Levia Gravia
Levia Gravia, delle cose leggere e delle cose pesanti, intende dunque indagare, attraverso la presentazione
di alcune recenti opere scultoreo installative dei sei artisti, la dimensione plurale del reale e degli sguardi
che su di esso si pongono al fine di afferrare, conoscere e comprendere il costituirsi di un mondo condiviso
Comunicato stampa
Levia Gravia è una mostra collettiva di arte contemporanea, a cura di Francesca Canfora e Roberto
Mastroianni, organizzata e ospitata dalla galleria Umberto Benappi Arte Contemporanea di Torino, che
presenta un dialogo intergenerazionale tra le differenti poetiche di tre artisti, ormai consolidati protagonisti
della scena nazionale e internazionale (Paolo Grassino, Domenico Borrelli, Carlo D’Oria), con tre giovani e
promettenti artiste emergenti (Gisella Chaudry, Sacha Turchi, Guendalina Urbani), mettendo in scena un
confronto tra approcci differenti, ma complementari, che pongono al centro la scultura intesa come pratica
narrativa e sperimentazione sui materiali, le forme, le tecniche e i linguaggi del contemporaneo.
Levia Gravia, delle cose leggere e delle cose pesanti, intende dunque indagare, attraverso la presentazione
di alcune recenti opere scultoreo installative dei sei artisti, la dimensione plurale del reale e degli sguardi
che su di esso si pongono al fine di afferrare, conoscere e comprendere il costituirsi di un mondo condiviso,
in cui le narrazioni sociali, culturali e morali devono fare i conti con le differenza di genere, di classe e
cultura e con la molteplicità delle forme e dei materiali, articolando quell’ossimoro che tiene insieme leggerezza e pesantezza e che caratterizza la presenza dell’umano nel mondo, in cui il “pesante” e il “leggero” convivono
completandosi senza escludersi a vicenda.
Cos’è LeviaGravia? In principio è un ossimoro, l’accostamento di due termini in contrapposizione, che tiene assieme il “grave” e il “lieve”, rimandando a quell’espressione latina, Levia Gravia (dagli aggettivi levis e
gravis, entrambi con lo stesso significato giunto a noi nella lingua italiana), divenuta famosa per il titolo di
una raccolta di poesie di Giosuè Carducci, pubblicata nel 1867 e ispirata a un verso dei Tristia di Ovidio, che
indicava le cose leggere per sentimento, ma pesanti (difficili) da fare. In questa mostra l’ossimoro, figura
retorica tra le più intriganti che la lingua possa utilizzare, diventa concetto operativo e curatoriale e viene
utilizzata nella sua valenza metaforica ed enfatica, al fine di attirare l’attenzione dell’interlocutore e del
fruitore e, al contempo, delineare lo spazio di una dimensione sospesa e senza nome, in cui è costretto a
muoversi l’umano. La dimensione antropologica si trova, infatti, sempre circoscritta dalla pressione della
pesantezza del reale (l’ambiente, la pressione delle pulsioni e degli stimoli, le impressioni, gli ostacoli, i
pericoli del materico,…) e dalla leggerezza di aspirazioni, desideri, sogni, necessità, emozioni, progetti,
facendo dell’uomo un animale teso tra l’immanenza e la trascendenza e sospeso in una dimensione
simbolica e linguistica capace di mettere in forma il mondo. Il concetto espresso dal titolo, per quanto
soggetto a molteplici interpretazioni e diverse sfumature, rimanda pertanto a quell’insieme possibile e
necessario, reale e immaginario di “cose lievi” e “cose gravi” che convivono nel mondo umano e che danno
forma alla dimensione antropologica individuale e collettiva. Le opere in mostra danno così vita a una
narrazione figurale, in cui il lieve e il grave diventano cifra espressiva e poetica di artisti di diversa età,
formazione e poetica che hanno nella loro carriera portato avanti una ricerca su forme e materiali, al fine di
restituire inquietudini e aspettative dell’umano singolo e associato nella condizione socio-storica attuale e nella dimensione esistenziale generale che costringe questo animale, precario e fragile, a rapportarsi con
un ambiente ostile facendolo diventare un mondo ospitale e abitabile.
Lieve e grave, attributi di norma legati in modo stretto alla materia, al dato fisico, corporeo ed empirico,
diventano così concetti operativi per dare forma a sculture e installazioni, che travalicano la dimensione
prettamente materiale e fisica della realtà, diventando emblematiche di una condizione antropologica e
ontologica dell’intersoggettività e della realtà.
I due differenti aspetti della materia risultano qui, in modo astratto e ideale, equivalenti e paritetici,
mostrando come il progresso e i cambiamenti socio-storici abbiano portato le arti contemporanee a
esplorare linguaggi, materiali e forme che hanno superato la concezione tradizionale della scultura,
storicamente associata a materiali "pesanti" e pregiati, in direzione di una metaforica “levitazione", che attraverso l’uso delle nuove tecnologie e di materiali innovativi hanno impresso una svolta alla pratica
scultorea, sancita in via definitiva dalle avanguardie storiche. Ciò permette di articolare una fisionomia della
scultura caratterizzata da tratti installativi che prediligono accostamenti, accumulazioni e assemblage di
materiali differenti, anche lievi, delicati e impalpabili come un soffio. La scultura ha iniziato così a cambiare
forma e perdere peso in modo legittimo, mantenendo però inalterato il suo valore e la sua densità
simbolica e significante; intercettando questa traiettoria diviene interessante indagarne le recenti
evoluzioni, aprendo un confronto e un dialogo tra artisti e artiste di generazioni differenti.
In questa prospettiva, tre scultori mid-career - Paolo Grassino, Domenico Borrelli e Carlo D'Oria - da sempre
dediti a una scultura in cui massa e peso hanno giocato un ruolo di primo piano, sono qui affiancati da tre
promettenti artiste emergenti - Gisella Chaudry, Sacha Turchi e Guendalina Urbani - che hanno assunto
come principi cardine levità e delicatezza. In entrambi i casi, siamo di fronte a un’indagine sul senso della
presenza umana nel mondo, sulla dimensione antropologica e sulle forme dell’espressione che permettono
agli artisti di indagare l’inquietante, fragile e precaria condizione umana (Grassino e D’Oria), la dimensione
strutturale della realtà e della corporeità (Borrelli, Grassino e D’Oria), le forme della realtà nel loro divenire
e nella loro emersione simbolica (Chaudry, Grassino, D’Oria) e l’indagine sul movimento, la leggerezza dei
materiali e la densa potenza simbolica del linguaggio e dei segni (Chaudry, Turchi, Urbani), che danno forma
al nostro mondo condiviso. Tutti gli artisti presenti in mostra hanno sperimentato nella loro pratica e nella
loro carriera materiali e tecniche differenti per rispondere alla sfida di rendere, con i linguaggi del
contemporaneo, sensata e significativa la presenza dell’azione umana, sia nei suoi elementi strutturali ed
esistenziali, sia nei sui elementi socio-storici, culturali e intersoggettivi. Questa mostra vuole essere la
presentazione di una selezione di opere e temi che caratterizzano la poetica dei sei artisti, nei loro recenti
sviluppi, dando forma a una complessa narrazione figurale che racconta quello spazio indefinito tra “cose
leggere” e “cose pesanti” che danno vita allo spazio esistenziale dell’uomo, indagandone strutture, forme
ed evoluzioni.