L’Ottocento a Villa Farnesina
Il Duca di Ripalda, il Conte Giuseppe Primoli e Roma nuova Capitale d’Italia.
Comunicato stampa
Uscendo da Palazzo Corsini, entrato alla Farnesina. Che luogo magico! Quando leggo la descrizione di un palazzo meraviglioso, è sempre la Farnesina che compare davanti ai miei occhi. Che dire di quella vasta sala di cui Raffaello e i suoi allievi hanno dipinto la volta; Psiche, Galatea, Venere, le dee, le Grazie: l’Olimpo è in lizza con il Paradiso; la madre dell’amore con la madre del bambino Gesù. E se volessimo passare dal campo dell’Arte a quello della storia, quanti ricordi! È in questa sala che si svolgevano le grandi orge del Rinascimento degne dei baccanali antichi, che somigliavano così poco alle nostre cene meschine, quanto la Farnesina alla Maison d’or e Imperia a Cora Pearl.
Oggi il fortunato proprietario del palazzo è il cortese Duca di Ripalda. Ha firmato un’enfiteusi con il Re di Napoli con cui si impegna a restaurare completamente la Farnesina che cadeva in rovina e a pagare la modica somma di 15.000 fr. per 99 anni alla fine dei quali la Villa ritornerebbe al suo proprietario o ai suoi eredi. Il governo italiano arriva, annulla i contratti di enfiteusi e concede ai locatari (di 100 anni) il diritto di diventare proprietari pagando solo il capitale dell’affitto. Così, dando 300.000 fr., il Duca potrebbe diventare l’unico padrone degli affreschi di Raffaello e di Giulio Romano. Lo farà? Se non lo fa, è una delicatezza eccessiva, degna di molta lode, se lo fa non lo si può biasimare perché ha dovuto spendere parecchi milioni nei restauri fatti al palazzo. È vero che la vendita di qualche affresco lo ripagherebbe ampiamente delle sue spese.
Il Duca di Ripalda è quasi un personaggio storico. All’inizio è stato un giornalista d’immenso talento. Faceva parte dell’opposizione al governo che notò il nome di Bermudez de Castro in fondo a violenti articoli polemici. Narvaez decise di legare a sé il focoso giovanotto, ne fece un po’ la sua creatura e gli affidò delle missioni confidenziali che egli portò a termine onorevolmente. Fu fatto Marchese di Lema, poi Duca di Ripalda e infine Principe di Santa Lucia. Poi fu mandato ambasciatore in Francia e a Napoli dove rese importanti servigi al Re Francesco II sia con i suoi consigli che con il suo danaro. Del resto il Re non ha cessato di riconoscerlo e anche un po’ per ricompensarlo gli ha concesso la Farnesina in enfiteusi.
Si dice ad alta voce – ed io lo posso dire a voce bassa – che il frizzante Duca è stato l’amante di due regine.
In lui c’è un po’ di don Chisciotte e di Machiavelli.
Mi interessa moltissimo sentir chiacchierare il Duca di Ripalda. Ha visto tante persone e cose che la sua conversazione è inesauribile. Sembra incarnare la storia contemporanea e si impara sempre qualcosa sfogliandola. Gli ho domandato perché non pensi di scrivere i suoi ricordi. Mi ha risposto: “A che pro? Se scrivessimo la storia come si è svolta, nessuno ci crederebbe.” [...]
Giuseppe Primoli, ottobre 1873
In occasione del convegno dei Lincei tenutosi il 9 novembre 2021 dal titolo “Villa Farnesina: un esempio di resilienza e valorizzazione da Roma Capitale a oggi”- titolo che si riferisce a tutta la lunga storia di Villa Farnesina, a tutte le iniziative che a cura dell’Accademia Nazionale dei Lincei sono state perseguite con lo scopo di preservare e valorizzare sempre più questa straordinaria Villa - sono stati presentati alcuni risultati preliminari, esemplificativi delle attività programmate ex-ante in vista della costituzione del "Centro linceo di ricerca sui beni culturali Villa Farnesina" (acronimo CERIF).
In particolare si sono voluti ricordare i recenti accordi di collaborazione con i principali enti di ricerca italiani, tra cui CNR, ENEA, INFN, INGV, e con le più importanti istituzioni europee, quali l’École française de Rome e con alcune importanti realtà museali romane, quali il Parco Archeologico del Colosseo e il Museo Nazionale Romano, con lo scopo di incentivare gli scambi in un rapporto di reciprocità.
