Lorenzo Montinaro – Ma tu rimani
Prima mostra personale dell’artista venticinquenne Lorenzo Montinaro, intitolata “Ma tu rimani”. Un intenso lavoro sulla memoria, un’elegia della morte, un appassionato tentativo di trattenere ciò che inevitabilmente si perde, un modo di prendersi cura del ricordo.
Comunicato stampa
Una poesia di parole rarefatte, ridotte all’essenziale e quasi sillabate, affiora nello spazio tra materia e anima ed è al centro della prima mostra personale di Lorenzo Montinaro, intitolata Ma tu rimani, che Casa Vuota presenta dal 20 settembre al 6 novembre 2022 in via Maia 12 a Roma, a cura di Francesco Paolo Del Re e Sabino de Nichilo.
La mostra viene presentata al pubblico martedì 20 settembre alle ore 18:30 e, dopo l’inaugurazione, si può visitare su appuntamento prenotando ai numeri 3928918793 o 3284615638 oppure all’email [email protected].
Le meditazioni sul tempo e sulla caducità, che caratterizzano il lavoro di Montinaro, si intrecciano con le memorie della casa trasformata in spazio espositivo, in un continuo farsi e disfarsi dei ricordi. Tra le pareti di Casa Vuota, tramate di cicatrici e impregnate di storie, l’artista costruisce un unico grande ambiente sensibile da leggere, da annusare e nel quale specchiarsi. Gli elementi che lo compongono sono una serie di opere realizzate con materiali di recupero, come lastre di marmo recanti delle scritte, vecchi specchi e ceri consumati, che si collegano in un discorso più ampio, nell’orizzonte di una fascinazione poetica nella quale il pubblico si trova immerso.
I curatori Francesco Paolo Del Re e Sabino de Nichilo spiegano che “nella serie delle Rovine Lorenzo Montinaro si affida a fulminanti esplosioni di poesia visiva scritta sulla pietra, per parlare della ciclicità della vita e della morte attraverso un gioco di metafore, con minime emissioni di fiato che sopravanzano il tempo e si proiettano verso il futuro. È un intenso lavoro sulla memoria e sull’esorcismo della perdita, tra affermazioni e cancellazioni, retaggi personali e oblio collettivo. Con un moto circolare, le esperienze individuali si rispecchiano in quelle altrui, fino a disperdere il peso delle biografie in una forma che transita come domanda sul pubblico, spesso chiamato a completare l’opera e ad attivarla con la sua presenza e con la sua assenza. In quel tu evocato dal titolo si aprono spazi inusitati e ulteriori possibilità di esistenza”.
“C’è un’incertezza precisa della vita di ciascuno – scrivono Del Re e de Nichilo – che a Montinaro interessa e lo fa assomigliare, nella sua ricerca, a una specie di Giano bifronte: è il passo di chi va ma si attarda, l’indecisione sospesa tra qualcosa che non c’è più e qualcosa che potrebbe rimanere. Si traduce per l’artista nell’atto di trattenere ciò che è destinato alla perdita e di prendersene cura. Sembrerebbe una sfida impossibile ma tra andare e rimanere si misura l’occasione per una consolazione, in una mescolanza di sollievo e tristezza, di certezza dell’ordine e di sovversioni azzardate. Il tema principale della ricerca di Lorenzo Montinaro è un’elegia sulla morte che a volte assomiglia a un sussurro dolcissimo e altre volte si impregna di toni più veementi. È un lavoro di scultura e di concetto, il suo, ma è anche un lavoro di scrittura e cancellazione e riscrittura. Utilizzandole in senso filologico come un palinsesto, spesso interviene su lapidi destinate alla distruzione che vengono sottoposte a un violento processo di scalpellatura, volta a cancellare le biografie precedenti, i dati che ancorano il marmo a vite ormai consumate. Attraverso un sacrificio di informazioni, la scrittura si riduce ai minimi termini e risparmia poche lettere, che si caricano di un valore universale. Queste Rovine sono completate, quando è necessario, con degli specchi, che riportano il frammento a una unità perduta e permettono di superare l’idea di monumento facendo entrare nell’opera la volubilità del reale e l’effigie stessa di chi guarda e si guarda”.
“Lo specchio è un attivatore – spiega Montinaro – e coinvolge inevitabilmente il pubblico. Chi si specchia si proietta in qualcosa che non gli appartiene. Grazie allo specchio, il pubblico è portato a immedesimarsi, a completare con la sua presenza l’assenza. La non presenza si scioglie così nella testimonianza”.
Accanto alle Rovine, il percorso della mostra passa per alcune opere della serie del Canzoniere della morte, nelle quali la scrittura sul marmo si fa atto presente e proiettato verso il futuro, esercizio poetico in dialogo con altre voci e altre visioni. Molto importante per Lorenzo Montinaro è, inoltre, una riflessione sull’autoritratto, che nella mostra assume forme differenti. Un tentativo di conservazione e archiviazione di preghiere, pensieri, speranze, attese e desideri è la grande installazione C’eri, che compone un muro o forse un argine, a partire dal recupero di materiali inerti e destinati allo smaltimento, all’interno di un più articolato alfabeto di segni. “C’eri – spiega l’artista – nasce come una testimonianza temporale; è il racconto di un passaggio. Prendo i ceri consumati, ciò che rimane di preghiere e pensieri rivolti verso l’altro e li archivio, cercando di fermare qualcosa che non c’è più, che tende verso l’alto. Uso una componente materiale per trattenere la parte immateriale e volatile che evoca. Sono pensieri, sono aria, ma c’è di più. Dietro ogni cero c’è il ritratto di chi ha pregato, il ritratto del destinatario della preghiera, c’è un ritratto di Dio e poi c’è il mio, di me che li ho recuperati”. L’ordine ciclico delle stagioni interseca dunque un’altra ciclicità, il gioco delle parti tra l’io, il tu e l’egli che spinge l’artista e pensare costantemente a slittamenti e inversioni di soggetto e oggetto, che amplificano il potere delle sue invenzioni.
“Il punto di arrivo del percorso – concludono i curatori – si situa tra materia e anima. Va a interrogare una dualità che, nella casa intesa come tana protetta ma anche come simulacro della dimora del sonno eterno, trova il luogo privilegiato per raccontarsi. Si raccorda alla memoria stessa del Quadraro, il quartiere nel quale Casa Vuota sorge, situato al margine di via Tuscolana, che rimanda alle sepolture antiche, alle rovine archeologiche, alla persistenza della memoria e ad altri sogni, altre vite, altre passioni, altre preghiere”.
Lorenzo Montinaro è nato a Taranto nel 1997. Vive e lavora tra Milano e Taranto. Si è diplomato in Arti Visive presso lo Iuav di Venezia e in Didattica e comunicazione dell’arte presso l’Accademia di Belle Arti di Roma. Dal 2020 fa parte del collettivo multidisciplinare Friche. Da gennaio 2022 è artista residente negli studi di Viafarini a Milano. Nel 2021 ha partecipato alla mostra What the fuck is prosperity, presso A plus a, a cura di Curatorial School, a Venezia. Nel 2022 alle mostre Salon def refuses a cura di Metareale presso Spazio Canonica a Milano, Visioni (s)velate a Viafarini a cura di Elena Bray, E ci fa dispetto il tempo presso Sottofondo Studio ad Arezzo a cura di Elena Castiglia, Abitare lo spazionell’ambito del Festival delle arti della Giudecca a cura di Giulia del Gobbo, Monumento nel calendario di Bolzano art weeks a cura di Nina Stricker, Rea alla Fabbrica del vapore di Milano.