Libero spazio libero
Le opere in mostra, in parte inedite in Italia o riportate a una nuova vita espositiva, guideranno i visitatori in un percorso alla scoperta del rapporto tra corpi, libertà e spazio.
Comunicato stampa
Giulia Niccolai, Martha Rosler, Lucy Orta, Claudia Losi e Claire Fontaine sono le artiste protagoniste di LIBERO SPAZIO LIBERO, la nuova mostra promossa e organizzata dalla Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna. L’esposizione, curata da Fabiola Naldi, sarà aperta al pubblico gratuitamente da sabato 15 gennaio a venerdì 15 aprile 2022 a Palazzo Paltroni, via delle Donzelle, 2.
Le opere in mostra, in parte inedite in Italia o riportate a una nuova vita espositiva, guideranno i visitatori in un percorso alla scoperta del rapporto tra corpi, libertà e spazio. Da Martha Rosler e Giulia Niccolai, due autrici così distanti ma unite dalla volontà di far coincidere poesia, performance, arte e suono, si giunge a Lucy Orta, Claudia Losi e Claire Fontaine che mostrano come l’arte possa essere resa come uno spazio di svuotamento degli stereotipi.
Le cinque artiste, di differenti generazioni e provenienze, si presentano come libere interpreti di uno spazio che inizialmente è puramente espositivo, ma poi si lascia manipolare per estendersi alle necessità di ciascuna. Un differente uso della parola, della scrittura, dell’oggetto e del corpo porta alla riconquista di uno spazio sociale, soggettivo, critico e di denuncia.
La scomparsa di Giulia Niccolai nel giugno 2021 ha impedito di portare a termine la conversazione iniziata con l’artista su Libero Spazio Libero, ma si è deciso di riportare all’attenzione del pubblico alcune preziose opere visive presenti negli archivi del Museion di Bolzano e una collaborazione con Maurizio Osti del 1972.
Di Martha Rosler in mostra i due video Vital Statistics of a Citizen, Simply Obtained (1977) e Secrets From the Street: No Disclosure (1980), con la volontà di parafrasare l’intero progetto anche attraverso le parole dell’artista, tradotte per la prima volta per il pubblico italiano.
Claudia Losi presenta un’opera fotografica mai esposta, Dettaglio foto documentarie delle tappe del viaggio della balena Goliath, 1959-1977 (2021) e un intervento site specific nelle sale espositive della Fondazione del Monte.
Dal dialogo fra Lucy Orta e la curatrice è emersa la necessità di mostrare tre opere degli anni Novanta della serie Refuge Wear, corredate da un prezioso disegno a supporto dell’installazione.
Claire Fontaine dialogherà attivamente con lo spazio espositivo insinuandosi sulle pareti tramite una serie di interventi linguistici pensati appositamente e tre opere “rigenerate” dalla collaborazione fra il collettivo e la curatrice.
«Fondazione del Monte accoglie nei propri spazi espositivi Libero Spazio Libero, ulteriore tappa di un percorso tutto declinato al femminile, due anni dopo la mostra collettiva 3 Body Configuration.
Da alcuni anni, infatti, abbiamo scelto di dedicare una particolare attenzione alle donne, ponendo il tema di genere al centro di una riflessione estetica e culturale fortemente intrecciata alla critica del presente – dichiara Giusella Finocchiaro presidente della Fondazione. Il messaggio che affidiamo alla mostra è proprio questo: l’arte può concretamente dischiudere gli spazi e allargare la visione su un mondo mai come in questi ultimi tempi tanto ripiegato su se stesso e costretto entro i limiti fisici delle nostre case.».
