La possibilità di un’isola
Tre artisti di provenienza e cultura diversa, Claudia Haberkern, Kudo Masahide e Brigitta Rossetti, si raccolgono in una meditazione e un dialogo reciproco sulla natura, sul corpo e sulla metamorfosi, facendo dialogare, con una armonia limpida e pura, le opere e lo spazio.
Comunicato stampa
Gli spazi, carichi di storia e di antiche suggestioni, della Tenuta Torrone della Colombara si aprono, domenica 28 settembre, per ospitare una mostra poetica e dal forte impatto emozionale, La possibilità di un’isola. Tre artisti di provenienza e cultura diversa, Claudia Haberkern, Kudo Masahide e Brigitta Rossetti, si raccolgono in una meditazione e un dialogo reciproco sulla natura, sul corpo e sulla metamorfosi, facendo dialogare, con una armonia limpida e pura, le opere e lo spazio.
La possibilità di un’isola - titolo che il curatore della mostra, Ivan Quaroni, trae da un celebre romanzo di Michel Houellebecq - è un progetto voluto da Claudia Haberkern, artista che da venticinque anni abita ed opera all’interno della Colombara, per diffondere il crescente lato artistico del luogo. Gli spazi sono quelli resi liberi dalle attività produttive risicole della famiglia Rondolino che ama completare la vita della Tenuta con diverse iniziative culturali.
Figura traslata della solitudine e del distacco, l’isola è un tropo letterario che rimanda necessariamente anche alla condizione creativa, che necessita, appunto, di un ambiente (fisico e mentale) raccolto. La possibilità di un’isola è, dunque, allusione a uno stato necessario d’immersione (e introversione) che consente all’artista di uscire, almeno momentaneamente, dal flusso dei pensieri e delle attività ordinarie.
La mostra accoglie il visitatore all’ingresso del fabbricato dell’antica riseria con le sculture di Claudia Haberken che lavora con materiali eterogenei, dall’argilla alla resina. Le sue opere plastiche rimandano a concrezioni o a forme organiche e passano attraverso diverse fasi di lavorazione. Il risultato finale è, quindi, la conseguenza di un lento processo in cui le sculture passano attraverso diversi stadi di metamorfosi formale. Si può dire che non solo l’immagine finale contenga allusioni al mondo organico, ma che il procedimento stesso di esecuzione obbedisca a un ritmo trasformativo analogo a quello dei processi naturali.
Lo sguardo di Brigitta Rossetti indaga i complessi rapporti di corrispondenza tra uomo e ambiente e nella sala a lei dedicata le sue installazioni comunicano la bellezza della natura con una poesia lieve ma densa di emozione. Lontana da stilemi mimetici e descrittivi, l’artista sembra piuttosto filtrare la visione e l’esperienza della natura attraverso un approccio poetico, che esalta la bellezza e l’etica delle forme naturali, evidenziandone, al contempo, l’estrema fragilità e precarietà. I suoi giganteschi fiori invitano lo spettatore a riflettere sull’odierna condizione di alienazione dell’uomo rispetto all’ambiente, insinuando, allo stesso tempo, un forte sentimento di nostalgia per l’equilibrio perduto.
Le carte e le tele di Kudo Masahide occupano l’ultima sala del percorso espositivo. Qui la pittura restituisce, con grande equilibrio formale e gestuale, forme naturali e umane che vivono e respirano sulle carte e sulle tele. Nelle carte e nelle tele dell’artista rivive, in qualche modo, la fluida impermanenza delle forme naturali e delle metamorfosi organiche, attraverso una congerie di tracce, macchie, segni apparentemente casuali, che poi si organizzano in brandelli anatomici e fisionomie umane.
La mostra sarà aperta fino al 26 ottobre.
Gli artisti
Claudia Haberkern è nata a Heilbronn in Germania. Dal 1981 al 1987 studia teatro contemporaneo e sperimentale con i membri del Living Theatre e il Grotowski Ensemble a Berlino e alla scuola Jacques Lecoq a Parigi. Attraverso la costruzione delle maschere e l’introduzione nell’arte della scenografia da Jacques Lecoq, comincia a frequentare degli atelier di artisti plastici e nel 1987 lascia il teatro e inizia a assistere e a collaborare nello studio parigino dello scultore Uruguayano, Ricardo Santerini. Espone le proprie opere a partire dal 1993. Nel 2004 consegue il primo premio del concorso Cesare Pavese a Santo Stefano Belbo nella categoria scultura, preseduto da Angelo Mistrangelo. Dal 2009 partecipa regolarmente con i suoi lavori alle iniziative della Fondazione WAD a Delft in Olanda, quali il parco delle sculture, il laboratorio di Landart e le Poetry Exhibitions. Su invito di Marco Vallora, partecipa nel 2011 al Padiglione Italiano della Biennale di Venezia a Torino e negli anni 2013 e 2014 alla International Art Fair di Gyeongnam in Corea. Vive e lavora nella Tenuta Torrone della Colombara di Livorno Ferraris in Piemonte.
