Lorenzo Indrimi
Si tratta di una piccola ma importante esposizione antologica, tale da ripercorrere la carriera artistica di questo epigono della “Scuola Romana”, autore di struggenti vedute romane.
Comunicato stampa
INCONTRO ATTRAVERSO I MUSEI DEL TERRITORIO
LORENZO INDRIMI Solo exhibition
Per l’ottava edizione della Giornata del Contemporaneo, sabato 6 ottobre alle ore 11,00, nella Sala 5 della Pinacoteca di Latina sarà inaugurata la mostra di Lorenzo Indrimi, a cura di Fabio D’Achille per MAD Rassegna d’Arte Contemporanea e della storica e critica dell’arte Marcella Cossu, direttrice della Raccolta Manzù di Ardea, in collaborazione con i musei Giacomo Manzù di Ardea, Duilio Cambellotti di Latina ed Emilio Greco di Sabaudia, tre storiche realtà museali di fondamentale rilevanza per la promozione e la valorizzazione dell’operato artistico di Indrimi. Introdurrà la mostra l’intervento critico del Prof. Giorgio Maulucci.
LORENZO INDRIMI ESPONE A LATINA
Il seguente progetto è stato ideato nell’ambito di una programmazione culturale portata negli anni avanti dalla Raccolta Manzù di Ardea, museo collegato con la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, in collaborazione con enti locali ed associazioni territoriali del Lazio centro-meridionale, in base ad un sempre più diffuso principio di sussidiarietà ed interazione socio-culturale che porta a “fare rete” specialmente con eventi ed esposizioni riguardanti l’arte contemporanea.
La Raccolta Manzù, a tale riguardo, si è di recente trovata ad operare più di una volta di concerto con il Museo Civico Duilio Cambellotti e la Direzione della Pinacoteca Comunale della Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Latina, e con il Museo Emilio Greco di Sabaudia, istituzioni accomunate dall’ospitare nuclei monotematici di grandi artisti scultori-disegnatori provenienti da fuori, in qualche misura tutti “adottati” dall’Agro, ad onta delle diversificate origini. Il quarto artista “in tanta gloria”, l’unico per inciso ancora vivente, è appunto Lorenzo Indrimi, artista romano nato nel 1930, particolarmente legato alla città di Sabaudia sia per le frequentazioni comuni con Emilio Greco, sia, soprattutto, per avervi lungamente avuto dimora, e per avere da alcuni anni le proprie opere all’interno della Torre Civica di Sabaudia, oggi “Torre di Dante” contigua allo stesso Museo Emilio Greco. L’artista ha inoltre, abbastanza di recente, donato due importanti dipinti alla stessa Pinacoteca di Latina.
In occasione della sesta Giornata del Contemporaneo, nell’ottobre 2010, lo ho quindi invitato ad esporre presso la Raccolta Manzù di Ardea, in quanto rappresentante storico dell’arte del territorio, per il programma di iniziative “Manzù. L’arte e il territorio”; il Museo Emilio Greco di Sabaudia infine lo ha invitato la scorsa estate a tenere una mostra dal titolo “Notturni”.
Per quanto riguarda la presente proposta espositiva, si tratta di una piccola ma importante esposizione antologica, tale da ripercorrere la carriera artistica di questo epigono della “Scuola Romana”, autore di struggenti vedute romane così come di suggestive mareggiate sul litorale pontino- partendo dalle esperienze astratto-concrete degli anni cinquanta –sessanta, quando era, nella capitale,uno dei giovani di punta della prestigiosa Galleria dell’Obelisco diretta da Gaspero del Corso e Irene Brin, transitando nei “settanta” per il periodo astratto-geometrico, dei multipli in perspex e acciaio, delle cianografie, della ricerca sui concetti di spazio e vuoto, ricollegabili alle correnti minimaliste d’oltreoceano (cfr. John Cage etc.), senza dimenticare la collaborazione con l’altrettanto importante Galleria Marlborough di Carla Panicali, sempre a Roma, e, al volgere degli anni ottanta, la trasferta e l’esperienza artistica negli USA. Il ciclo di acqueforti dedicate all’illustrazione della Divina Commedia esposte nel 1980 al Braccio di Carlo Magno in Vaticano, la pittura, sempre più metafisica e sottile, in larga parte ispirata dai luoghi pontini, l’illustrazione di una serie di libri aventi ad oggetto il fenomeno sinestetico tra diverse espressioni artistiche, in un processo di graduale “spoliazione” dai fattori terreni per addentrarsi nell’iper-luce e nell’iper–spazio di un oltre che per Indrimi è qui e ora, tutto questo costituisce la testimonianza di una parabola artistica e umana ugualmente significativa dal punto di vista museale ed eco-museale. L’impegno etico, come nella serie dei dipinti riguardanti la tragedia delle Twin Towers, riportando bruscamente l’artista nei parametri della vicenda umana, ce lo rende particolarmente vicino da un punto di vista meramente sensoriale, per quanto riguarda il godimento e la comprensione del binomio forma-colore, insolitamente esplosivo nell’impatto dell’astra- zione.