«Spazio, contesto, identità sono ambiti che nel corso della ricerca estetica degli ultimi decenni hanno rappresentato vere e proprie urgenze critico scientifiche. Certamente il periodo tanto drammatico quanto contraddittorio che stiamo tutti vivendo ha ulteriormente messo in campo questioni già presenti in molti movimenti artistici attivi dalla fine degli anni Sessanta ma che ora appaiono indispensabili – spiega la curatrice Fabiola Naldi. Lo spazio, nel caso della mostra, è uno spazio chiuso nei confini di un luogo espositivo istituzionale che può al contempo amplificare la frustrazione del limite ma offrire l’occasione di costruire l’ipotesi di un dialogo con le storie delle artiste invitate. È tuttavia anche uno spazio libero, che riporta agli spazi pubblicitari stradali di grandi dimensioni in cui si annuncia la possibilità di inserimenti pubblicitari a pagamento, ma allo stesso tempo può rappresentare l’occasione illegale e vandalica di subentrare all’annuncio con un significato alternativo» prosegue Naldi. «Il museo certamente contrasta con il concetto di spazio collettivo condiviso a confronto con l’idea di contesto e città, ma al contempo le artiste e i gruppi invitati, come anche alcune opere storiche esposte, rappresentano la costruzione di un’esperienza e di una fruizione alternativa in grado di rinnovare lo stesso concetto di libertà e di spazio. Memoria, identità, relazione con tempo e spazio del proprio vissuto trascendono l’idea di una dimora stanziale a favore di un’idea e di una reale capacità di oltrepassare lo schema sociale convenzionale».
La mostra è accompagnata da un volume edito da SETE edizioni, con una raccolta di testi per lo più inediti e interviste alle artiste realizzate per l’occasione.
Biografie e opere in mostra
GIULIA NICCOLAI (1934-2021)
Nata a Milano da madre statunitense e padre italiano, inizia giovanissima a fotografare, prima in Italia e poi negli Stati Uniti. Nel 1966 pubblica da Feltrinelli il suo primo romanzo Il grande angolo, a testimonianza del periodo dedicato alla fotografia. Con Adriano Spatola nel 1972 fonda a Mulino di Bazzano la rivista di poesia TAM TAM e l’omonima collana di poesia sperimentale, proseguendo inoltre l’attività editoriale delle Edizioni Geiger, ideata dai fratelli Spatola a partire dal 1967. Per Geiger, Niccolai pubblica alcuni testi che rientrano nell’ambito della poesia verbo-visiva, come la raccolta Humpty Dumpty (1969), i nonsense geografici Greenwich (1971), o il libro d’artista Poema & Oggetto (1974). Si occupa inizialmente di poesia concreta, poesia visuale, poesia sonora e successivamente si dedica alla poesia lineare. Partecipa a numerose esposizioni di poesia visiva e, nel 1979, cura con Adriano Spatola la rassegna “Concreto & Visuale” all’Università di Sydney e alla National Gallery di Melbourne. Dopo la separazione da Adriano Spatola, vive a lungo in India, dove abbraccia il buddismo, diventando monaca buddista nel 1990.
In mostra: POEMA, cartoncino, colla, carta colorata, 1980 courtesy Museion Bolzano;
Untitled (’Poema’), Legno, gesso, garza, assemblage su masonite dipinto di bianco, composto dalla parola "POEMA" realizzata con lettere a rilievo e ricoperte da garze e gesso, n.d. courtesy Museion Bolzano; Hypotetical line, Maurizio Osti & Giulia Niccolai, da “Geiger 5”, 1972 courtesy Archivio Maurizio Osti
MARTHA ROSLER (1943)
Dopo un’iniziale carriera come pittrice, opera con video, fotografia, testo, installazione e performance: sceglie il linguaggio dell’extra-artistico, dove il transmediale diviene sostanziale per affrontare questioni urgenti quali la guerra, le logiche del controllo di massa, gli stereotipi femminili e la pubblicità, come nei celebri fotomontaggi Bringing the War Home. La sua ricerca si concentra perlopiù sulla sfera pubblica e sul ruolo della donna viste attraverso il filtro della vita quotidiana e dei mass media. Ha pubblicato diversi libri di fotografie e testi critici attorno alle tematiche dello spazio urbano e alle attuali problematiche legate alla gentrificazione e rigenerazione sociale. Il suo lavoro è stato esposto a livello internazionale e i suoi scritti sono stati ampiamente diffusi su testate quali Artforum, e-flux journal e Texte zur Kunst.
In mostra: Vital Statistics of a Citizen, Simply Obtained, 1977 - video, colore, sonoro, 39’20 courtesy l’artista e Electronic Arts Intermix (EAI); Secrets From the Street: No Disclosure, 1980 - video, colore, sonoro, 12’20” courtesy l’artista e Electronic Arts Intermix (EAI).