Kudo Masahide è nato in Giappone nel 1952. Ha studiato all’accademia d’arte Zokei di Tokyo. Espone dal 1972. Periodicamente tiene delle esposizioni personali, soprattutto nelle gallerie K-Art Space a Yokohama, dove vive, e a Tokyo, nella Galleria Shikoko. Da molti anni inoltre collabora con la Verger Gallery in Kanagawa in Giappone, dove cura ogni anno in novembre la mostra collettiva “Five travelling minds”. Ha partecipato a mostre ed eventi d’arte in tutto il mondo. Una selezione degli ultimi cinque anni: Museum Het Prinsenhof, Delft, Netherlands (2009); Japan and Korea, Ecology and art, Yamanashi, Japan(2010); Vietnam-Japan contemporary art exhibition, Ho Chi Min City, Vietnam (2010); Art under the volcano. Yogyakarta, Indonesia 2011; Midnight Constallation in Thessaloniki, Greece and in Delft, Holland (2011); Yamanami Art Festival, Kagawa, Japan (2013); Giaf (Korea Gyeongnam International Art Fair2013 e 2014). Le sue opere fanno parte di collezioni private e pubbliche tra cui il Quman Museum in Kagawa, Giappone, il Fine Art Museum in Ho Chi Minh City e Affandi Museum in Indonesia. Vive e lavora a Yokohama in Giappone.
Brigitta Rossetti è nata a Piacenza nel 1974. Si laurea in Lettere Moderne all'Università di Pavia e si specializza in comunicazione conseguendo il MEM al Politecnico di Milano. Prima che pittrice, esordisce come poetessa con riscontri da parte della critica. Prende parte a workshop con artisti di fama, tra i più importanti gli studi con il celebre artista Peter Keizer all'Akademie der Kuenste ad Amburgo, con i cinesi Zhou Brothers, con la video artist polacca Anna Konik e con la scultrice tedesca Asta Gröting all'Internazionale Akademie Fur Bildende Kunst di Salisburgo, dal 2007 al 2011.Nel 2014 entra a far parte della galleria Bluerider Art a Taipei, Taiwan. Brigitta Rossetti consegue il secondo premio Contemporary Art Talent alla Fiera di Padova nel 2011 e il primo premio, categoria pittura, alla Biennale di Asolo, curata Giovanni Faccenda nel 2014. Sue opere sono state acquisite in collezioni pubbliche, presso il Museo Mim di Piacenza, il Museo Mit di Torino e il Latino Art Museum di Los Angeles. Da segnalare le recenti esposizioni con Ivan Quaroni a Circoloquadro, e le note critiche di Vittorio Sgarbi e Beba Marsano.
La Colombara
La pianura di Vercelli è ricoperta da immensi specchi regolari di risaie che creano un paesaggio magico ed incantevole. Queste terre conservano antiche tradizioni e un vasto patrimonio culturale contadino capace di affascinare numerosi artisti e poeti. Qui ha sede la magnifica proprietà della famiglia Rondolino, conosciuta come Tenuta Colombara.
Questo luogo è noto fin dal 1500 proprio per la ricchezza d’acqua e la fertilità dei terreni adatti alla coltivazione del riso.
Nelle terre del Torrone della Colombara il riso era già coltivato alla fine del 1400, quando ebbe inizio la risicoltura in alta Italia.
Nel 1571 la chiesa della Tenuta diventa parrocchia, dando inizio a quel “mondo cascina” che si stava sviluppando: chiesa, camposanto, osteria, abitazioni…
La proprietà passa tra diverse famiglie di rami cadetti dei Savoia, futuri re d’Italia, fino al 1868, anno in cui viene acquistata da una famiglia biellese, i Magnani. Nel 1935 Cesare Rondolino ne diventa il terzo proprietario storico.
Nel 2002 la Famiglia Rondolino costruisce una nuova riseria, in cui vengono installate tecnologie, sia tradizionali che innovative, per massimizzare la qualità della trasformazione del riso.
Negli anni successivi, in memoria della tradizione secolare, è stato realizzato un interessante museo della risaia, andando a rioccupare gradatamente i locali della cascina: i laboratori del fabbro, del falegname, del sellaio, della sarta, le abitazioni, la scuola, il dormitorio delle mondine. Ogni cosa è stata riposta dove era una volta, senza essere restaurata, come i locali stessi, per preservarne così tutte le ferite del tempo.
In questo luogo dalle intense suggestioni nasce il riso Acquerello, frutto di un lungo studio e dell’esperienza familiare. L’unione di tradizione e innovazione permette una lavorazione unica: il cereale ancora grezzo viene dapprima invecchiato, poi raffinato lentamente e reintegrato con la sua preziosa gemma. Sono proprio i processi di invecchiamento, lavorazione e gemmatura a rendere Acquerello più buono, più ricco e più sano. È riconosciuto dagli chef e gourmet più famosi come il riso numero uno al mondo.