(Marcella Cossu, Critica e Storica dell’Arte, Direttrice della Raccolta Manzù di Ardea, settembre 2012)
Secondo quanto afferma Vincenzo Scozzarella, “Lorenzo Indrimi è uno dei più interessanti interpreti del territorio; nel suo lessicoo si attua una felice sintesi tra iconico e aniconico nella quale il lago, il paesaggio è quasi pretestuale per un più intimo e profondo racconto”.
(Vincenzo Scozzarella, Critico e Storico dell'Arte, Direttore del Museo Civico Duilio Cambellotti)
STURM UND DRANG
Notturni e lune di Lorenzo Indrimi pittore “sottile”
I Notturni di Lorenzo Indrimi, ciclo pittorico di acrilici tendenti all’astrazione, trae origine da un primo quadro realizzato per il volume Ut pictura musica, del 1990, dove l’artista indagava insieme con il critico Sandro Cappelletto rapporti e sinestesie tra opere pittoriche e una selezione di celebri brani musicali di compositori di varie epoche. In tale contesto, il Notturno veniva assimilato a quello, musicale, di F. Chopin, opera n.62 n.1 in si minore, e l’ “accoppiata” tra un pittore contemporaneo già definito, e comunque avvertito, come lirico e “sottile”, e il compositore più romantico e struggente dell’ottocento europeo, in realtà potrebbe altrettanto agevolmente reggere sostituendo al sensibile Chopin il tenebroso Mahler. Il dipinto è stato successivamente esposto nel 1996 in una mostra personale dal titolo Blue Moon (Galleria MGP, Montelarco-Roma), nella cui prefazione già individuavo, rispetto alla procellosa produzione precedente, legata al libro Tellure, esegesi della cosmogonia del De Rerum Natura di Lucrezio, un senso di “calma piatta”, un acquetarsi delle emozioni, che ad oggi, e solo ora me ne accorgo, era tuttavia pura apparenza…
Che di Notturno si tratti, nell’alternanza di rarefazioni e addensamenti cromatici, o meglio monocromatici, di quei “blu Indrimi” profondissimi e diafani che fendono lo spazio trasformando la tela nella precognizione di uno sfondamento virtuale, dando talvolta vita a una serie di scatole concentriche di cristallo ceruleo, lo si capisce da segni impercettibili, da ombre o strisciate di colore che distinguono le acque dai cieli, cos’ come da piccole lune lattiginose sospese all’interno della bruma. Lirico, sottile, senz’altro, ma soprattutto crepuscolare Indrimi in questo primo Notturno, memore del pregnante decadentismo di Whistler in un’opera come Il ponte di Battersea, dell’ultimo ottocento: sera che trascende lentamente nell’oscurità di brume avvolgenti, precipitando nel mistero; silenzi infiniti di spazi altrettanto illimitati, ove talvolta si accende un fuggevole bagliore di fuoco destinato a rapida estinzione, e lune, mute, solitarie, a fendere lo scuro della notte. Da quella prima luna accennata, piccola, quasi opaca, le successive si fanno largo e acquistano luce e splendore, lacerando in schiumosità barocca l’ombra compatta dei blu. Allo stesso modo, nel tempo, le notti si vanno complicando di rossi e viola, ma stranamente freddi, come di tenebra.
Premonitore senso di un mondo non più naturale, deserto di abitanti, stravolto in visioni di desolante e assoluta bellezza, come all’indomani di quella stessa fine che secondo i maya presto potrebbe arrivare; presagio tanto più ambiguo in queste notti immote, senza un refolo di vento a increspare l’acqua, né una nube fosca ad ottundere il cielo. Ambiguità d’altronde più che coerente con l’estetica lirica insieme e concettuale di Indrimi, pittore sottile, regista dei blu profondi e al contempo delle rette inesorabili che saettano spazi e definiscono vuoti nelle strutture geometriche degli anni settanta.
(Marcella Cossu, Critica e Storica dell’Arte, Direttrice del Raccolta Manzù di Ardea)