Livio Marino Atellano – Il teatrino degli arresi
Mostra personale
Comunicato stampa
BIOGRAFIA BREVE
Livio Marino Atellano e’ nato ad Atella di Napoli nel 1946 e risiede a Capua (Caserta) dove vive e lavora. Diplomato al Liceo Artistico di Napoli, completa gli studi all’Accademia di Belle Arti della stessa città. E’ stato tra i promotori del “Gruppo Studio P 66 Terra di Lavoro”, della “Comune 2", del “Collettivo Linea Continua Terra di Lavoro” e del “Livio Marino & Antonello Tagliaferro S.r.L.”.Ha Insegnato Discipline Pittoriche al Liceo Artistico S. Maria Capua Vetere (Caserta).
Gli arresi siamo noi
Luca Palermo
Gli arresi siamo noi. Silenziosi esseri striscianti in una fogna che chiamiamo società. Il pensiero, le azioni, la mente, le sperimentazioni non trovano posto nella realtà quotidiana. Devi pensare i pensieri di chi ha più potere per restare a galla. Il potere: è tutto racchiuso in questa parola. Viscidi giochi di potere portati avanti da chi ritiene che possa bastare questo per far progredire la società. Invece la società regredisce sempre di più, sempre più velocemente. La vita è misera se vissuta in tal modo. Per queste ragioni gli arresi siamo noi. La nostra, tuttavia, è una resa costruttiva. Alziamo le mani, sventoliamo bandiera bianca, ci ritiriamo dalle scene, facciamo spazio a qualcun altro; qualcuno disposto a vendere persino la madre per vivere il suo quarto d’ora di gloria; qualcuno che non teme di dover chinare la testa perché il suo sguardo ha perso la fierezza che ci fa camminare dritti; qualcuno che sarà servo per tutta la vita, credendo invece di essere il padrone. Testa bassa, pugni chiusi guardiamo le nostre gambe macinare chilometri ed ingoiare desideri racchiusi dentro un guscio ermetico; è un guscio impenetrabile: i desideri, i sogni, le speranze e le ambizioni resteranno tali. Non c’è spazio per tali cose nel nostro tempo. Un tempo in cui persino il darwinismo viene a mancare: non sopravvive il più adatto, ma chi striscia meglio; chi accetta la mediocrità e ne fa la sua ragione di vita. Allora dovremmo essere quasi felici di esserci arresi: noi non sappiamo strisciare, non sapremo mai farlo. La nostra resa non è un atto di vigliaccheria o una mancanza di coraggio. La nostra resa è speranza, fiducia, serenità. Ci arrendiamo perché abbiamo degli ideali su cui abbiamo costruito tutta la nostra vita e mai potremmo rinnegarli. La purezza d’animo non appartiene al nostro tempo. Ci arrendiamo perché siamo stufi di combattere quotidianamente una guerra tra poveri, mentre “i ricchi” ridono di noi, di tutto. Ci arrendiamo perché vogliamo essere liberi. Non vogliamo passare il resto della nostra vita a dover dire grazie e a chinare il capo dinanzi a chi ci ha permesso di ottenere qualcosa. Alziamo le mani e con le mani alzate vi voltiamo le spalle e andiamo via. Fieri di quello che abbiamo fatto; fieri di averlo fatto senza scendere mai a compromessi con il potente di turno. Fieri di essere gli ultimi se i primi sono quelli che più di tutti hanno saputo fingere. Dove ci porterà questa nostra resa? Ancora non lo sappiamo; forse abbiamo persino paura di scoprirlo. Cercheremo il nostro spazio; uno spazio in cui possiamo essere noi stessi, in cui non debba fingere, in cui non ci debba essere bisogno di fingere. Voi che restate, invece, riflettete. Analizzate il vostro vissuto quotidiano; ponetevi una domanda, una sola: ne vale la pena? State vivendo una vita che non è la vostra. Chiedetevi: sarei mai riuscito/a ad ottenere quello che ho senza aiuti? Una buona metà di voi risponderà mentendo a tale domanda; e la cosa che mette i brividi è che state mentendo sapendo di mentire. Allora noi che ci arrendiamo stiamo vincendo. Voi che restate avete già perso.
Viva la resa.