Léonard Gianadda – Méditerranée
Dopo molti viaggi dentro e fuori la Svizzera, i reportage di Léonard Gianadda vengono presentati alla Fondation Pierre Gianadda, sotto il titolo Méditerranée: 150 fotografie realizzate nel corso dei viaggi nel Mediterraneo negli anni Cinquanta, quando Léonard Gianadda era un giovane giornalista-reporter.
Comunicato stampa
La fotografia ha giocato un ruolo importante nel percorso di Leonard Gianadda. Essa è stata negli anni ’50 il suo primo mezzo di espressione artistica. E, quando, cinquant’anni dopo, i suoi reportage sono tornati all’attenzione del pubblico, la sorpresa è stata ampia di fronte alla qualità e alla originalità dei suoi scatti. In poco tempo si è ricostruito il percorso della sua attività di fotografo, riuscendo così a comprendere, in questa nuova prospettiva, come la creazione della Fondation Pierre Gianadda sia il punto di arrivo di un percorso artistico che ha le sue radici nella scoperta dell’Italia del Rinascimento. In questo senso le mostre delle fotografie di Léonard Gianadda ci rivelano i molteplici interessi di un uomo, che formatosi in ambito classico, si dedica al mondo della tecnica prima di tornare alle sue passioni.
Nel corso degli anni Cinquanta, compie molti viaggi nei paesi che si affacciano sul Mediterraneo.
Gli si aprono interessanti prospettive sulle realtà dell’Italia, della Jugoslavia, di Grecia, Egitto, Spagna, Tunisia, Marocco, e sugli altri paesi lambiti dal “Mare Nostrum”, prospettive che fissa nelle
numerose fotografie che poi accompagnano le sue descrizione dei viaggi e dei luoghi visitati. In questi viaggi appare evidente un forte interesse per l’arte, scoperta nei territori o nei musei visitati, ma anche per la realtà sociale.
Grande ammiratore del lavoro fotografico di Henri Cartier-Bresson, il giovane giornalista mostra infatti grande attenzione alla gente che incontra e si sofferma a fotografare il loro mondo e la vita quotidiana. La sua capacità di rapporti, la sua curiosità e la semplicità di approccio gli permettono di avvicinare tanto i poveri della via Frascati a Roma, quanto i contrabbandieri di Palermo o le star del cinema presenti a Cinecittà, come Antony Perkins, Sophia Loren, Silvana Mangano, John Wayne … Qualunque sia l’origine o le lingue, riesce a conquistare la fiducia delle persone, così che le sue immagini risultano decisamente veritiere. Nelle sue fotografie, troviamo affinità certe con i grandi fotografi del tempo, ma anche uno sguardo - e una lettura - molto personale della realtà.
Nell’evoluzione del giovane fotografo, la vista di un monumento, di un quadro, di una scultura richiama le ore trascorse con la zia ad ammirare i capolavori del paese di origine del nonno Battista Gianadda, l’Italia.
Anche se nel 1957 scrive che “la vita della città non si scopre nei musei. Per avvicinarsi ad essa, toccarla e sentirla veramente, bisogna recarsi sulla piazza del mercato”, non esita a frequentare musei e a visitare i principali luoghi di interesse culturale dei vari paesi. Questi monumenti, però, non sono mai avulsi dalla realtà sociale. Ciò risulta evidente quando nel 1956 si reca in Egitto e sulla rivista Point de vue. Images du Monde scrive “si è molto parlato del Canale di Suez nelle scorse settimane, ma non c’è solo il canale in Egitto, c’è anche la miseria, della gente estremamente ospitale, dei templi straordinari … e anche le piramidi. La miseria? Corre per le strade.”
La mostra di Martigny ci porta così sulle tracce di Léonard Gianadda nella scoperta dell’arte e dei molteplici aspetti del mondo mediterraneo. È pertanto evidente che il senso artistico di questo mecenate, fondatore della prima grande istituzione svizzera privata di cultura e organizzatore impareggiabile di mostre, non nasce per caso nel 1978 in occasione della creazione della Fondation Pierre Gianadda, ma è il risultato di una passione e di una ricerca che maturano nel tempo e che già si manifesta pubblicamente nel 1953, quando presenta e commenta delle mostre di pittura che organizza con alcuni amici proprio a Martigny.
Mostra a cura Jean-Henry Papilloud e Sophia Cantinotti.