Busto Arsizio, la rassegna fotografica dal titolo: La Luce come scrittura – La fotografia tra ricerca, memoria, editoria, narrazione.
Una iniziativa che fa seguito al più ampio progetto del Festival Fotografico Italiano, pensata per offrire un continuum culturale dedicato alla fotografia d’autore.
L’Afi nasce nel 2006 principalmente per progettare ricerche e custodire opere altrimenti disseminate e perdute, ma anche con la finalità di divenire luogo di collezione, conservazione, valorizzazione e fruizione di raccolte fotografiche, riconosciute dalla legislazione come “bene culturale”.
Il fondo fotografico, composto di immagini provenienti da donazioni, lasciti, acquisizioni e da campagne fotografiche mirate, ha come intento quello di ricomporre una visione d’insieme della cultura, della storia, della sfera sociale e del paesaggio del nostro paese, e non solo, riservando uno spazio considerevole anche alle ricerche creative e personali dei singoli autori.
Tra le finalità prevalenti dell’Archivio, vi è quella di offrire visibilità ai giovani fotografi emergenti e ai talenti italiani meno noti, ma di riconosciuta inventiva, da valorizzare attraverso concrete collaborazioni, senza omettere gli autori più conosciuti, creando così una collezione di pregio dedicata alla fotografia contemporanea italiana, oltre che a quella storica, evidentemente più legata al territorio in cui operiamo.
Ad oggi, molti i progetti tradotti in realtà, e altri più complessi sono in fase di sviluppo. L’avvio di una collana editoriale, ha consentito all’AFI di proporsi anche al di fuori dei confini nazionali, principalmente ad Arles (Francia), in concomitanza con i prestigiosi Rencontres de la Photographie, presente da 8 anni con mostre e libri, ma anche in altri Paesi.
L’Afi ha al suo attivo una serie di pubblicazioni di pregio, distribuite a livello nazionale e in alcuni paesi stranieri.
LUCA CAPUANO
Il Paesaggio deScritto
Siti italiani del patrimonio UNESCO (libro in mostra)
Ph Luca Capuano
L’Associazione Città e Siti Italiani Patrimonio Mondiale Unesco, nata nel 1997, ha commissionato a un unico autore un grande progetto di documentazione di questi luoghi, in una riproposizione in chiave contemporanea del Grand Tour.
Luca Capuano, fotografo di architettura, indagatore dell'attuale, rigoroso nelle prospettive e nella ricerca sugli spazi, ha svolto questa indagine particolare, a metà tra la necessità di una filologia di un Patrimonio e il rapporto espressivo che esso oggi ha con il presente.
Lo sguardo dell’autore si è adattato ai diversi ambienti, in un processo di scoperta dei luoghi su cui si sovrappone la sua poetica personale, determinata da scelte estetiche ben precise.
Scrive l’autore nell’introduzione al libro: Senza la sovrapposizione di ostacoli visivi, delle segnaletiche, della spesso ingombrante presenza del turismo e del traffico, ho cercato di restituire delle immagini puramente evocative, in grado di stabilire un rapporto possibilmente autentico con l’osservatore. Con uno sguardo selettivo, ho scelto di eliminare i segni eccessivi del contemporaneo e ho fotografato quel che rimaneva, a volte, soltanto viste laterali, dettagli, spazi interstiziali(…)La presenza umana è quasi scomparsa dalle mie immagini(…) La figura umana è invece presente nelle opere d’arte, è in questo modo integrata all’ambiente e rivela una condizione di ‘naturalità’ dell’esistere e dell’essere visti in uno spazio….
Questo monumentale progetto fotografico è divenuto un libro, che raccoglie circa 500 fotografie, e una mostra presentata in diverse parti del mondo.
La più imponente indagine fotografica sui 44 siti che costituiscono il Patrimonio Mondiale dell’UNESCO in Italia mai realizzata prima d’ora. Una ricerca che nasce, da un lato, dalla necessità di produrre una documentazione accurata sullo stato dell’arte dei luoghi UNESCO in Italia e, dall’altro, dalla volontà di proporre al pubblico una visione complessiva dello straordinario paesaggio che abbiamo la responsabilità di preservare.
Realizzato in collaborazione con il Ministero per i Beni Artistici e Culturali e l'Associazione Città e Siti Italiani Patrimonio Mondiale UNESCO.
