Le rotte del Mediterraneo

Informazioni Evento

Luogo
MUSEO LABORATORIO - EX MANIFATTURA TABACCHI
vico Lupinato 1 - 65013, Città Sant Angelo , Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al
Vernissage
06/10/2018

ore 19

Artisti
Francesco D'Incecco
Curatori
Enzo De Leonibus, Nicolas Martino
Generi
arte contemporanea, personale

Un progetto di Francesco D’Incecco. A cura di Enzo de Leonibus e Nicolas Martino.

Comunicato stampa

«Il mondo intero è la mia patria, un solo caos ha generato tutti i mortali». Con queste poche parole, Meleagro di Gadara, filosofo e poeta greco vissuto sulle coste del Mediterraneo più di 2000 anni fa, smontava l'ossessione identitaria, da sempre bestia nera della cultura occidentale. L'idea, insomma, che viga nella logica, come nei fatti, un principio di non contraddizione, per cui A è A e non può essere non A. È su questo vero e proprio «cuore di tenebra» che si fonda l'idea, a dir poco curiosa, che esista una identità, coerente nel tempo e nello spazio, per cui ognuno di noi sarebbe identico a sé stesso, e a quella comunità particolare, che condividendo uno stesso territorio, una stessa lingua, usi e costumi, conterrebbe la «verità» del nostro essere sociale. Di qui anche l'idea che sia necessario alzare mura, barriere e confini, per proteggere questa identità individuale e collettiva. Proteggerla da chi la minaccia, l'estraneo, ovvero lo straniero che viene da lontano (culturalmente o spazialmente) e avanza per entrare «dentro» di noi, cercando di varcare la soglia di quella che riteniamo essere la nostra casa. Resistere, bisogna, non passa lo straniero, lo si cantava anche durante il massacro europeo della Prima guerra mondiale. E come non ricordare, facendo un salto ancora più indietro nella storia, quel racconto dei vangeli canonici - ambientato nelle stesse terre di Meleagro - a proposito di un indemoniato della città di Gerasa che viene letteralmente «liberato» da un demone chiamato, non a caso, Legione, perché quell'uno è in realtà costituito da molti. La molteplicità non può che essere un demone, evidentemente da esorcizzare e scacciare. L'uno deve rimanere sempre identico a sé stesso. L'«altro», che stia dentro di noi, o alle soglie della nostra porta, va contenuto, confinato, deportato e - se possibile - eliminato definitivamente. Dopo tanti secoli, niente di nuovo sul fronte occidentale, come avrebbe detto anche lo scrittore Erich Maria Remarque. Ma basterebbe che ognuno riprendesse in mano le sue foto di qualche anno addietro per accorgersi di quanto infondata sia la logica identitaria: un senso di estraneità ci cattura nell'osservare quelle immagini, perché nessuno di noi rimane identico a sé stesso, nessuno di noi si può riconoscere nelle foto che lo hanno ritratto nel tempo perché ognuno di noi è molti, ovvero è costituito da una stratificazione di molti sé che si succedono nel tempo e, anzi, spesso convivono conflittualmente nello stesso momento. Nessuno di noi è identico a sé stesso, ognuno di noi è sempre uno straniero. L'altro, anche questo è bene ricordarlo, è dentro di noi, perché ognuno di noi è un altro, come aveva intuito il poeta veggente. Non esiste nessuna sostanzialità identitaria dell'io, così come non esiste nessuna identità culturale o territoriale come «sostanza» da difendere da qualche suppost