La Misura delle cose
La mostra presenta opere degli artisti del Triennio e Biennio dell’Accademia di Belle Arti di Bologna.
Comunicato stampa
La Misura delle cose
OPEN TOUR 2023
Daniele Chabonkin Cinquerrui, Marina Esposito (Mari), Irene Gris
Athina Mehry Saraji, Chantal Stanzione, Marco Tombini
A cura di Lelio Aiello e Leonardo Regano
E con l’assistenza curatoriale di Valeriia Radkevych
Opening 22 giugno 2023, h. 15-23
22 giugno – 15 luglio 2023
In occasione di Opentour 2023 LABS Contemporary Art presenta La Misura delle cose, mostra a cura di
Lelio Aiello e Leonardo Regano, con l’assistenza curatoriale di Valeriia Radkevych. La Misura delle cose
conclude un percorso di ricerca avviato da alcuni studenti del Triennio e del Biennio Specialistico in Arti
Visive dell’Accademia di Belle Arti di Bologna selezionati tra i partecipanti al workshop omonimo
condotto dall’artista Francesco Arena e da Leonardo Regano, tra i mesi di febbraio e giugno 2023.
LABS Contemporary Art torna così ad aprire i suoi spazi alla nuova creatività ospitando i giovani artisti
dell’Accademia di Belle Arti a confronto tra loro per creare un dialogo aperto, fondato su differenti
linguaggi espressivi tra pittura, scultura, performance e nuovi media.
La ricerca di Marco Tombini (Bergamo, 1996. Terzo Anno Triennio Arti Visive, Pittura, Cattedra Aiello) si
nutre di una lenta e minuziosa costruzione dell’immagine che confonde i limiti tra pittura e disegno
architettonico. Le complesse composizioni lineari su cui Marco struttura la sua indagine, recuperano la
lezione della new geometry americana degli anni ‘90 e dei primi 2000, mescolando colori pop al rigore
minimal. Le linee si sovrappongono in un fare pittorico metodico e ritmico, rincorrendosi fino a creare dei
pattern che ricoprono ossessivamente e ordinatamente l’intera superficie del foglio, in un horror vacui
che restituisce una composizione di trame astratte prive di valore funzionale ma esplicitamente
decorative, con un fare creativo che nella sua ripetizione continua diventa affine ad un atto mistico.
Questo aspetto meditativo che contraddistingue l’arte di Tombini, trova una eco profonda nella ricerca di
Irene Gris (Venezia, 2001. Terzo Anno Triennio Arti Visive, Pittura, Cattedra Luca Bertolo). L’esercizio del
tessere perpetuato nel continuo rimando tra trama e ordito, pone la giovane artista in un processo di
consapevolezza della sua azione creativa: è un’arte, quella di Irene, che rispolvera la tradizione della
pratica al femminile, nel solco delle ricerche più mature e storicizzate. La tessitura si lega al ricordo e
arriva a modellarsi sul corpo di Irene trasformandosi in un abito o in una seconda pelle, in un bozzolo in
cui avvolgersi o da cui liberarsi, in bilico tra la ricerca di protezione e nuove forme di resistenza.
L’opera di Athina Mehry Saraji (Venezia, 2001. Primo Anno Biennio Specialistico in Arti Visive, Pittura,
Cattedra Caccioni) ci presenta un mondo fatto di ricordi e mitologie antiche: l’infanzia trascorsa nel
negozio del padre, i ricordi dei giochi tra i tappeti persiani immaginando che quei disegni tessuti sulla
lana intrecciata si animassero in storie fantastiche, alimentano in lei suggestioni che nella sua arte si
traducono in un vocabolario visivo fatto di corpi umani e animali che si fondono fino a ibridarsi. Storie
personali, antiche leggende e miti letterari si mescolano in una pratica che travalica le rigide distinzioni
tra i media, vivificandoli nella contaminazione con il quotidiano.
Via Santo Stefano 38 – 40125 Bologna IT
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Attinge sempre a un riferimento intimo e soggettivo anche l’immaginario di Daniele Chabonkin
Cinquerrui. (Desenzano del Garda 2000, Terzo Anno Triennio di Arti Visive, Pittura, Cattedra Luca
Bertolo). Le sue composizioni si innestano su scene teatrali ambientate in un mondo onirico in cui i ricordi
e le persone care al giovane artista si tramutano in personaggi tra l’umano e il grottesco, attori che
animano racconti del sapore misterioso e fiabesco dipinti o tracciati a china sui fogli. L’iperrealismo della
pittura di Daniele si stempera nelle cromie dominate da toni acidi e innaturali che drammatizzano la
visionarietà delle rappresentazioni da lui proposte. Ironia e satira si combinano in un’analisi caustica della
società consumistica contemporanea, come testimonia l’opera video in mostra.
Chantal Stanzione (Telese, 1995. Terzo Anno Triennio di Arti Visive, Pittura, Cattedra Simone Pellegrini)
nelle sue opere mostra continui rimandi alla grande tradizione pittorica occidentale. Nelle sue tele, si
fondono i riferimenti alla placidità dell’età Rinascimentale e alla brutalità del segno del Novecento,
mescolati con sapienza in molteplici piani di visione. Questa stratificazione di rimandi stilistici si traduce
anche in una ricercata complessità materica che confonde l’osservazione su più livelli. La molteplicità
dei livelli narrativi frantuma la lettura dell’opera, catturando la visione in un limbo che l’avvolge in una
dimensione onirica. La sua pittura si fa di rimandi e di strati di visione e materia, diventando un unicum
visivo.
Mari (Pisa, 2000. Terzo Anno Triennio di Arti Visive, Pittura, Luca Bertolo) ci accompagna con il suo lavoro
in un immaginario in cui si mescolano piano emotivo e performativo. L’azione è alla base di un lavoro che
è in continua tensione verso un rapporto esperienziale che coinvolge direttamente l’osservatore anche
quando l’artista è assente. Le sue sculture, leggere e soffici, si modulano su un immaginario grottesco
che rispolvera tradizioni popolari mescolandole alla propria intimità emotiva. Marina ci narra di un corpo
diffuso e condiviso in cui elementi biologici e organi interni diventano oggetti di indagine creativa. Il
materiale tessile diventa per le una seconda pelle su cui cucire e tracciare un percorso di esperienza e di
vissuto personale. Marina arriva a trasformarsi nel suo stesso immaginario, in un’azione performativa in
cui in carna il daimon che dà vita alle sue creazioni.