L’Eccezione e la Regola
L’idea di realizzare una mostra d’arte sull’opera di Bertolt Brecht nasce soprattutto dall’esigenza di rintracciare i legami che il più grande e rivoluzionario drammaturgo tedesco può avere con gli attuali processi creativi. Rileggendo le sue opere non è difficile infatti capire come in realtà la storia si ripeta e come alcune sue riflessioni risultino oggi più che mai attuali.
Comunicato stampa
“Il postulato di tutta la drammaturgia brechtiana è che, almeno oggi,
l’arte più che esprimere il reale deve significarlo”
Roland Barthes
(Saggi critici, Torino, Einaudi, 1972)
L’idea di realizzare una mostra d’arte sull'opera di Bertolt Brecht nasce soprattutto
dall'esigenza di rintracciare i legami che il più grande e rivoluzionario drammaturgo
tedesco può avere con gli attuali processi creativi. Rileggendo le sue opere non è difficile
infatti capire come in realtà la storia si ripeta e come alcune sue riflessioni risultino oggi più
che mai attuali.
Nei suoi lavori ritroviamo tutte le tematiche che hanno contraddistinto uno degli aspetti
fondamentali dell’arte negli ultimi cinquant’anni: attivare nello spettatore una presa di
coscienza critica nei confronti della realtà, stimolarlo ad un'azione, praticare un’arte che
non sia solo puro divertimento o intrattenimento ma che possa servire a guardare dietro le
immagini delle cose, a non accogliere tutto ciò che ci viene presentato come l’unica verità.
Ancora oggi l'eccezione è qualcosa che detta scalpore, fa notizia, ma non necessariamente
in senso negativo. Anzi, spesso l'eccezione si cerca, si rincorre, per dare un'idea nuova,
inaspettata, originale. Si giunge quindi a ribaltare la situazione: stare alle regole non appare
più così scontato e non è sempre necessario o utile.
Cos'è oggi l'eccezione? Un nuovo valore da ricercare o ancora un “imprevisto” da
correggere, uniformare, da riportare all'ordine?
Viviamo in un momento in cui la nostra quotidianità è costantemente rimessa in gioco da
profondi cambiamenti. Ognuno si interroga sul proprio ruolo e sulle proprie possibilità di
azione e spesso è nell’esperienza creativa e nelle visioni degli artisti che riusciamo a
ricomporre una trama per interpretare il nostro tempo. All’arte infatti, unico strumento per
essere liberi, spetta un ruolo fondamentale: dire la verità sulle cose del mondo.
I quattro artisti in mostra partono dalla visione brechtiana di “eccezione” ma, filtrandola
con la realtà attuale e collocandola in altri contesti, arrivano a restituire un nuovo respiro a
questo termine: osservandola sotto una luce politica, sociale, linguistica o artistica,
condizionano la nostra lettura e ci pongono a confronto con la contemporaneità.
“Volver àtras para ir adelante” è un video realizzato da Gea Casolaro in Argentina nel 2003.
Come in quasi tutti i suoi lavori, la Casolaro riconosce all'arte un valore di comunicazione e
le sue opere sono come dei cartelli che urlano quello che non possiamo o riusciamo a
vedere. Mostrando in maniera fredda e didascalica il frutto di un’intensa ricerca sulla storia
del popolo argentino, il video diventa lo specchio di ciò che accade in tutto il mondo e del
forte contrasto tra capitalismo e paesi poveri. Il centro commerciale, davanti al quale tutti
passano indifferenti, nasconde in realtà una verità e una storia molto più lunga di quello
che vogliamo credere. L'artista stessa con quest'opera si riallaccia alle parole del coro
brechtiano: “quello che succede ogni giorno, non trovatelo naturale...nella regola
riconoscete l'abuso...e procurate rimedio.”
L'installazione del collettivo auroraMeccanica avvolge invece lo spettatore, lasciandolo in
un primo momento incredulo davanti all'unico oggetto presente: un bicchiere d'acqua.
Brecht era solito partire da semplici dati di fatto o storie quotidiane, per svelare una verità
ai nostri occhi non percepibile. Gli artisti, interpretano il caso del politico democratico
giapponese Yasuhiro Sonoda che, per dimostrare gli effettivi risultati della
decontaminazione nella zona di Fukushima, ha bevuto un bicchiere d’acqua proveniente
dai reattori dell’impianto della centrale. L'opera ragiona sull’oggettività dell’informazione e
su come la sua gestione da parte dei media possa influenzare la nostra percezione della
realtà. Sul tavolo il bicchiere proietta la sua ombra: la regola vuole che questa sia la fedele
proiezione dell’oggetto, ma eccezionalmente qui produce insensati movimenti, come a
rivelare la verità del suo contenuto.
Interessato all’atto individuale del fare arte e al momento concreto della costruzione
dell’opera, Matteo Fato indaga quelli che sono i processi e i passaggi del suo fare artistico.
Il contenuto della scatola di per sé non è più così importante, lo diventa il processo che
porta a ottenere quel contenuto. Allo stesso modo una matita o un libro non vengono visti
in quanto strumenti per svolgere una funzione, ma sussistono in quanto oggetti
rappresentati.
Il suo lavoro si configura come un’operazione scomponibile in più tempi, un atto mentale
in cui ogni elemento è parte di un tutto unitario. In questo procedimento analitico
rintracciamo quella frammentarietà tipica dei lavori di Brecht per cui ogni opera resta
aperta a possibili variazioni e arricchimenti, crescendo e continuando a lavorare per forza
propria.
I light boxes di Francesca Checchi, come i ready made duchampiani, perdono la loro finalità
originaria per venire inseriti in un universo funzionale del tutto nuovo. Creando un
percorso all'interno dell'esposizione, ogni spettatore è invitato a cercare una possibile
direzione, pur non arrivando in nessun luogo in q.uanto le segnaletiche si richiamano l'una
con l'altra. In questo modo l'artista crea uno spiazzamento nel pubblico portandolo a porre
in discussione una verità data per certa.
Martina Sconci
Francesca Campli