Leoncillo. Le carte e le Ceramiche
La mostra è stata organizzata dalla Galleria del Laocoonte di Roma, a cura di Marco Fabio Apolloni e Monica Cardarelli, valendosi della consulenza scientifica dell’esperto Enrico Mascelloni.
Comunicato stampa
Dal 29 ottobre si aprono i battenti della mostra Leoncillo. Le carte e le Ceramiche. La mostra che sarà aperta fino alla fine di dicembre 2018, e stata organizzata dalla Galleria del Laocoonte di Roma, a cura di Marco Fabio Apolloni e Monica Cardarelli, valendosi della consulenza scientifica dell’esperto Enrico Mascelloni.
Leoncillo Leonardi (Spoleto 1915-Roma 1968) è stato uno dei più importanti scultori italiani del ‘900 e il più grande nell’aver scelto la ceramica smaltata e non il marmo, o il bronzo, come materia unica della sua arte, levandola dai forni e dagli scaffali, negozi dell’artigianato, per porla sui piedistalli e nelle vetrine dei più importanti musei d’arte contemporanea.
Sarà un’esposizione divisa in tre sedi: presso la Galleria W. Apolloni di Via Margutta 53B sono collocate le sculture di ceramica, appartenenti al periodo figurativo e neocubista dell'artista, che vanno dal 1939 al 1957, affiancate da un nucleo di disegni che illustrano tutte le fasi dello stesso periodo. Nella nuova sede espositiva Spazio Babuino 136, che si inaugura per l’occasione come sede comune della Galleria del Laocoonte e della Galleria W. Apolloni, per piccole meditate esposizioni, è raccolto un nucleo di opere inedite di Leoncillo artefice d’oggetti d’uso: un servizio da thè ed uno da caffè modellato in forme ad un tempo attraenti e mostruose, calici sbilenchi e multicolori, piatti da parete con bassorilievi d’animali, un modello per camino e una cornice per specchio, che è metafisica e cubista nello stesso tempo. Anche qui un nucleo di disegni illustra l’opera del Leoncillo decoratore, che seppe declinare la propria scultura come arte applicata nella decorazione di tanti interni di cinematografi, bar, ristoranti e locali nella Roma del dopoguerra e del miracolo economico. L’ultima sezione della mostra è ospitata nella Galleria del Laocoonte di via Monterone 13-13A e comprende solo disegni dell’ultimo decennio dell’artista, morto nel 1968 a 53 anni, in cui egli abbandonò ogni motivo figurativo per dar forma a corpi di materia – sempre terracotta smaltata – dall’aspetto minerale, in cui il taglio, la frattura, l’apparenza della combustione, la suggestione di sangue o di lava resa dagli smalti, danno ad essi una vitalità tragica e drammatica.
La mostra è illustrata da un catalogo in due volumi rilegati, uno dedicato a Le Carte ed uno a Le Ceramiche, cioè ai disegni e alle sculture, entrambi a cura di Marco Fabio Apolloni e Monica Cardarelli, con due testi critici e schede di Enrico Mascelloni. L’opera è stampata dalla casa editrice De Luca Editori d’Arte.
Molte sculture in mostra sono inedite, come un grande Copricamino smaltato in nero blu e turchese, come i colori di una grotta marina, che appartenne all’attore Raf Vallone, oppure tre rilievi di paesaggio quasi astratti già ornamento dell’Hotel Universo di Roma. Due elementi solidi gemelli, sono probabilmente la prima opera astratta di Leoncillo. Una monumentale transenna di balaustra, inedita anch’essa, è esposta accanto al suo disegno preparatorio.
La protagonista della mostra è però la Sirena, uno dei tre “mostri” a cui Leoncillo diede vita nel 1939 ispirandosi alla pittura di Gino Bonichi, detto Scipione, il più visionario pittore della “Scuola Romana”. Essa è l’ultima dei “mostri” ancora in mani private ed uno dei capolavori più perturbanti della scultura italiana di primo novecento. Accanto a lei, con un corteggio di acquarelli a soggetto muliebre – Canefore, Ritratto di Elsa de’ Giorgi – è il “Ritratto di Mary” del 1953, da cui l’artista non si separò mai in vita, poiché in esso ritrasse Mary Jochemnse, Miss Olanda nel 1948, bellissima donna da lui amata. Inediti sono pure due piccoli rilievi, La Volpe e il Corvo e Il Lupo e l’Agnello – prestati dagli eredi che sono tra le opere più antiche dell’artista che, come Trilussa, nascondeva forse nelle favole di Fedro il suo precoce sentimento antifascista.
Un altro capolavoro è Il Corso del Tevere, esposto nello Spazio Babuino 136 accanto al suo disegno preparatorio, piccola sinfonia sul tratto urbano del fiume di Roma, scandito dalle sagome scomposte di familiari monumenti come Ponte Milvio, Castel Sant’Angelo, Ponte Rotto, l’Isola Tiberina, brillanti e colorati come in altrettante cartoline cubiste.
La scelta dei numerosi disegni che unificano e compongono la mostra sono stati studiati e vengono presentati come una prima campionatura per la ricostruzione della carriera dell’artista, e sono l’anticipo di una catalogazione più vasta, organica e precisa, in attesa di un futuro catalogo generale di tutta l’opera.