Lalla Lussu / Antonello Ottonello – It’s Not Over ’Til It’s Over
Mettere in dialogo artisti come Lalla Lussu e Antonello Ottonello significa aprire due significative riflessioni, una dedicata alla ricerca dell’arte contemporanea in Sardegna del Secondo Novecento.
Comunicato stampa
Mettere in dialogo artisti come Lalla Lussu e Antonello Ottonello
Antonello Ottonello e Lalla Lussu sono stati maestri di grande formazione ed esperienza. Ottonello, dopo una giovinezza dedicata alla passione del teatro: costumista, scenografo, protagonista delle sperimentazioni più ardite che facevano scuola negli anni ’70 - si pensi al teatro di Mario Ricci e lo stretto rapporto con i movimenti artistici - rientra in Sardegna nei primissimi anni ’80 per non lasciarla più. Nel suo passaggio alle arti visive, il teatro sopravvive nelle meravigliose tarlatane che avvolgono e risanano, nelle spine che cuciono ferite mai rimarginate così come nell'accettazione del dolore, nella passione per il racconto, nell’amore per tutto ciò che è fragile, nella cura universale. Il suo linguaggio, pur essendo aniconico e informale, è capace di trasmettere storie potentissime e chiare dedicate alle condizioni critiche di comunità o a temi di sopravvivenza intimamente connessi ai valori ecologici e umanitari.
Stessi valori ma con contenuti differenti esprime la poetica di Lalla Lussu: una robusta formazione alle spalle dove approfondisce le sperimentazioni più rigorose degli anni ’70 per pervenire allo studio del colore e della luce come espressione emozionale della meraviglia. Un costante sovvertimento di significanti e significati nella forma sempre in bilico tra figurazione, scomposizione e astrazione. L'intensità drammatica di Lussu è dietro la sua mano felice anche quando sparge petali d'acqua sulla carta porosa. Ma è sull’esistenza umana, sulla caducità della vita, sul memento mori, che il messaggio si rafforza e intensifica. Uno sguardo profondo e coraggioso capace di sorridere alla morte, senza timore, nell’accettazione che tutto sta nella natura delle cose, con la certezza che il tempo rallenta per lasciarsi assaporare e che vive, pulsa, scorre sulle cortecce, nelle salicornie, in prati ombrosi, nelle radici degli alberi, nei piedi scalzi che affondano sulla terra, nei visi malati che catturano ogni cosa, nel cuore che pulsa prima di disfarsi al vento.
Ottonello e Lussu rivestono un ruolo di spicco nel recupero di un dispositivo narrativo applicato con estrema libertà a una ricerca le cui premesse teoriche sono scientifiche, algide e rigorose, improntate a oggettivare valori assoluti e universali. Un passaggio necessario che sembra preparare la rivitalizzazione della figura, già in parte reintrodotta o mai abbandonata da altri maestri, con una nuova potenza espressiva che troverà piena realizzazione nei linguaggi della Transavanguardia e del neo-pop degli anni ’90.
[Efisio Carbone]
BIO
Lalla Lussu (Cagliari, 1953-2020)
Laureata in storia dell’arte con una tesi sull’artista Enrico Castellani, proseguirà il suo percorso di studi e perfezionamento in Germania dove, nel 1989, seguirà le lezioni di Jörg Immendorf. La sua attività espositiva inizia, non ancora trentenne, alla fine degli anni ’70 e proseguirà poi sia a Cagliari che in altre città italiane come Roma, Milano, Venezia. La sua ricerca ha come punto di partenza la natura, indagata con varie tecniche anche se, dai primi anni 2000, si concentra sull’acquerello che utilizzerà anche per installazioni ambientali di grande formato. La sua pratica è di natura processuale e si basa sull’applicazione del colore direttamente sui supporti, lino o juta, che vengono successivamente “lavorati” - piegati, plissettati - per renderli mossi e tridimensionali. Inoltre spesso le opere non sono disposte a parete ma all’interno dello spazio in modo da poter essere fruite da tutte le direzioni, in maniera scultorea. A questo tipo di lavoro - che prenderà il nome di “Cortecce” - si dedica a partire dal 2012.
Antonello Ottonello (Cagliari, 1948-2021)
Dopo aver frequentato il Liceo Artistico di Cagliari, Ottonello si diploma all’Accademia di Belle Arti di Roma nel 1974 e inizia a lavorare nel mondo del teatro dedicandosi principalmente alle scenografie; da questa esperienza rimarrà arricchito da una carica vitale e una padronanza nell’uso dei più disparati mezzi per dipingere, scolpire, cucire o anche soltanto inventare una soluzione formale differente rispetto al suo contesto. Le sue prime opere sono infatti le tarlatane usate per le scenografie, spesso di dimensioni enormi, che rievocano sipari dai colori accesi. Rientrato in Sardegna, dagli anni ’80 si dedica alla pittura. In questi anni si fanno sempre più urgenti istanze legate al territorio che intensificano riflessioni sugli equilibri tra uomo e natura, le stesse lo porteranno a raccogliere e utilizzare materiali poveri, quali le spine di acacia horrida, fusi con pigmenti naturali, che utilizzerà come elementi simbolici per cucire e sanare tele e carte ferite. Nell’ultimo periodo del suo lavoro tocca i temi dello sfruttamento minerario e dell’emigrazione allora molto sentiti in
Sardegna che si risolvono in paesaggi di pietra dalle forme che sembrano assemblate e scolpite dal vento.