La pelle degli oggetti
Una mostra personale di Giovanni Oberti, a cura di Elio Grazioli e Bianca Trevisan.
Comunicato stampa
Il percorso espositivo indaga il processo dello sguardo e il sottile legame tra visibile e invisibile. Nelle due sale della galleria sono disposti oggetti interamente coperti da uno strato uniforme di grafite, ottenuto dall’artista tramite lunghe sessioni di lavoro, avvalendosi della sola matita. Nella sala principale sono esposti grandi specchi, reperiti nei mercati, nei negozi dei rigattieri e in vecchie abitazioni; l’atto del rispecchiamento è però sottoposto ad una duplice impossibilità, data dall’inversione recto-verso (la superficie specchiante è rivolta verso il muro) e dalla patina di grafite.
La seconda sala è invece dedicata a piccoli frutti e semi trovati in ambienti naturali, protetti da teche trasparenti. La grafite conferisce loro un valore scultoreo, amplificato dalla base-supporto sulla quale sono poggiati. Qui l’equivoco: paiono fusioni in metallo, sculture, ma non sono nulla di tutto questo. Sono frutti della natura, effimeri, sottoposti al decadimento del tempo.
Specchi e teche agiscono come schermi, dispositivi atti a veicolare lo sguardo dello spettatore, uno sguardo che però è interrotto. La grafite di Oberti agisce infatti sulla superficie delle cose, spezzando la traiettoria tra osservatore e osservato, tra fruitore e opera: l’attenzione è spostata sul vuoto che li divide, nel nulla in cui si costituisce la visione. È in questo spazio, secondo l’artista, che si crea la possibilità di un rapporto d’affezione con l’oggetto: in esso risuonano il vissuto, la memoria, l’esperienza, ovvero ciò che siamo, mediando il nostro sguardo. Non è mai la cosa in sé, ma la cosa che noi vediamo.
La mostra è accompagnata da un poster in tiratura limitata con interventi critici di Elio Grazioli e Bianca Trevisan.