Scrive Pier Francesco Frillici:
“Questa perlustrazione dello spazio, lungi dall'imitare il cinema, produce però un effetto “cinetico”: nel senso che allinea una serie di punti di vista consecutivi “trovati” durante uno spostamento. Molto riuscito, in questo senso, l'itinerario intravisto ad Alberobello, con la strada che si snoda fra le abitazioni in muratura. Oppure il paesaggio “di passaggi” ad Agrigento, il “tempio” del Grand Tour, nel quale i luoghi delle rovine non vanno solo contemplati, ma pure attraversati come le soglie di un sentiero non tracciato sulle carte. Si avverte ad ogni incontro con le immagini quanto l'impulso a spostarsi possa diventare inarrestabile. Permane una sensazione di instabilità, magari sotto traccia. Se provassimo a leggere una sola inquadratura alla volta, estraendola dalla continuità della scrittura, noteremmo che quasi mai resta ancorata al contesto in cui si situa. Pur trattandosi di monumenti storici, molto famosi, ad alta riconoscibilità pubblica, gli elementi interni alla singola immagine vengono sempre scelti e organizzati in modo tale da apparire autonomi da tutto il resto.
Nel paesaggio visto da Capuano è come se lo scatto riuscisse a infliggere alla scena conosciuta, e scimmiottata in decenni di souvenir turistici, un colpo di arma da taglio. Cesure certo, che però, a ben guardare, preservano tratti di congiunzione, coerenza e regolarità. …..Il doppio gioco di soste e scivolamenti, di fissazioni e spinte verso il fondo non abbandona mai lo spettatore. In altri casi, la dinamica fra attrazione e repulsione si comprime, implodendo in se stessa, ma mantenendo certi scarti dimensionali, per permettere a chi guarda di avvertire una distanza fra i vari piani, un fulcro per l'attenzione. I dislivelli così si sovrappongono e, come insegnavano le vecchie teorie gestaltiche, ci fanno afferrare la profondità mediante una percezione psicologica. Senza tema di smentita, provate a cimentarvi con le destrutturazioni dello spazio nella Basilica Patriarcale di Aquileia, o con i martellanti, quasi ipnotici, rimbalzi dello sguardo fra le colonne romane di Villa Adriana! La visione per Capuano è tutto, la veduta poco più di niente….L'autore, lì e in altre situazioni, per non inciampare nei rischi più ingenui, si assicura di cancellare il superfluo dalla topografia con una tattica “igienica” che ricorda il Monti urbanista. Quella che a volte diventa una forzata irriconoscibilità dei luoghi, trasfigura le forme in superfici dissestate e frammiste di sole, altalene di luci, di ombre e di colori. Nei paesaggi di Capuano violare la sequenza vorrebbe dire fraintenderne la scrittura. Nulla è a se stante. Tutto si integra in una superficie composita, fatta di tanti tasselli perfettamente incastrati. I graffiti della Valle Camonica o il ciclo superstite di affreschi pompeiani non possono considerarsi reperti strappati, ma intrecci di fili senza soluzione di continuità dallo sviluppo dei piani in cui sono inseriti……In questo equilibrio paradossale tra le relazioni e le articolazioni lo sguardo scivola via senza sosta. Ma non è certo una corsa accelerata, poiché le alterazioni del ritmo tra un sito e un altro contiguo sono minime e quasi impercettibili; presentano, diciamo, una scansione molto cadenzata e riposante, che però non tollera pause troppo lunghe. Si sente, da lontano, l'eco dei primi tempi di Lewis Baltz. In conclusione, chiamare questo libro un racconto, come spesso impropriamente si fa con la fotografia, dovrebbe presumere salti molto più arditi, soprattutto metaforici. A volte l'autore immette nei suoi luoghi ospiti visivi inattesi, sorprese brucianti, come certe inquadrature aliene da un prima e un dopo, oppure vecchie fotografie recuperate e a prima vista incongruenti. Ma sono tutte micro-variazioni che non contraddicono la coerenza rituale. Preferisco, quindi, l'idea più libera e spontanea di “percorso della visione” e non già di narrazione, troppo finalizzata a programmare, a prefigurare gli esiti sia nella realtà che nell'immaginazione del lettore. Se poi lo sguardo a volte inciampa, oppure, lungo il cammino, prende scorciatoie impreviste che fanno perdere la bussola, niente paura! La strada è ancora lì, davanti ai nostri passi. La vita, come dice Kafka, “è una perpetua distrazione, che non lascia il tempo di prendere coscienza di ciò da cui distrae”, ma i suoi sbandamenti si fissano nella memoria con inchiostro indelebile”
Luca Capuano, nato a Bologna nel 1974, dove vive e lavora, è fotografo professionista, specializzato nella fotografia di architettura ed operatore nel campo dell’arte.
