La Primavera del Rinascimento
La mostra si propone di illustrare, in sezioni tematiche, la genesi di quello che ancora oggi si definisce il “miracolo” del Rinascimento a Firenze, soprattutto attraverso capolavori di scultura: l’arte che per prima se ne è fatta interprete.
Comunicato stampa
Una prima sezione è dedicata alla riscoperta dell’Antico nella “rinascita” fra Due e Trecento – da Nicola Pisano ad Arnolfo e ai loro successori – e in seguito all’assimilazione della ricchezza espressiva del Gotico, particolarmente d’origine francese (sezione I: L’eredità dei padri), i due rilievi con il Sacrificio di Isacco di Lorenzo Ghiberti e Filippo Brunelleschi e il modello della Cupola brunelleschiana costituiscono il momento fondante del primo Rinascimento (sezione II: Firenze 1401. L’alba del Rinascimento).
In quegli anni, i successi politici della Repubblica fiorentina, la sua potenza economica e la pace sociale diffondono attraverso gli scritti di grandi umanisti il mito di Firenze come erede della repubblica romana e come modello per gli altri stati italiani.
La scultura pubblica monumentale (di Donatello, Ghiberti, Nanni di Banco, Michelozzo, ecc. nei centri propulsori dei grandi cantieri della città, come la Cattedrale e Orsanmichele) è la prima e più alta testimonianza di questa esaltazione di Firenze e dei suoi protagonisti (sezione III: La Romanitas civile e cristiana), influenzando profondamente la pittura di artisti come Masaccio, Paolo Uccello, Andrea del Castagno, Filippo Lippi (sezione VI: La Pittura scolpita). Altri temi dell’antichità classica, attraverso la scultura, vengono assimilati e trasformati nel nuovo linguaggio, che esprime il clima spirituale e intellettuale della città, oltre al suo fervore creativo (sezione IV:‘Spiritelli’ fra sacro e profano; sezione V: La rinascita dei condottieri). Le ricerche di uno spazio ‘razionale’ e l’invenzione della prospettiva brunelleschiana, trovano proprio nella scultura le loro formulazioni più avanzate, in particolare nei bassorilievi donatelliani, come la predella del San Giorgio e il Banchetto di Erode di Lille, con un seguito che tocca la metà del secolo in opere di Desiderio da Settignano o di Agostino di Duccio, a confronto con la pittura, anche antica (sezione VII: La storia ‘in prospettiva’).
Fin dagli anni Venti, i nuovi canoni della scultura, messi a punto dai grandi maestri e illustrati da alcuni capolavori – come la donatelliana Madonna Pazzi di Berlino o la Madonna di Fiesole, attribuita al Brunelleschi – si moltiplicano attraverso una produzione sconfinata di rilievi (in marmo, stucco, terracotta policroma e ‘robbiane’), destinati alla devozione privata, che consentono una capillare diffusione del gusto per la bellezza ‘nuova’ in ogni strato sociale (sezione VIII: La diffusione della bellezza; sezione IX: L’eternità dei colori. Luca e l’invenzione delle robbiane). Allo stesso tempo, Firenze vede concentrarsi nei luoghi di solidarietà e di preghiera (chiese, confraternite, ospedali) la committenza artistica più prestigiosa dove la scultura tiene ugualmente un ruolo primario (sezione X: Bellezza e Carità).
Attorno al simbolo assoluto della città – il modello ligneo della Cupola di Santa Maria del Fiore del Brunelleschi – si presenta dunque una rassegna di tipologie o di tematiche scultoree determinanti anche per l’evoluzione delle altre arti figurative, a diretto confronto con i precedenti classici: dalle tombe degli umanisti, alle desunzioni dai sarcofagi, alla rinascita del monumento equestre e del ritratto scolpito. Attorno a quest’ultimo, che vede la sua genesi verso la metà del secolo – nei busti marmorei di Mino da Fiesole, Desiderio da Settignano, Antonio Rossellino – si prefigura il passaggio dalla fiorentina libertas a un mecenatismo privato, che porterà presto all’egemonia medicea (sezione XI: Dalla città al palazzo. I nuovi mecenati).