Lek M. Gjeloshi
La mostra di Lek M. Gjeloshi parte dall’idea di creare uno spazio dove le opere si manifestino solo attraverso la luce; da quella del proiettore alla superficie degli schermi, alle pareti illuminate.
Comunicato stampa
La mostra di Lek M. Gjeloshi parte dall'idea di creare uno spazio dove le opere si manifestino solo attraverso la luce; da quella del proiettore alla superficie degli schermi, alle pareti illuminate. Diventa una zona monocromatica con una ricchezza di grigi, dove il visitatore, passo dopo passo, si addentra nella “Stimmung”, o atmosfera, di un mondo in transizione continua, sebbene al primo sguardo sembra non accadere quasi nulla. Eppure la seduzione del passaggio potrebbe slittare facilmente verso uno svanimento.
Il titolo All my colours turn to clouds cita un brevissimo frammento di una canzone del gruppo post-punk britannico Echo & The Bunnymen tratta dall'album “Heaven Up Here” (1981). Propone lo svanimento dei colori in un passaggio meteorologico come un’assunzione.
In mostra saranno esposte - tra le altre opere - due video Untitled #2 e Unknown di Lek M. Gjeloshi. Untitled #2 inizia con le riprese di ‘Rana e hedhun’ (in italiano ‘la sabbia gettata’) nome con cui viene identificata una zona nord-occidentale della costa adriatica albanese, caratterizzata da un’improvvisa inclinazione della sabbia che lo distingue (e separa) dal resto dell’ambiente circostante. Attraverso una sequenza in bianco e nero e senza tagli, l’inquadratura segue il piano obliquo della duna e non più quello (naturale) del mare, rovesciando completamente la sua linea di orizzonte.
In Unknown ci spostiamo in un altro luogo, in un villaggio detto ‘Guri i zi’ (in italiano ‘la pietra nera’), situato appena fuori dalla città di Shkoder. La parte centrale di questo luogo è costruita attorno a un ammasso di pietra nera, da cui prende il nome. Nonostante l’intima connessione tra il volume e le abitazioni, la sua natura ‘outlandish’ (parola che, dall'inglese arcaico ad oggi, si riferisce a qualche cosa di strano, quanto allo straniero e alla sua terra anonima) rimane sconosciuta, spingendo alcune opinioni, perlopiù popolari, a ritenerlo un corpo celeste, una meteorite.
Lek M. Gjeloshi è nato nel 1987 a Shkoder, Albania e vive a Firenze. Dal 2007 ha partecipato a numerose mostre, di recente alla Galeria e Arteve a Shkoder, nel 2014 alla 4th Moscow International Biennale for Young Art, curata da David Elliott, a Casa Massaccio in San Giovanni Val d’Arno (2016, 2014, 2013, 2010), alla Fondazione Lanfranco Baldi, Pelago (2012) e a The National Gallery of Kosovo, Prishtina (2011). Nel 2017 l’artista sarà in residenza presso Residency Unlimited a New York.