La Pittura Isola
Una discussione sulla pittura, una ricerca alla riscoperta della vera essenza di un linguaggio, percepito spesso, come anticontemporaneo. Un percorso inedito che gli autori ci spiegano con suggestioni figurate e con impressioni scritte.
Comunicato stampa
La Galleria Bianca è lieta di presentare La Pittura, Isola, collettiva di opere di Pierluigi Antonucci, Enzo Cucchi, Angelo Mosca e Michele Tocca. Una discussione sulla pittura, una ricerca alla riscoperta della vera essenza di un linguaggio, percepito spesso, come anticontemporaneo. Un percorso inedito che gli autori ci spiegano con suggestioni figurate e con impressioni scritte:
Spunto della mostra è un confronto tra gli artisti sullo stato attuale della pittura in Italia. Sebbene di diversa generazione, formazione ed esperienza, ciò che li accomuna è, infatti, la consapevolezza della degradazione culturale della pittura e della conseguente necessità di riattivarne una considerazione più ampia, che ne rimetta in gioco aspetti ingiustamente sopiti.
In Italia, particolarmente dagli anni Settanta, si è assistito alla lenta erosione della fitta rete di relazioni figurative, di scambi critici, delle conoscenze storiche e del pensiero, che ruotano attorno alla pittura e le danno senso. Mentre altre forme hanno trovato modi di ripensarsi all’interno di una certa continuità con i precedenti e di un contesto critico comune, alla pittura sono stati tolti i presupposti da cui muovere. Tra gli esiti della disgiunzione storia/cultura del pensiero postmoderno, lo scollamento tra arte e ricerca storico-artistica, l’impulso acritico alle trovate e i pregiudizi (ammessi e taciuti) verso la pittura in generale, le cause sono tante. Sta di fatto che, senza queste condizioni, i dipinti non possono che essere percepiti come frammenti isolati, privi di conseguenze, ruderi fuori luogo, oppure mera decorazione formale, mero oggetto alla mercé di un sistema, che non ne rivendica un ruolo specifico.
Come può la pittura continuare a parlare al presente se non ha un passato da cui sviluppare, a cui andare contro? Se non ha un contesto di riferimento su cui essere giudicata e da cui procedere? Che senso ha dipingere?
La Pittura, Isola è un duplice titolo, che riassume tanto l’emarginazione culturale cui la pittura è stata – e, in parte, si è – confinata, quanto la necessità che, per riattivarsi, riparta dalle proprie ragioni d’ esistenza.
Testimone di questi mutamenti, Enzo Cucchi (Morro d’Alba, 1949) vede la pittura del presente come un ricominciare dalle macerie:
“La pittura.. In questi giorni
... Dei pittori giovani iniziano a dipingere...
è la prima generazione che può continuare a dipingere dopo le
... Macerie.. Che immagini fanno questi pittori...”
Le “macerie” di Cucchi sono quelle simbologie un po’ arcaiche, un po’ infantili, che fluttuano nelle sue opere ad interpretarne il malinconico smarrimento, l’istinto di sopravvivenza. Diventano, così, quelle di chi si chiede dove siamo e dove si può andare, di artisti che vogliono prendere coscienza di cosa significa dipingere all’interno delle sue molteplici sfaccettature e di un più esteso confronto con il presente e con il passato. Altrimenti, come avverte Angelo Mosca (Chieti, 1961): “Non andiamo avanti, né indietro, l'ingranaggio è fermo. Chi l'ha fermato? ”. Proprio al rischio di un piattume generazionale risponde la sua pittura potenziale, sospesa tra il tentativo di dipingere un quadro e l’effettiva possibilità di realizzarlo. Sin dagli anni Novanta, le fugaci memorie, espressioni di riti, gesti e costumi dimenticati, impressi nelle stratificazioni delle sue opere denunciano l’ oblio del ruolo della pittura, rivendicandone la possibilità di ricostruirlo. Notando la mancanza di un confronto attivo e critico con la pittura del passato, che impedisce una più complessa comprensione di quella del presente ed appiattisce possibili e radicali rinnovamenti, Michele Tocca (Subiaco, 1983) osserva: “La pittura del passato è stata consegnata agli archivi, guardata per lo più come antropologia di tempi lontani con cui noi non possiamo attivamente interagire. Dunque, quella del presente non può che essere vista e trattata romanticamente come vestigia o con distacco ironico.” In tal senso le sue tele, dipinte percettivamente, dal vero, puntano a cogliere la partecipazione reciproca tra le cose e la pittura: un modo per rinfondere vita all’ esperienza delle cose e, tramite essa, alla pittura. Quello che caratterizza le opere di Pierluigi Antonucci (Popoli, 1982) è, invece, l’ aspetto diaristico. La sua è una pittura che, nel suo farsi, ricrea ricordi a manifestare che nulla è più reale di essi. Ed afferma: “Un’arte che vive solo di un presente allungato è un’arte che nega il confronto, che porta con sé solo la volontà di apparire”.
Mossa da interrogativi comuni, la mostra offre una meditazione sul presente attraverso un dialogo tra diverse generazioni, tra poetiche diverse, che vuole rappresentare un invito a rimettere in ballo una visione più ampia del senso del gesto pittorico tra scambi e rotture, continuità e rigenerazione.