Leone Contini – Il sole sorge ad occidente
Contini prende in prestito gli strumenti dell’antropologia contemporanea per creare un corto circuito fra sfere di sentire e di significato comune.
Comunicato stampa
"Ritrovo in casa una mappa dell’Albania, è datata 1939, l’anno dell’invasione militare italiana. Probabilmente apparteneva a mio nonno, che durante la seconda guerra mondiale prestò servizio nei Balcani. Alcune località con epicentro in Tirana sono evidenziate a matita, puntini e linee che raccontano un tentativo di controllo e di dominio. Il progetto “riattiva” quei sentieri di guerra, ma da una prospettiva inedita: mi sono dedicato a una meticolosa rete di viaggi, il più possibile fedele ai segni tracciati sulla mappa. Quegli scarabocchi, oggi frammenti insensati che emergono come da un’amnesia, sono stati il pretesto per andare-tornare in quei luoghi e riempire i vuoti generati da una perdita d’informazioni irreversibile, per ripercorrere strade dimenticate, espulse dal ricordo individuale e dalla memoria collettiva.
L’Italia ha infatti rimosso dal dibattito pubblico il proprio passato coloniale, come la mia famiglia ha perduto le informazioni private relative alla mappa. Nelle mie mani la carta militare, in origine uno strumento di controllo su popoli e geografie, si è trasformata nella paradossale opportunità di espormi a eventi incontrollabili. Eppure non sono riuscito a perdermi del tutto, nonostante viaggiassi da solo in un paese sconosciuto, guidato da una mappa obsoleta. Venivo da un altrove ma, come intrappolato in diversi gradi di familiarità, non mi sono mai sentito “straniero”̀: al di sopra del logoro substrato coloniale si innesta infatti l’attuale diffusa dimestichezza con la lingua e la cultura italiana.
L’origine di questa “intimità” risale al tardo periodo comunista, quando in Albania si costruivano antenne televisive artigianali - e al tempo illegali - per captare il segnale televisivo italiano. L’antenna era un “dispositivo relazionale”, creato per avvicinare l’altro”, ma allo stesso tempo generava desideri allucinati e impossibili da soddisfare: attraverso la televisione italiana gli Albanesi idealizzavano i simulacri della società capitalista, in una tensione spasmodica verso una falsa promessa. Oggi, nell’era della comunicazione globale, questi dispositivi auto-costruiti sono diventati inutili (quasi tutti sono stati distrutti per recuperarne i metalli), e l’Italia non monopolizza più il desiderio collettivo dei propri vicini. Ma le antenne sopravvivono nella memoria di chi ha vissuto la transizione, e il fossile del segnale elettromagnetico italiano continua a fluire nel cielo tra i due Paesi. Mentre nel sottosuolo albanese i detriti dei fallimenti modernisti del XX secolo aspettano di essere disseppelliti, e fusi nuovamente“ (Leone Contini)
Leone Contini (*1976, Firenze) ha studiato Filosofia e Antropologia culturale all’Università degli Studi di Siena. La sua ricerca, incentrata in particolare sugli attriti, i conflitti e le relazioni di potere interculturali, sulla dislocazione, la migrazione e le diaspore, prende in prestito gli strumenti dell’antropologia contemporanea per creare un corto circuito fra sfere di sentire e di significato comune, attraverso l’uso di conferenze performance, interventi collettivi in spazi pubblici, racconti testuali e audiovisivi, blog e autopubblicazione. Contini ha realizzato mostre e interventi in tutto il mondo, e ha partecipato a numerosi programmi di residenza.
Il progetto, sviluppato durente la residenza al Tirana Art Lab - Center for Contemporary Art, è stato possibile con l'aiuto di nctm e l’arte: Artists-in-residence.
Supportato da Vessel, microgallery e Logu I Shkëndijës.