Liselotte Frauenknecht – Maria+Fritz. Una cronaca
Sempre di noi si parla, in controluce, da anima a anima. Siamo tutti noi che, giunti a una curva stretta, dobbiamo riconciliarci con la vita. Ma la memoria non fa che stringere ancor più il nodo, e ci impone un più arduo interrogativo. Ci sarà un’altra storia? Continuerà oltre la fine?
Comunicato stampa
A specchio
La vita trascritta per frammenti, in stile telegrafico. E’ la storia (ombra di tutte le vite) della famiglia d’origine di Liselotte Frauenknecht. Memoria e cronaca del destino. In realtà: de te fabula narratur, sempre di noi si parla, in controluce, da anima a anima. Siamo tutti noi che, giunti a una curva stretta, dobbiamo riconciliarci con la vita. Ma la memoria non fa che stringere ancor più il nodo, e ci impone un più arduo interrogativo. Ci sarà un’altra storia? Continuerà oltre la fine?
Dove andare dunque a cercare ciò che non si trova in nessun alfabeto, in nessun codice, in nessuna forma linguistica se non nella pittura! La visione, come già suggeriva Roland Barthes, è significante svelato. Significa se stessa, non altro. Al diavolo il messaggio.
Questi fogli esposti richiamano per prima cosa il senso delle partiture musicali. Spartiti a cui si può aggiungere il tempo scandito (lo stesso tempo delle nostre vite) e l’eco della voce, in una forma dura della voce. Voce interiore, silenziosa.. La vera visione la si riconosce, in fondo, perché ama il silenzio. Ecco, il silenzio. Quel che collega sotterraneamente le opere di Liselotte Frauenknecht è proprio quel perturbante silenzio giunto all’improvviso dopo il corpo a corpo con l’esistere, un silenzio che tuttavia lascia affiorare i segni del duello recente, le ferite, l’urlo strozzato in gola, lo sconvolgimento, la scia del sangue…
E’ poi possibile scorgere in queste opere l’aggregarsi e il disgregarsi di una trama. Anche questa è visione interiore, più vicina a una cadenza musicale che a un racconto...
Scintille, pulsioni profonde, scariche elettriche del vissuto.
Tutto avviene, o è avvenuto, nel segno del notturno e dell’inquieto, nel luogo occultato dalla chiarezza illuministica. Qui si scava, al buio, nel luogo più temuto, nel bel mezzo del labirinto, in solitudine. Si afferrano schegge e sono orme lasciate dal dàimon.. C’è una forza pulsante qui, una ricerca di verità e di panico che scompiglia l’anima, la porta altrove. Dove? Verso l’altra parte di sé. Così, mentre guardiamo, continuiamo a essere guardati. A specchio.
Dario Capello