Ha realizzato numerosi progetti di documentazione e di analisi interpretativa dell'architettura storica e contemporanea per aziende private, architetti, case editrici, musei, fondazioni ed enti pubblici. Le sue immagini sono pubblicate sulle maggiori riviste nazionali e internazionali di settore. Si è confrontato, su committenza di case editrici e riviste di settore, con le opere dei più grandi architetti internazionali e con le opere dei maestri del design. Al suo attivo molti lavori di documentazione del patrimonio storico, artistico e culturale italiano su committenza di case editrici e istituzioni pubbliche e private. Le sue ricerche sullo spazio lo hanno portato a confrontarsi con una committenza non solo legata al mondo dell’architettura e del design ma anche al settore pubblicitario.
E’ presente nel mondo dell’arte grazie a lavori di ricerca e rappresentazione del territorio esposti in diverse gallerie private, musei d’arte contemporanea, fondazioni private, case editrici, istituti di cultura all’astero e ambasciate italiane.
Insegna “Fotografia” all’Isia di Urbino nel Triennio di Grafica e Comunicazione e nel 2° anno del Biennio specialistico di Fotografia, insegna “Fotografia di architettura” allo IED di Roma, “Storia e linguaggio della fotografia” allo Spazio Labò di Bologna, tiene work-shop e laboratori in collaborazione con istituzioni e associazioni culturali.
Ha esposto in prestigiosi spazi a livello internazionale.
CARLO BEVILACQUA
Into the Silence – Eremiti del terzo millennio
Ph Carlo Bevilacqua
Into The Silence é un progetto fotografico, iniziato quasi cinque anni fa nell’isola di Filicudi in seguito ad un incontro con un tedesco,ex capitano di navi da crociera di lusso , che viveva e vive tutt’ora da quarant’anni senza essere di peso alla natura, in una grotta di quella che lui chiama la Paradisola,
A partire da quell’incontro, e da un’altro con una scrittrice che stava scrivendo un libro sul medesimo argomento, è iniziato questo viaggio che mi ha portato sulle tracce di uomini e donne che avevano scelto di vivere lontano dai miti della nostra società per i motivi più disparati. Ho incontrato eremiti religiosi, laici, ortodossi, cattolici, seguaci di singolari sincretismi religiosi o semplicemente amanti della solitudine e della natura.
E’ stata una lunga ricerca che mi ha fatto scoprire un’umanità nascosta ma di grande esempio e attualità in questo momento storico. Un esempio di come ripensare alcuni atteggiamenti tipici della nostra società e di come siamo così abituati a tante e tali cose che non riusciamo più a renderci conto di quanto spesso la maggior parte di quello di cui ci circondiamo, sia assolutamente non necessario e di come vivere la vita sia molto più semplice di quello che vogliamo credere. Sembra banale ma non lo è.
Questo lavoro mi ha lasciato sicuramente una maggior consapevolezza di quello che chiamiamo vita.
Mi sembra inoltre che l’eremitismo sia un esempio di come nella vita se non si sceglie non si viva. La vita è una scelta e chi non sceglie non vive. Ancora peggio se a scegliere la nostra vita è qualcun altro.
Una scelta così radicale, come quella della vita eremitica, anche se apparentemente in antitesi con la nostra organizzazione sociale è invece un modo di vivere la propria spiritualità, o le proprie esigenze, in assoluta sintonia con i valori della nostra società come, autonomia, autodeterminazione, libertà, capacità e possibilità di scegliere la propria felicità e il proprio destino.
Carlo Bevilacqua, nato a Palermo è fotografo e regista. Da circa trent’anni alterna la fotografia alla realizzazione di documentari.
Vive a Milano, dove collabora con periodici, agenzie di pubblicità e aziende del panorama economico nazionale e internazionale senza mai tralasciare però le proprie ricerche personali e autoriali.