LUCY ORTA (1966)
Fin dai primi anni ’90, individualmente o con il marito Jorge Orta, indaga le interrelazioni tra il corpo singolo e le strutture della comunità, esplorando le diverse identità e i mezzi di coabitazione. Tramite il disegno, gli abiti-scultura, la fotografia, il video e la performance realizza importanti e indimenticabili corpus di opere come Refuge Wear e Body Architecture, habitat portatili e autonomi che riflettono su questioni di mobilità e sopravvivenza umana; Nexus Architecture, abbigliamento e accessori che modellano corpi modulari e collettivi attraverso la metafora del legame sociale; Life Guards e Genius Loci, strutture indossabili che ritraggono sia la vulnerabilità che la resilienza umana. Allo stesso tempo attiva importanti processi di co-creazione e metodi inclusivi con diverse comunità quali i detenuti delle carceri, i richiedenti asilo, i senzatetto e i residenti nei centri di accoglienza.
In mostra: Refuge Wear - Mobile Cocoon with Detachable Baby Carrier, Poliestere spalmato termocromico, poliammide spalmato PU, serigrafia,1994 courtesy l’artista @ADAGP, Parigi; Refuge Wear - Ambulatory Survival Sac, Poliestere spalmato termocromico, poliammide spalmato PU, serigrafia,1995 courtesy l’artista @ADAGP, Parigi; Refuge Wear, disegno su carta, 1994 courtesy l’artista @ADAGP, Parigi.
CLAUDIA LOSI (1971)
Dopo gli studi presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna e la Facoltà di Lingue e Letterature Straniere, nel 1998 viene selezionata per il Corso Superiore di Arti Visive della Fondazione Antonio Ratti, a Como (visiting professor: Hamish Fulton). Nel 2000 partecipa all’International Studio Program P.S.1 New York, recentemente è stata invitata come artista in residenza allo Studio Orta – Les Moulins di Parigi, al JCVA in Israele, Art Omi International di New York e al NTU CCA di Singapore. Elementi fondanti della sua ricerca sono il rapporto tra l’uomo e l’ambiente che lo circonda, le relazioni tra l’individuo, la comunità a cui appartiene e l’immaginario collettivo in cui si identifica. Forte è il suo interesse per le scienze naturali e letteratura che si sviluppa in progetti pluridisciplinari e collaborativi.
In mostra: Dettaglio foto documentarie delle tappe del viaggio della balena Goliath, 1959-1977, stampa su carta fotografica e intervento manuale, 2021 courtesy l’artista;
Lost in Wonder, Intervento site specific, stampa su serigrafia vinilica, 2022 courtesy l’artista.
CLAIRE FONTAINE (2004)
Nome singolare e femminile del collettivo fondato a Parigi nel 2004, dal 2018 Claire Fontaine vive e lavora a Palermo e ha uno studio nel centro storico, precisamente nel quartiere della Kalsa vicino a Piazza Magione. Prendendo come ispirazione per il proprio nome una popolare marca di quaderni e cancelleria scolastica francese, Claire Fontaine si è dichiarata artista ready made. Il nome, inoltre, può anche essere riferito alla celebre opera di Marcel Duchamp, conosciuta come il più noto ready made del Novecento. Con la suo approccio concettuale e politico Claire Fontaine è nota sia nei luoghi istituzionali, quali musei e gallerie, che nelle pratiche militanti. Migrazione, controllo sociale, rapporti tra i generi, sessualità, individualità, lavoro, rivoluzione, reclusione nella famiglia, sono solo alcuni dei temi trattati dal collettivo.
In mostra: Untitled (Postcard rack / #me too Olympia)', cartoline a stampa digitale ed espositore, 2018 courtesy l’artista e T293, Roma; Untitled (anemic moon), stampa digitale su carta, 2018 courtesy Galleria T293 e l’artista; Untitled (We are all IV), pittura spray su serigrafia, 2015 courtesy l’artista e T293, Roma; Installazione site specific con testi di Claire Fontaine, 2022 courtesy l’artista.