Letterio Consiglio – Memorie. Segni cancellati di una città

Informazioni Evento

Luogo
BELÌCE/EPICENTRO DELLA MEMORIA VIVA
Viale Empedocle ,7 91024 , Gibellina, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al
Vernissage
15/01/2015

ore 10

Artisti
Letterio Consiglio
Curatori
Ornella Fazzina, Michele Romano
Generi
documentaria, arte contemporanea, personale

Esposizione del maestro Letterio Consiglio che, in occasione del 47° anniversario del terremoto nel Belìce, si pone come ulteriore momento di riflessione. È l’arte, attraverso il suo ruolo fondamentale, che riesce a muovere sensazioni che ci riconducono a vivere i ricordi, ad attenuare i traumi ma, nello stesso tempo, a rinsaldare la memoria o le memorie.

Comunicato stampa

Inaugurazione mostra di Letterio Consiglio h 18.30
"MEMORIE. SEGNI CANCELLATI DI UNA CITTA'"
a cura di Ornella Fazzina e Michele Romano

A partire dalle ore 10.00, si aprirà a Belìce/EpiCentro della Memoria Viva l'”Archivio orale del Belìce”: il VIDEO BOX accoglierà tutti coloro che intendano lasciare una testimonianza del '68 del prima e del dopo terremoto. In quest'occasione sono invitati proprio tutti, testimoni diretti, coloro che hanno ereditato i racconti dei più grandi, anche coloro che vogliono lasciare un'impressione attuale o conoscere la memoria di quei tempi che diventano oggi identità condivisa. Ogni testimonianza verrà catalogata e archiviata come contributo umano ad accrescere l'Archivio Orale.

Inoltre è con grande soddisfazione che ospitiamo a Belìce/EpiCentro della Memoria Viva dalle ore 18.30, l'esposizione del maestro Letterio Consiglio che, in occasione del 47° anniversario del terremoto nel Belìce, si pone come ulteriore momento di riflessione. È l'arte, attraverso il suo ruolo fondamentale, che riesce a muovere sensazioni che ci riconducono a vivere i ricordi, ad attenuare i traumi ma, nello stesso tempo, a rinsaldare la memoria o le memorie.

Belìce/EpiCentro della Memoria Viva, che ha come obiettivo l'interessante racconto della storia della Valle del Belìce, di quelle storie fatte di movimenti e di uomini che hanno creduto e lottato nell'affermazione dei propri diritti per un cambiamento del proprio status quo, per meglio vivere secondo i principi della legalità e del rispetto, si caratterizza anche come luogo in cui si dà voce e si fa promozione del territorio o di quei territori della Sicilia che si contraddistinguono per la forte presenza di storie, di personaggi e di identità mutevoli.

La mostra “Memorie. Segni cancellati di una città” a cura di Ornella Fazzina e Michele Romano, vuole fornirci spunti e ragionamenti per una possibile rilettura delle città: luoghi in cui si consumano i nostri rapporti personali e collettivi, luoghi in cui si formano le nostre coscienze, luoghi in cui vivono le nostre idee e in cui si intesificano le nostre emozioni.

“La memoria non è nei supporti in cui essa si inscrive – dice Patrizia Violi – non è depositata nei testi, ma è nei processi di costruzione, interpretazione e traduzione del senso che li sottendono. Solo in questa chiave si può evitare una lettura sostanzialistica del rapporto fra la memoria e i suoi 'supporti' che non vanno visti come un archivio statico ma piuttosto come un insieme di tracce continuamente rileggibili e reinterpretabili, quindi sempre ulteriormente traducibili”.

Giuseppe Maiorana

direttore di Belìce/EpiCentro della Memoria Viva

TRA DEFINIZIONE E ASTRAZIONE
di Ornella Fazzina

Nel corso dei decenni l’astrazione geometrica si è trasformata in un linguaggio multiforme capace di innescare un dialogo vitale tra artisti di livello internazionale. Nella sua molteplicità di applicazione essa è stata adattata e trasformata da artisti di diversi orientamenti culturali, riconfermando concetti comuni di innovazione che continuano a motivare le nuove astrazioni contemporanee.

Nella storica differenza, volendo tracciare un breve excursus, laddove l’Astrattismo lirico si limita a cogliere aspetti delle cose che disvelano di esse l’affrancamento dalla contestualizzazione storico-ambientale per giungere alla sfera della pura immaginazione, l’Astrazione geometrica, invece, punta al riconoscimento delle strutture primarie che governano e sorreggono l’impianto del reale fino a farsene ragioni eidetiche e presidio della sua stessa esistenza, fornendo una consistenza ‘oggettiva’ a quella dimensione ‘oggettuale’ che costituisce il motivo primario tra le cose così come sono e la nostra attività percettiva.

Così, come quando si parla di Pittura analitica negli anni settanta, essa è da intenderla legata più a un presupposto concettuale e non da collocarla in un preciso periodo storico. Il concettualismo mirava all’abolizione della finalità oggettuale dell’opera spostando l’attenzione sul processo operativo e denunciando la materialità della pittura in favore di una sua definizione. Il quadro venne ricondotto al suo statuto oggettivo di corpo dipinto capace di costruire uno spazio con segni strutturalmente correlati.

Letterio Consiglio da sempre scarta dalla pittura l’evidenza ingannevole, propendendo per un rigore che procede per via d’astrazione verso un’analisi obiettiva. Egli fonda il proprio operato sul dialogo problematico con la forma, concentrandosi sul processo e dando luogo a un’esperienza estetica. Rinunciando al portato allegorico e simbolico, la sua ricerca sulla struttura dell’immagine non cede mai all’informe. Muovendosi sulle tematiche tanto care in quegli anni, Consiglio riafferma il valore della percezione che aveva caratterizzato la ricerca visuale e, senza escludere la fisicità della pittura, ritrova i tempi lenti della lettura di un’opera, focalizzando la percezione sulla prassi primaria del dipingere. Nel suo procedere cogliendo la natura percettivo-cognitiva del testo pittorico, l’artista approda a una costruzione di senso del rapporto pittura/superficie intensificata dalla inclusione della fotografia riecheggiante un luogo della memoria, la rievocazione della storia passata circoscrivibile in un’immagine intrisa di significato.

I lavori di Letterio Consiglio, presentati oggi a Gibellina, rientrano in un’indagine sulle possibilità del segno, ma anche sul concepire il dipinto come fosse un iper-testo facendo emergere la valenza semantica dell’opera. Che poi il segno sia più o meno percettibile, questo ha sempre la funzione di fornire delle qualità alla superficie, qualità disponibili a un occhio attento che sappia passare dalla mera percezione alla elaborazione di un pensiero, di un ragionamento sul valore linguistico della superficie e sul valore aggiunto, in questo caso, del riconoscere un luogo della memoria che solo una fotografia sbiadita può restituirci, sfuggendo così da un presente saturo di immagini attraverso una riduzione geometrica che rimanda anche alla geometria dei luoghi del vissuto costruiti dall’uomo.