In concomitanza con la pubblicazione degli Atti del convegno di cui sopra, l’esposizione “L’Ottocento a Villa Farnesina. Il Duca di Ripalda, il conte Giuseppe Primoli e Roma nuova Capitale d’Italia”, a cura di Virginia Lapenta e Valeria Petitto che si aprirà il prossimo 12 gennaio (e fino al 25 febbraio a Villa Farnesina) vuole mettere in evidenza gli aspetti comuni di due personaggi, il Duca di Ripalda e il Conte Primoli, entrambi “stranieri” in una città che non conoscevano. Si conobbero e si frequentarono (così come si evince dai diari di Giuseppe Primoli di quegli anni), vivevano entrambi, inoltre, in palazzi affacciati sul Tevere, Villa Farnesina e Palazzo Primoli, che dovettero subire profonde modifiche legate alla costruzione degli argini di contenimento del fiume. In questa sezione della mostra, in collaborazione con la Pirelli & C. S.p.A. e la Fondazione Pirelli, si metterà infatti in evidenza come la costruzione dei muraglioni del Tevere per il risanamento della giovane capitale del Regno d’Italia, considerata impresa di prestigio nazionale, costituì invece per la Villa Farnesina il primo esempio di resilienza. Verso il 1950 ciò che il Duca di Ripalda aveva paventato si concretizza: con l’aumentare del traffico motorizzato pesante sul tratto del Lungotevere adiacente alla Villa Farnesina si cominciò a manifestare una accentuazione di danni all’esterno dell’edificio e negli intonaci affrescati che decorano l’interno. Nel 1956 una commissione di specialisti nominata dall’Accademia Nazionale dei Lincei, presieduta dal Socio Linceo Prof. Ing. Gustavo Colonnetti, studiò il piano di difesa della Farnesina che si concretizzò in “una piastra galleggiante” di mattoni di gomma della Saga-Pirelli la cui più completa fiducia nella durata praticamente illimitata del dispositivo prescelto è stata confermata dagli ultimi rilevamenti effettuati da parte dell'INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia).
Sia il Duca di Ripalda, arrivato a Roma nel 1861, sia il Conte Primoli, tornatovi nel 1871 dopo esservi nato, si ritrovarono quindi a vivere e a convivere con le profonde trasformazioni sociali ed urbanistiche della città, divenuta Capitale d’Italia.
Il percorso espositivo accompagnerà il visitatore nella scoperta di queste due figure a partire dal loro incontro: raccontandone la storia si metterà in luce il loro rapporto con la città in cambiamento e le fotografie scattate dal Conte Primoli negli ultimi anni dell’Ottocento diventeranno il fil rouge che guiderà nelle varie tappe del percorso.
Ogni tappa evidenzierà, inoltre, con pannelli identificabili graficamente e cromaticamente, l’aspetto ottocentesco della sala di Villa Farnesina in cui il visitatore si trova, mettendo l’accento sui dettagli e i particolari degli apparati decorativi approfondendo soprattutto le ornamentazioni pittoriche a finti tendaggi e i succhi d’erba appositamente concepiti a complemento dell’esistente decorazione a fresco rinascimentale. Una sala multimediale racconterà l’evoluzione delle decorazioni tessili parietali che dal Cinquecento all’età contemporanea, dagli arazzi ai corami e alla carta da parati hanno caratterizzato anche la Villa Farnesina come formidabili indicatori del benessere del proprietario.
L’ultima sezione della mostra posta al primo piano racconterà la città “intorno a Villa Farnesina”, con un focus su Palazzo Farnese, su Palazzo Corsini e, grazie alla collaborazione con la Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, sulle vicende delle Mura Aureliane nell'Ottocento, in particolare sul tratto cosiddetto "della Farnesina", oggi visibile all'interno del giardino della Villa che costituisce uno dei pochi resti della cinta muraria ancora conservati sulla riva destra del Tevere. Dopo l’annessione di Roma al nuovo Stato italiano il tracciato murario, privato della funzione difensiva, seguì le esigenze dell’espansione urbana. Molti settori furono sacrificati per consentire il collegamento tra l'interno della città e i quartieri periferici, mentre alcune porzioni isolate furono convertite in studi d'artista e abitazioni. L’esposizione a cura dell’École française de Rome di alcuni disegni facenti parte di una raccolta per la prima volta esposta presenta il lavoro dell’architetto Virginio Vespignani, uno dei protagonisti di quel processo artistico-architettonico di renovatio urbis che voleva avvicinare Roma ai modelli delle capitali europee moderne, approfondendo la problematica che già dal periodo napoleonico era diventata un affare di stato: il restauro e la trasformazione delle mura che gli imperatori avevano lasciato in eredità ai pontefici.
Una serie di saggi, posti in appendice agli atti del convegno, approfondiscono tutti i temi trattati in mostra.