La Metamorfosi e il simbolo animale
Nel centro storico di Napoli, quattordici Star del panorama artistico internazionale.
Comunicato stampa
Yo Akao, Matthew Barney, Matteo Basilè, Danilo Bucchi, Andrea Fogli, Robert Gligorov, Felice Levini, Urs Lüthi, Franco Menolascina, Yue Minjun, Yasumasa Morimura, Isabella Nurigiani, Jan Van Oost, Vettor Pisani
Giovedì 13 marzo 2014 alle 18,30 inaugura la mostra “La metamorfosi e il simbolo animale” a cura di Graziano Menolascina presso Spazio Nea. Nel centro storico di Napoli, quattordici Star del panorama artistico internazionale.
Due poli, una continua danza tra progresso e regressione, è qui che si colloca il paesaggio delle metamorfosi umane, osservate e sperimentate dagli artisti in mostra con varie tecniche e linguaggi, dalla pittura, alla fotografia, dalla scultura al video, all’installazione. In Andrea Fogli, tramite un simbolismo evocativo, mondo naturale e psichico, sacro e profano si fondono nella composizione di paesaggi lirici. Stessa tensione nei lavori fotografici di Matteo Basilè, incentrati sui temi della diversità di genere, del travestitismo, della dialettica corporeità-potere. Mentre l’indagine su corpo e anima emerge dalle sculture di Isabella Nurigiani, uomini manichino, abitanti di una terra perduta. In sintonia con le leggi primigenie della natura la ricerca di Yo Akao che impiega materiali prevalentemente atossici ed eco-compatibili secondo un progetto di salvaguardia della natura dalla contaminazione umana. Archetipo e mitologia sono il ponte che Vettor Pisani getta tra mondo arcaico e il nonsense delle avanguardie storiche. La dialettica tra origine e trasformazione è centrale in Matthew Barney che, attraverso l’illusione ottica dello strumento filmico, arriva al mistero della creazione, o a una spiritualità incarnata nelle cellule stesse. Opere da cui emerge una condizione postumana in cui l’uomo, tanto naturale quanto elettronico, appare lanciato nel superamento dei propri limiti fisici. Sullo stesso sentiero Robert Gligorov che, partendo dal corpo e dalle sue metamorfosi reali e futuribili, estende la riflessione all’identità. Il suo uomo-asino che mangia le rose – novello Lucio – e vomita nuovi fiori, si libera a livello viscerale dalla contaminazione del mondo in un rito catartico di rinascita. L’eterno fluttuare tra dubbio filosofico e certezze momentanee è affrontato per mezzo dell’autoritratto e dello sdoppiamento d’identità da Urs Lüthi. Travestimento e perdita di identità anche in Yasumasa Morimura, impegnato a recuperare le origini e le tradizioni del popolo giapponese soffocato dall’occidentalizzazione. L’omologazione degli individui è il mostro contro cui combatte il “realismo cinico” di Yue Minjun, le cui maschere ridenti moltiplicate all’infinito inquietano proprio per l’assenza di consapevolezza. Esseri deformati emergono dalle tele di Danilo Bucchi, volti abnormi su corpi esilissimi, a evidenziare l’attenzione per l’indagine psicologica di individui partecipi di un’umanità impazzita. Immerso in una quotidianità tragica e alienante è anche l’uomo di Franco Menolascina che tenta di ristabilire una comunicabilità ormai interrotta. Un confronto tra dimensione interiore ed esteriore caratterizza la poetica di Felice Levini, in un dialogo libero ma serrato tra forme, contenuto e materia. Nell’opera di Jan Van Oost l’arte è l’unico gancio tra l’uomo e il suo essere umano grazie alla capacità che essa ha di operare un taglio nella contemporaneità globalizzata lasciando intravedere la dimensione naturale dell’individuo e la sua capacità emozionale rispetto alla vita.
Quattordici artisti raccontano le metamorfosi dell’“uomo umano”, a rischio di estinzione – se non ci fosse l’arte a tenerne vivo il senso sacro dell’origine.