Lost in Painting
Torna a Villa Brandolini il festival d’arte contemporanea Arte in Rete con la seconda edizione di Lost in Painting, esposizione promossa dalla Provincia di Treviso in collaborazione con il Comune di Pieve di Soligo e la Fondazione Fabbri.
Comunicato stampa
Torna a Villa Brandolini il festival d’arte contemporanea Arte in Rete con la seconda edizione di Lost in Painting, esposizione promossa dalla Provincia di Treviso in collaborazione con il Comune di Pieve di Soligo e la Fondazione Fabbri.
La rassegna, curata da Carlo Sala, vuole creare una mappatura delle più interessanti tendenze dell’arte emergente a nord-est. Una mostra realizzata secondo una visione plurale, fatta di stilemi profondamente diversi e sintomatici della produzione artistica recente.
A unirli è il desidero di interpretare il medium pittorico in chiave contemporanea, secondo un sentire post-dogmatico. La consapevolezza di un’evoluzione del mezzo e talvolta la necessità di farsi tramite di una rilettura di alcune ricerche pittoriche mai esaurite, secondo nuove interpretazioni.
Nei lavori degli autori si parla di società in chiave ironica e provocatoria, ma anche di speranza o disillusione tramite alcune riflessioni sui grandi cambiamenti per giungere ad visione consapevole del presente. L’Europa è una delle tematiche centrali, intesa come comunità di individui, ma anche come il sentire di popoli differenti connotati da tradizioni fortemente radicate.
Si esprimono anche visioni slegate alla narrazione dell’attualità, secondo atteggiamenti che danno spazio alla memoria ed a suggestioni declinate in chiave onirica.
Certo è che negli ultimi anni il mezzo pittorico ha goduto di una vivacità a nord-est che non si percepiva da decenni. Gli studiosi che negli anni Novanta avevano decretato la “morte” del mezzo pittorico sono stati smentiti, a favore di un sistema dell’arte che oramai è ibrido e delineato da una varietà di mezzi espressivi.
Non è possibile al giorno d’oggi individuare una strada univoca per la pittura, semmai delle coordinate che la rendono contemporanea, vicina al sentire di un uomo d’oggi con i suoi interrogativi, dubbi e aspirazioni.
Per Antonio Bardino il problema della contemporaneità è il pretesto per ragionare tramite la pittura. Nelle sue tele appaiono ambienti limpidi e asettici. Luoghi che nel mondo reale sono frenetici e nella rappresentazione pittorica si scoprono attoniti e assorti nella contemplazione di un altero desiderio di tranquillità sospesa.
Inquietudini che sono presenti anche nel registro pittorico degli ultimi dipinti che recentemente Luigi Meneghelli ha definito “mini-depositi di abisso”. Un nuovo “vocabolario” di immagini e frammenti di paesaggio, fatto di periferie e visioni evocative dove la natura si riappropria degli spazi che precedentemente le erano stati negati.
Gabriele Bonato realizza una pittura che vuole adoperare plurali matrici stilistiche. Nella serre di Villa Brandolini è concepito un intervento che riporta il gesto caotico e primitivo ad un ordine necessario; riassemblare concettualmente immagini banali e dimenticate, per farle divenire icone del presente.
L'artista vuole immergerci nella memoria, farci raccogliere frammenti di vita e di morte secondo una attitudine stilistica e compositiva fortemente emotiva. Un gesto pittorico fatto di inquietudine e gestualità per giungere ad una visione esistenzialistica senza filtri e mediazioni.
Nella seconda porzione delle serre è situato l’intervento site specific di Jernej Forbici: sette paesaggi della nuova serie Blurry Future, sono il punto di parte per interrogarsi sulle incertezze del futuro.
E’ posta la riflessione dell’uomo moderno sulla ineluttabilità dei cambiamenti, verso cui si pone come attore inerme. L'idea di un mondo sul baratro della catastrofe a causa dello sfruttamento sistematico delle risorse naturali, che inevitabilmente conduce al loro esaurimento.
Il mito di una industria globale, per l’artista considerata fallimentare e corrotta. Una riflessione verso un modo sostenibile di fare economia, e sulla necessità di un pensiero consapevole circa la Terra e i suoi processi.
La pittura di Tiziano Martini vuole indagare quei determinati fenomeni che creano nella mente una sorta di malinconia, legata al carattere relittuale e antico delle immagini.
L’antica sala della Villa dove è sito il caminetto, è indagata secondo una suggestione precisa: immaginare un salotto privato concependo un allestimento fatto di piccole tele, quasi fossero delle vedute astratte.
Nella sala successiva vi è la presenza di lavori dal sapore informale, ispirati alle impressioni avute durante la visita del piccolo centro di Solighetto. Un approccio diretto del territorio con l’intenzione di creare un dialogo tra interno e ambiente circostante la Villa, portando idealmente nella sala un piccolo frammento della località.
Per Aleksander Velišček la pittura è un mezzo per parlare ironicamente della società e del presente, con riferimenti ad un passato solo all’apparenza cancellato.
Il costante bacino da cui attinge sono le tematiche del suo paese natale, la Slovenia e le riflessioni sulla disgregazione delle ex Jugoslavia. Nella cosiddetta “sala da ballo” delle Villa, lo spettatore è accolto dal ritratto di un amico dell’artista realizzato in termini monumentali. La piccola statura della persona è mutata e l’immagine diviene imperiosa ed eroica ribaltando la “normalità” della persona. Esposti anche i ritratti di Dedic, un calciatore che al 44’ minuto segnò la rete decisiva contro la Russia che ha potato la Slovenia ai Mondiali di calcio in Sudafrica nel 2010. Non è più l’immagine di una singola persona, ma di un’intera nazione che si identifica nello sport e nei suoi campioni, una sorta di figurazione pop-mediatica dal sapore nazionalista.
Nei lavori di Chiara Sorgato ogni accadimento posto in essere abbandona il suo significato originario per ricreare uno scenario dalle sfaccettature plurali. Lo spettatore è introdotto a storie che sembrano rette da un non sense globale, fatto di ironia e lievità. Non c’è la volontà di dare una lettura univoca alle immagini, ogni fruitore si crea delle personali congetture.
Un filo comune a questi svolgimenti è la presenza costante di entità buone relazionate a cattive, ma senza l’estrinsecarsi delle classiche sembianze del protagonista e del suo antagonista. Le azioni sono celate sotto oggetti e figure simboliche - a tratti con qualche richiamo iconico – la cui vera natura è l’essere tasselli di una mitologia immaginifica dell’autrice.
La mostra – che è parte di Arte in Rete-RetEventi all’interno del festival Liquida – è prodotta dalla Provincia di Treviso in collaborazione con il Comune di Pieve di Soligo e la Fondazione Fabbri e patrocinata dalla Regione del Veneto.
Partner istituzionale è la Fondazione Antonveneta.