Ha diretto e prodotto anche vari documentari tra cui: in collaborazione con Francesco Di Loreto, Little Red Robin Hood documentario biografico su Robert Wyatt, cantante e batterista dei Soft Machine, con la partecipazione di Elvis Costello, Brian Eno, Phil Manzanera e Nick Mason; Moira Orfei Amore e Fiori, colorato affresco pop sulla regina del circo; vari videoclip per artisti come Cristina Donà, Marco Parente e Antonella Ruggiero.
I suoi lavori, fotografici e video, sono stati inclusi in vari foto e film festival internazionali come Boutographies in Montpellier, Francia, Photo Biennale di Salonicco Grecia, Fotografia Festival Roma, Indian Vision a Londra, Fotografia Europea Reggio Emilia o ancora al Center for Fine Art Photography Colorado USA
Il suo ultimo lavoro Into The Silence dedicato agli Eremiti del Terzo Millennio, oltre ad essere stato selezionato e in prestigiose rassegne e premi internazionali di fotografia, come Oyo de Pez in Spagna, il Taylor Wessing Prize alla National Portrait Gallery di Londra, l’International Photography Awards, USA, essere stato esposto in festival come Cortona On The Move in Italia, Atlantica a Tenerife, PHE a Braga in Portogallo, Singapore International Photo Festival, sarà presente al Centro Polifunzionale PHOS per la Fotografia e Arti Visive a Chieri, nell’ambito del Turin Photo Festival 2012.
MARCO INTROINI
Multan Pakistan – La città murata/the walled city
Ph. Marco Introini
Fotografare per scoprire una città lontana e affascinante del Punjab, la fertile pianura dell’Indo nel cuore del Pakistan. Multan è un insediamento millenario dove si incontrano storia e rinnovamento, ricchezza e abbandono, conservazione e voglia di cambiamento. Le immagini fanno parte dell’indagine svolta da un gruppo di ricercatori coordinati da Fondazione Politecnico di Milano – architetti, ingegneri e disegnatori industriali – nell’ambito dell’iniziativa “Sustainable, Social, Economical, Environmental Revitalization of the Historical Core of Multan City”, parte significativa della conversione del debito tra Italia e Pakistan. Il lavoro ha consentito di definire un quadro dei problemi e delle potenzialità e un programma operativo di impiego delle risorse le cui priorità sono in favore delle infrastrutture.
“...la ricerca di oggettività delle fotografie di Marco Introini mette a punto impeccabili e preziosi strumenti di lavoro nei quali, attraverso una descrizione distaccata, pacata e priva di intenzioni interpretative, prevale la volontà di rappresentare i fatti urbani per come sono, di descrivere con realismo la fisicità concreta della città, la sua realtà e bellezza...” ( dal testo Heritage and beauty di Adalberto Del Bo in Multan, La citta murata, Silvana ed.).
Marco Introini si è laureto in architettura presso il Politecnico di Milano.
Fotografo documentarista, laureto in architettura presso il Politecnico di Milano, è docente di Fotografia dell’Architettura e Tecnica della Rappresentazione presso la Facoltà di Architettura Civile del Politecnico di Milano.
Nel 1999 riceve il premio nazionale Lombardia Effetto Paesaggio con la ricerca fotografica Architettura ed architetture dell’ argine maggiore del Po. Nel 2002 è selezionato con la ricerca fotografica Città Europa per esporre alla X Mostra Fotoesordio 2002 (Museo dell'Immagine Fotografica e delle Arti Visuali) in collaborazione con il Palazzo delle Esposizioni di Roma. Nello stesso anno è stato selezionato al concorso FotoGribaudo. Curatore con Margherita De Carli della mostra nella casa di Luigi Figini presso la Triennale di Milano (Milano, 2003).
Selezionato alla rassegna Descubrimientos del Festival Internazionale PHotoEspaña05 con il progetto fotografico Paesaggio Analogico 05.
Nel 2006 viene pubblicato all’interno del catalogo del Padiglione Italiano della X Biennale di Architettura curato da Franco Purini.
Inserito nei venti fotografi di architettura protagonisti degli ultimi dieci anni, viene intervistato da Letizia Gagliardi per il libro La Misura dello Spazio (Roma 2010).
Ha esposto in prestigiosi spazi in diverse parti del mondo.