Loredana Moretti – Le vie di ferro
Un viaggio in trentadue fotogrammi per una sintesi della vita lungo le linee ferrate che, come fragili capillari, si disegnano sul “tacco d’Italia”; una visione del Salento – questa – sospesa tra malinconici stati di abbandono e storie, intime e personali, ancora tutte da raccontare.
Comunicato stampa
“Si prende sempre un treno per qualche parte.
Al termine del marciapiede sventolano mani e fazzoletti.”
Gilbert BEACUD (1927 – 2001)
Cantante e compositore francese
La Galleria Fotografica Luigi Ghirri di Caltagirone CT,
e l’inizio di un nuovo anno – al tempo della crisi –, un incipit che porta con se un auspicio di cambiamento.
E quale miglior presagio di un viaggio, per guardare oltre la zavorra di un tempo che arranca: le trentadue fotografie di Loredana MORETTI – valente fotografa pugliese apprezzata da Giovanni CHIARAMONTE – segnano un percorso per immagini lungo le ferrovie, quelle vie di ferro che come fragili capillari, prima di dare il titolo alla mostra, venano il “tacco d’Italia”, quel Salento percorso, documentato e raccontato da questi fotogrammi quadrati e colorati, autentiche finestre attraverso le quali assenze e sguardi, vuoti e prospettive oggetti e graffiti lo fermano questo tempo strano e vecchio e nello stesso tempo foriero di novità.
Può una mostra, pur nella sua atmosfera sospesa, scrivere una storia – nuova – oltre che raccontarla?
Forse si e, per questo 2015, lo si vorrebbe credere.
Sebastiano FAVITTA e Attilio GERBINO
Galleria Fotografica Luigi GHIRRI
Caltagirone, dicembre 2014
Il treno … che verrà
Quando la fotografia parte e si mette in viaggio, si avvia una narrazione che non è solo al passato, e non si ferma soltanto al presente perché, dipanando una trama, si fa progetto che si proietta nel futuro: se Loredana MORETTI – mossa da una richiesta di documentazione, espressa dal Dipartimento di Architettura ed Urbanistica dell’Università di Bari – comincia a percorrere la rete di strade ferrate segnate in questo estremo lembo d’Italia, sgranando il suo rosario di caselli ferroviari abbandonati al degrado e alla malinconia della memoria dei luoghi e delle persone che ancora vi abitano, presto e consapevolmente inizia a raccontare una sua storia … delle storie che sue non sono, storie innumerevoli e varie accomunate dal sottile velo di mestizia, quella sorta di impronta vuota, di cui si veste l’assenza quando la vita migra.
Lo sguardo errante della MORETTI, nel solco di quella grande fotografia italiana, attenta ai luoghi osservati e raccontati come traslati dell’anima, resta essenzialmente una visione dentro: oltre la superficie e il momento cristallizzato sugli oggetti e gli ambienti – ancora abitati da un eccentrico residente, un casellante artista in bilico “tra necessità e vocazione” – queste fotografie, come finestre discrete sussurrano una storia, non la concludono. Nel tempo sospeso tra i silenzi e la polvere di anni, le lame di luce nei vuoti horror vacui di stanze in attesa e l’improvviso quanto repentino vortice di un convoglio in transito, queste immagini quadrate e abilmente tagliate trasfigurano i flashback di una vita che fu in flashforward rivelatori di accadimenti futuri.
Una visione in transito quindi che, come una sirena, ammalia, strugge e prefigura: oltre le sue porte aperte, i varchi infiniti delle sue prospettive – realmente aperti o solo sensibilmente intuibili oltre le pareti grigie –, la dove l’orizzonte accoglie il vertice della nostra visione, proprio li probabilmente va cercato l’inizio oltre la fine, il contatto oltre la distanza per scrivere una trama finalmente nuova e possibile nonostante l’insolente e finta immobilità del presente. E questo inizio – noi – intenzionalmente lo cercheremo.
Attilio GERBINO
Galleria Fotografica Luigi GHIRRI
Riesi, dicembre 2014
"Viaggiare è essere infedeli. Siatelo senza rimorsi.
Dimenticate i vostri amici per degli sconosciuti.”
Paul MORAND (1888 – 1976)
Scrittore e diplomatico francese
Le vie di ferro
Il progetto, nato inizialmente come documentazione del “disagio abitativo” tout court, su incarico del Dipartimento di Architettura ed Urbanistica di Bari si è successivamente focalizzato su quegli aspetti collegati alla difficile realtà lavorativa/abitativa e gestionale dei caselli ferroviari, con particolare riferimento alle Ferrovie Sud Est del Salento.
Lo sviluppo del progetto mi ha portato emotivamente a collegare il disagio ad una realtà che ben conoscevo,
avendo già documentato fotograficamente, da oltre dodici anni, la vicenda umana ed artistica di un caro amico, casellante per necessità e pittore per vocazione.
Ho percorso ”le vie di ferro” del Salento, fermandomi nelle stazioni, nei caselli funzionanti ed in quelli ormai in disuso. Il Salento è magia, colore, luci, scandito da un tempo che sembra sospeso. L’accoglienza, il calore ed i preziosi racconti delle tante persone incontrate sono stati per me motivo di grande stimolo ed emozione. Negli sguardi e nelle parole sospese ho letto la speranza che potessi essere portavoce delle loro esistenze, delle condizioni difficili, e dell’illusione di un cambiamento. Con semplicità e dignità ognuno ha scelto lo spazio e il tempo del racconto, recuperando i ricordi e l’emozione di una vita dedicata a questo lavoro. Pensando che il proprio vissuto fosse un piccolo mondo, quando invece ha rappresentano la storia e i cambiamenti che stanno portando, oggi, alla chiusura dei caselli.
La memoria rappresenta il frutto del presente ed il seme del futuro, perché grazie a tanto lavoro, attraverso le singole storie, si percorre la via dell’essere, ognuno, storia. Il passato ed il presente sono le stratificazioni e la rete delle relazioni che ognuno di noi ha avuto, ha ed avrà con l’esterno che siano la famiglia, il lavoro, l’ambiente. Sono effetti di cause, azioni e reazioni, stimoli e indifferenza, amore e odio. Oggi si creano distanze, si “utilizzano mezzi” per comunicare, non sguardi, non il suono delle parole che possono vibrare insieme ad altre, se vissute nella contemporaneità dell’essere. Ed allora si perdono nell’indifferenza i racconti, perché non c’è chi desidera ascoltare la nostra cultura semplice e profonda. Cerchiamo al di fuori, lontano, come se questo avesse più valore della quotidianità e della storia della porta accanto, dimenticando l’importanza del contatto umano.
Il mio lavoro di fotografa mi ha regalato uno sguardo diverso sul mondo, come se avessi il ”terzo occhio”, che è per me quello degli opposti: grandi gioie o grandi dolori. È quello sguardo che offre un contatto diverso, una distanza che non c’è, la scoperta di dettagli e di storie infinite. Le mie immagini ne rappresentano alcune: pittori e scultori, un costruttore di vascelli in miniatura e chitarrista, una donna che ha partorito diciotto figli nel casello.
Tutti i caselli verranno chiusi in breve tempo, saranno automatizzati. Credo sia un atto dovuto donare loro dignità con un progetto che fissi le identità in uno spazio della storia comune.
Loredana MORETTI
Fotografa